Il rilegatore – Tegumento n. 1

«Elenaaa! Elenaaa!».
«Eeeh, ma cosa strilli! Non sono sorda!».
«Dove vai?».
«A casa. Ho appena finito la lezione di Chimica e ora vado a studiare un po’ per l’esame. Tu?».
«A breve ho la lezione di Anatomia, poi scappo a casa e stasera festa. A proposito, perché non vieni anche tu?».
«Che festa sarebbe?».
«È il compleanno di Luca».
«Luca chi?».
«Non lo conosci».
«E allora cosa vengo a fare?».
«E che ti frega? Ci sarà un sacco di gente. Una più, una meno».
«Non mi sembra il caso».
«Non rompere. Alle nove ci vediamo fuori dalla Metro Circo Massimo. A stasera».
E così come era comparsa, Clara scomparve dalla vista di Elena.
A passo svelto, allora, s’avviò verso l’uscita della Città universitaria. Il breve tempo che dedicava quasi giornalmente alla bancarella di libri collocata poco oltre il cancello era stato dimezzato dall’improvviso incontro e reso ancora più labile dall’impegno imposto per quella sera. Ciononostante, decise di acquistare un pensiero per l’ignoto festeggiato.
Dopo un breve sguardo ai numerosi libri accatastati sul lungo tavolo in plexiglas, l’attenzione di Elena fu catturata da un volume caratterizzato da una copertina scura. Lo afferrò. Colpita anche dal lungo e strano titolo, che sembrava vergato a mano, lo voltò per leggerne la sinossi. Assente. Trascorse ancora qualche minuto ad impolverarsi le mani, poi si avvicinò alla sedia del venditore.
«Ciao dottoressa. Trovato qualcosa di interessante?» chiese il venditore dal forte accento romanesco, mentre masticava con forza una gomma che continuava a farsi esplodere in faccia.
«Ciao Jimmy. Sì, questi. Sempre un euro, vero?».
«Certo: fanno due euri. Solo io regalo la cultura in questa città, ormai».

«Cosa hai in mano?», chiese Clara, scorgendo un pacchetto.
«Un pensiero per il festeggiato», rispose Elena, nascondendo immediatamente il dono dietro le gambe come un bimbetto intimorito.
«Ma che dici? Non siamo mica alle elementari! Non dirmi che hai scritto anche un bigliettino con i palloncini».
«Per chi mi hai preso?», arrossì lievemente fingendo superiorità, mentre accartocciava il biglietto.

Il monolocale era stipato all’inverosimile, le persone stazionavano stabilmente sui pianerottoli fino al quinto piano, fumando e bevendo senza ritegno. Qualcuno amoreggiava sfacciatamente, appoggiandosi alle porte dei residenti, protetto da quello che sembrava un senso di immunità condiviso. Le proposte e gli apprezzamenti si sprecarono e divennero sempre meno raffinate man mano che le due amiche conquistavano posizioni lungo il condominio. Alla fine, riuscirono a varcare la soglia del miniappartamento solo a torta smembrata, quando la carta da parati non sarebbe stata più la stessa e di Luca, passato veloce come una stella cadente precipitata in bagno, sarebbe rimasto solo il rumore dei conati, accompagnato dal copioso rigettare dei miscugli ingurgitati sotto l’effetto di diverse pastiglie colorate.

Driiiin! Driiiin!
Il suono del campanello riuscì a ridestarlo con molta fatica dal divano che condivideva con una tizia che neanche conosceva. Strisciando i piedi, ridestato quasi completamente dagli effetti acidi di un rutto che tornava a galla come un tappo di sughero, appoggiò l’occhio allo spioncino della porta. Messa a fuoco la figura del proprietario di casa, istintivamente riabbassò il copri-oculare e, voltatosi lentamente, cercò di riacquistare il divano. Pochi passi, poi il suo piede urtò quello che sembrava un regalo, un ciuffo di riccioli rossi si prolungava a croce intorno a della carta lucida verde. Sorpreso, scartò l’involucro scoprendo un libro dal titolo curioso: Bare Ermeticamente Rifinite Imitano La Lunga Informe Ombra di Sigismondo Geena.
Erano le undici di mattina quando, tirando la gamba della ragazza, si riprese il posto per lasciarlo solo a libro ultimato.

“L’ispettore Gibran non riusciva a capire perché qualcuno avesse fatto questo regalo ad Aaris Younes… morto il 10 marzo del 1986. Soprattutto perché l’avesse fatto quasi dieci anni dopo, a tempo ormai scaduto. Fosse stato un mazzo di fiori, una scatola di cioccolatini, o anche una lettera d’amore, la sua presenza sarebbe stata superflua. Ma qui, il donatore, aveva esagerato: spaccare una lapide nel cimitero dei Martiri palestinesi di Beirut, scavare e tagliare una cassa di zinco solo per depositare una lista della spesa piena di spunte, forse era troppo anche per la pazienza di un morto”.

Ultimata tutto d’un fiato la lettura, Luca tornò sul quel passaggio che, tra i molti altri, l’aveva incuriosito. Eludendo i crampi dovuti alla fame, recuperò il suo portatile e ne attese l’avviamento. Intorno a sé, intanto, i resti umani della festa erano spariti completamente lasciando, fin troppo evidenti, il loro passaggio.
“Zero risultati”.
I vari motori di ricerca consultati visualizzavano sempre la stessa risposta. Non esistevano informazioni né sull’autore né sul titolo del libro. Perplesso, il ragazzo fissò lo schermo vuoto per diversi secondi, poi lo abbassò e si recò in bagno.

«Piaciuta la lezione di oggi?».
«Macché, una palla».
«Vabbè, resisti. Mancano solo altre due lezioni e poi dritti verso l’esame».
«Che gioia».
Il lunedì seguente, Luca aveva ripreso la consueta vita universitaria frequentando il corso di Antropologia Fisica, uno dei tanti intoppi lungo il suo percorso di studi.
«Senti, ma… per caso m’hai regalato un libro l’altra sera?» chiese poco convinto a Mattia, compagno universitario della prima ora.
«Io? Un libro? A te? E per il tuo compleanno, poi? Ma va va!» rispose divertito.
«Immaginavo».
«Perché me lo chiedi?».
«Niente, niente. Ora andiamo va».
E i due s’incamminarono verso l’uscita della Città universitaria, direzione capolinea degli autobus del Verano. Superato il cancello, quell’assenza balzò immediatamente agli occhi di Luca: la bancarella non c’era più.
«Ecco, dimenticavo una cosa» mentì.
«Cosa?».
«Niente, niente. Un impegno. Ci vediamo domani» e, salutato il compagno, Luca rientrò tra le mura dell’Università.

“Niente, pure qui sembra non esistere”.
Provò nuovamente a digitare il nome dell’autore nel database interno della Biblioteca di Lettere ma la risposta era sempre la stessa: name not found.
«Ciao, scusa. Cercavo qualcosa di un certo Sigismondo Geena. Sai dove posso trovarlo?» chiese al borsista al banco del prelievo dei testi.
«Mai sentito. Se non c’è nel database allora non posso aiutarti» rispose acido.
«Ok, grazie» e s’allontanò.
Provò anche nelle vicine biblioteche di Storia e Scienze Umanistiche, senza risultati. Infine, tentò pure alla Libreria Universitaria. Il commesso, gentile, fece una serie di ricerche, ma la risposta fu sempre negativa.
Sconfitto tornò a casa.

“Non può essere un fantasma”.
Divorati in pochi secondi due pezzi di pizza acquistati sotto casa, Luca aveva tentato nuovamente la carta Google. Ormai era entrato in fissa, voleva saperne di più sull’autore e leggere le eventuali altre sue opere. Una penna del genere non poteva essere avvolta da tanto silenzio.
Prese poi tra le mani il volume e lo sfogliò lentamente.
“E se provassi a cercare i nomi dei personaggi?” pensò.
Riaprì il libro fermandosi alla pagina caratterizzata da una piega nell’angolo alto, segnale lasciato involontariamente dallo stesso Luca qualche giorno prima. Lì c’era il passaggio che più l’aveva colpito.
Digitò ‘Ispettore Gibran’, immaginando già la serie di risultati inutili per una ricerca un po’ troppo generica. E, infatti, dopo aver cliccato su alcune delle prime pagine segnalate, abbandonò questa prima pista.
Tentò poi con ‘Aaris Younes’.
Pochi risultati, tutti in inglese e con il nome “Aaris Younes” in grassetto. La seconda voce lo attirò: A strange murder in Beirut. Il sito era quello di Al Anwar, un quotidiano nazionale con una sezione dedicata a vecchie notizie apparse tra le sue pagine e digitalizzate per il web.
Luca lesse avidamente le righe, all’incirca una quindicina, dedicate all’argomento e ne afferrò solo in parte il contenuto, il suo inglese non era dei migliori. Allora si collegò ad un traduttore online e ne incollò il testo.
10 marzo 1986. Macabro ritrovamento ad Achrafieh. In una delle numerose abitazioni che si sviluppano nel dedalo di vie che caratterizzano il quartiere cristiano di Beirut, è stato rinvenuto il cadavere di un uomo, Aaris Younes, trentatré anni, residente a Beirut. […] dal corpo della vittima risulta asportata la pelle dell’addome […]. Ignoto l’assassino […].
«Ma che schifo è?!» esclamò ad alta voce.
In seguito, aprì anche i pochi altri risultati e in tutti, vecchi numeri di quotidiani locali o nazionali digitalizzati, era riportata la notizia dell’omicidio di Aaris Younes.

«Ti ricordi chi c’era alla mia festa?».
«In che senso?».
«Nel senso che ho detto. I nomi di chi c’era a casa mia».
«E lo chiedi a me? Io ricordo solo di aver bevuto così tanto che manco so come ci sono tornato nel mio letto!».
«Mattia, come sempre non servi a un cazzo».
Luca trascorse il martedì mattina sulle scale della facoltà in cerca di volti conosciuti. Il sacrificio della penultima lezione di Antropologia Fisica non era di certo un peso.
«Ciao Vanessa».
«Ciao Luca, ho fretta. Che c’è?» rispose rapidamente, quasi unendo le parole.
«Tu eri alla mia festa, vero?».
«Sì, perché?».
«Per caso mi hai regalato un libro?».
«Perché toccava portarti un regalo? Bella questa!».
«No no, certo che no. Era solo per sapere. Ma ti ricordi chi c’era oltre te?».
«Oltre me? Il mondo c’era quella sera! Un casino di gente!».
«Ti ricordi qualche nome?».
«Di sicuro qualcuno del corso di Anatomia, poi altri che non conosco neppure. Ora però devo scappare. Ciao!».
Luca lasciò allora la sua postazione spostandosi verso le aule che di solito ospitavano le lezioni di Anatomia. A quell’ora c’era poco movimento. A passo lento, osservò i volti che incrociava sperando di riconoscerne qualcuno. E quel qualcuno arrivò.
«Fabrizio, come va?».
«We, Luca! Bene bene, tu?».
«Non male. Divertito alla mia festa?».
«Da paura! Grazie per l’invito».
«Un piacere. Per caso m’hai regalato qualcosa? Sai, ho ritrovato dei pacchetti e…».
«Ah, ehm, no. Scusa».
«Tranquillo. Sai se…» e la sua attenzione fu attratta da un piccolo capannello di ragazzi che cresceva col trascorrere dei secondi avvolgendo una figura seduta e in lacrime.
I due, automaticamente, si avvicinarono.
«N-non è…p-possibile…» singhiozzò una ragazza del primo anello.
«Che succede?» chiese Luca al primo essere umano utile.
«Clara. L’hanno trovata morta in casa. Ammazzata».

«Ma che cavolo…!».
Rientrato a casa, Luca aveva trovato la porta aperta e il miniappartamento sottosopra. Solo la sera precedente era riuscito a far sparire definitivamente tutti i segni della festa. Ora, davanti ai suoi occhi, una confusione diversa: cassetti aperti, libri rovesciati e un tappetto di oggetti personali sul pavimento.
Di scatto portò la mano alla tasca ed estrasse il cellulare.
«112 o 118? Non ricordo mai il dannato numero della Polizia!» urlò.
Poi, senza telefonare, e ancora con lo zaino della mattina sulle spalle, si fiondò per le scale. Direzione Commissariato di Polizia di Trastevere. Avrebbe denunciato di persona l’accaduto.
Camminò a passo svelto verso la fermata del tram. Ad un tratto, la strana sensazione di essere seguito, lo spinse a voltarsi di scatto. Dietro di lui una coppia di ragazzi abbracciati osservava l’infinita distesa del Circo Massimo. Riprese il cammino.
Attese poco più di cinque minuti passeggiando nervosamente sul marciapiede. Poi salì e si fece spazio tra la gente accalcata nei pressi della porta per raggiungere uno dei pochi posti ancora liberi. Il varco creato da Luca fu sfruttato anche da altre persone.
La lentezza del mezzo di trasporto era inversamente proporzionale al nervosismo del ragazzo che, quasi ossessivamente, si osservava intorno senza sosta mentre stringeva con forza crescente lo zaino tra le mani.
Muovere la testa in un arco di 180°, o poco più, però, non gli permise di controllare alle sue spalle. Luca non poté notare quella mano, da cui spuntava solo la parte finale dell’ago collegato ad una siringa occultata tra palmo e manica della maglia, che, lentamente, s’avvicinava al suo fondo schiena.
Una frenata improvvisa, un urlo soffocato e la testa dell’uomo che affiancava Luca cadde sulla spalla del ragazzo.
«Signore, c’è qualcosa che non va?».
Nessuna risposta. Si scostò di poco e l’uomo cadde in avanti. Morto.
«Signore! Signore! Aiuto! Qualcuno chiami un’ambulanza!».
Fu il panico nel tram. Il macchinista fermò il mezzo e fece scendere tutti i passeggeri. In molti attesero curiosi l’arrivo dell’ambulanza, altri, brontolando s’incamminarono verso la propria meta.
Luca, scosso, si sedette sul bordo del marciapiede. Pochi minuti per riacquistare un po’ di lucidità. Poi decise di rientrare a casa a piedi. Avrebbe cercato il numero giusto e telefonato alla Polizia.

«Luca! Luca! Ma sei sordo?».
«Scusa Max, ero sovrappensiero» rispose scorgendo un volto amico.
«Eh, l’ho notato. Che succede?».
«Niente, niente».
I due condivisero un pezzo di strada in silenzio, poi Max, che abitava sulla stessa via di Luca, ma alcuni civici prima, lo salutò nei pressi del suo portone.
«Ah, ecco cosa dovevo chiederti! Non sapevo ti fossi fidanzato!» disse prima di estrarre le chiavi.
«Fidanzato? Io? E da quando?» domandò stupito.
«Dimmelo tu! L’unica ragazza alla tua festa con un regalo non poteva che essere una tua spasimante!».
«Ragazza con un regalo? Chi era?».
«Ora mi chiedi troppo».
«Sforzati. È importante».
«Mmm, allora. Ah, ecco. È un’amica di Clara, era con lei, e se non ricordo male ci siamo incrociati qualche volta a San Lorenzo».
«Un’amica di Clara? E il nome?».
«Marilena? Sì, potrebbe essere».
«Ti prego, sforzati di più».
«No, aspetta. Qualcosa come Eliana o Elena. E, ora che ci penso, abita in uno dei palazzi vicino al Pub Excalibur, in Via dei Sabelli. Ricordo che una sera prendevano in giro lei e la coinquilina perché facevano casa e bottega».
Luca lo lasciò all’improvviso fiondandosi rapidamente verso la Metro.

«Ciao, scusa. Per caso conosci una certa Eliana, o Elena. Abita qui vicino».
«Ah boh» rispose, senza alzare la testa, il cameriere intento a sistemare i tavolini sul marciapiede del Pub Excalibur. Era ormai buio e tra poco i primi clienti sarebbero giunti per esigere la loro dose alcolica quotidiana.
Luca conosceva bene il quartiere ma quel Pub mancava nella lista delle sue frequentazioni.

“E ora come la trovo?” pensò dopo essersi spostato nei pressi del portone alla destra del locale. Il citofono con pochi cognomi stranieri o semicancellati non era d’aiuto.
Cammino per un po’ lungo la strada senza sapere esattamente come agire, poi attese una mezz’oretta appoggiato con la schiena al muro, accanto al Pub.
“Domani chiedo in facoltà, forse è la cosa migliore”.

«Scusa!».
La voce femminile lo sorprese alle spalle mentre, a passo svelto, si spostava verso Via dei Reti, diretto alla fermata metro Policlinico.
«Ciao, scusa. Sai dirmi dov’è Via dei Sardi?».
«Guarda, non sono sicurissimo, ma dovrebbe essere proprio…». La frase fu interrotta dalla visione di qualcosa di familiare che spuntava dalla borsa a tracolla della ragazza. Un libro dalle fattezze identiche a quello di Geena in suo possesso.
«Attenta dietro!» urlò all’improvviso Luca.
Lei si volta istintivamente. In un lampo Luca staccò lo zaino dalle spalle e la colpì violentemente dietro la nuca. La ragazza cadde a terra come un sacco.
Si guardò intorno in cerca di una soluzione e la trovò a pochi metri da lui. Uno dei numerosi locali vittima dei continui cambi di gestione e relativi lavori in corso, aveva un solo pannello in legno, in parte scostato, che faceva le veci della porta, l’unica vetrina che dava sulla strada, invece, era coperta da fogli di giornali. Afferrò la ragazza ancora priva di sensi e la trascinò all’interno.

«Non ti muovere. Ho una pistola» disse Luca mentre con la mano in tasca, il dito indice teso verso l’esterno, fingeva di essere armato.
«Perché mi hai regalato il libro?» chiese poi facendo un passo verso la ragazza.
Lei, ripresasi dal colpo, lo fissò, scrutò il suo sguardo, percepì il respiro rapido e rispose con voce ferma.
«Non lo avrei mai fatto se avessi saputo che sarebbe diventata la mia ossessione riprenderlo».
«Non capisco».
«Capisci benissimo, te lo si legge negli occhi che lo hai letto, altrimenti non avresti fatto tutte quelle domande in giro per sapere chi te lo avesse regalato».
«Non dirmi che Clara…».
«Sì, l’ho ammazzata io, per impedirti di arrivare a me» rispose fredda.
«Perché?» chiese incredulo.
«Per proteggermi. Il mio desiderio smodato di conoscere le altre opere di Geena non può essere minore di chi lo abbia letto. Come te. C’è qualcosa di magnetico tra quelle pagine, una forza attrattiva che non so spiegarmi».
«Come lo hai trovato?» e intanto lo sguardo di Luca si posò con bramosia sulla copia custodita nella borsa della ragazza.
«Per caso, dopo l’invito alla tua festa. Volevo prenderti un pensiero – non sono abituata a presentarmi con le mani in mano, io – e alla bancarella di Jimmy sono stata attratta da questi due libri con le copertine che al tatto davano una strana sensazione e con dei titoli inusuali».
«Come si intitola il tuo?».
«Mille Occhi Liberi Indicano Bene Dove Emergono Nuove Occasioni. Il tuo neanche lo ricordo. A quale simbolo chimico appartiene?».
«Simbolo chimico? Cosa stai blaterando? Che c’entra la chimica?».
«C’entra sempre. Prova ad unire le maiuscole delle parole del titolo del libro…».
Luca estrasse dallo zaino la sua copia, lesse il titolo e nella sua mente, come per magia, prese forma la parola “Berillio”. L’espressione del suo viso mutò di netto mentre dalla sua bocca, meccanicamente, fuoruscì il nome dell’elemento chimico.
«Ora hai capito. Il mio Molibdeno e il tuo Berillio sai cosa presuppongono?».
«Dimmelo tu che sei brava con gli indovinelli».
«Che di libri ne esistono tanti quanti il numero di elementi chimici. E ne ho anche la prova…».
Il luccichio negli occhi di lui acquisì nuovo splendore, inconsapevolmente iniziò a salivare come davanti alla prospettiva di una tavolata imbandita delle migliori prelibatezze.
«…dell’esistenza del Rilegatore…».
Con il fiato sospeso Luca attese che lei fosse soddisfatta di vederlo annegare nella sua ignoranza.
«Quel porco di Jimmy…».
«Aspetta, aspetta. Chi è Jimmy?».
«Lo conosci. È, era, quello che vendeva libri usati davanti alla Città universitaria».
«Tu… hai ucciso ancora e… Il tram! Tu… ancora…».
«Lì sei stato fortunato, la siringa d’aria era per le tue chiappe».
Luca fu scosso dal ritorno dell’immagine dell’uomo che s’accasciava sulla sua spalla.
«Comunque, Jimmy se l’è cercata; dopo esserci andata a letto con la promessa di dirmi dov’erano le altre copie, lo stronzo, soddisfatto, ha saputo dirmi solo di esser stato chiamato in questa casa in Piazza Mincio. Lì, ad attenderlo, c’era un tizio dall’aria strana, piuttosto alto, vestito di scuro, il volto scavato, coperto in parte da un cappello nero a tesa larga, baffi grigi e sottili, voce roca e pipa spenta in bocca. Gli disse che poteva svuotare tutto l’appartamento del Rilegatore, così lo ha chiamato…».
Luca ascoltava, quasi rapito dal racconto della ragazza.
«… e le copie, che ricoprivano l’intera parete dello studio, tutte uguali, erano state, in seguito, sparpagliate in vari mercatini di Roma, se non su internet. Mi aveva presa per il culo, quindi…».
«Quindi…».
«Quindi ho cercato di prendere l’unica altra copia da me conosciuta: la tua. E togli quella mano dalla tasca, lo so che fingi. La tua conoscenza delle armi sarà rimasta al tempo dei soldatini» e così dicendo, da terra, improvvisamente, gli sferrò un calcio nei genitali per poi scattare in piedi e colpirlo con una ginocchiata al volto mentre Luca era piegato in due.
Senza fiato per il dolore, il ragazzo abbozzò una bestemmia che restò confinata in gola.
La ragazza, sicura dell’impotenza della sua preda, aprì velocemente la sua borsa recuperando la siringa. Luca notò in parte i suoi movimenti e, con la forza della disperazione, si lanciò verso di lei scaraventandola sul muro.
Un rumore sordo. La ragazza piombò al suolo privata per la seconda volta in una serata dei sensi.
Luca, lentamente, s’avvicinò. Le tocco il polso. Il battito c’era. Allora pose la sua attenzione sulla borsa, estrasse il libro e, con fatica, abbandonò quel luogo.

«Scusi, buon uomo, quanto le devo per questo libro?», chiese l’anziana figura dal viso rugoso e il rado capello argenteo.
«Tutto ad un euro, signora. Da noi solo libri in ottime condizioni» rispose il gestore delle tre bancarelle di libri situato in una delle viuzze che si snodano in zona Pantheon.
«In effetti sembra nuovo. La rilegatura sembra pelle e poi, questo titolo, mi ha davvero incuriosita: Dovunque Unisci Bottoni Non Incontrerai Opposizioni».

(realizzato a quattro mani con Giovanni Ruggiero | pubblicato nell’antologia “La Cassa” – SensoInverso Edizioni, 2019)

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