Uno, nessuno o… qualcuno

La sua vita aveva preso una piega del tutto inaspettata. Trent’anni trascorsi nel più classico degli anonimati, un umile lavoro da cassiere presso una nota catena americana di fast-food, una piccola casa in affitto, zona Pietralata a Roma, condivisa con la sua compagna Licia, biologa precaria perennemente in cerca di occupazione: Salvo sopravviveva solamente grazie al suo esser stoico. Almeno sino al quel quattro aprile, pochi giorni prima di apporre la cifra uno dopo il tre.

«Ma tu sei Manuel Fantoni!» esclamò la giovane donna dai lunghi capelli scuri appena giunto il suo turno alla cassa.
«Come scusi?» chiese Salvo prima di poter pronunciare meccanicamente la cifra da pagare per l’hamburger e la coca consumata poco prima dalla cliente.
«Tu sei Manuel Fantoni!» ripeté lei.
«Manuel Fantoni? L’attore?» domandò disorientato Salvo.
«Si, proprio lui! Cos’è, una specie di reality show o una candid camera?».
«No no, guardi. Non so di cosa parla. Il mio nome è Salvo e non credo di somigliare neanche lontanamente a Fantoni» rispose quasi vergognandosi.
«Non mi freghi! Tu sei Manuel Fantoni!» insistette la donna.
«Mi scusi ma sta creando la fila. Non so di cosa parla, quindi sono sette euro e ottanta, grazie». Salvo decise di troncare lì il surreale discorso.
«Mmm, comunque non mi convinci. Però, se davvero non sei Fantoni, allora potrei farti diventare lui, o almeno il suo sosia, e farti uscire da questo puzzo di fritto» disse sfrontatamente.
«La ringrazio per la gentile proposta ma questo puzzo di fritto, come dice lei, mi fa vivere. Sono sette euro e ottanta, grazie». Lo stoicismo di Salvo iniziava a vacillare.
«Si, ho capito, sette euro e ottanta. Eccoli. Ed ecco anche il mio biglietto da visita. Riflettici e vieni a trovarmi. Posso cambiare la tua vita in meglio. Fidati» e, pagato il conto, la donna lasciò il locale.
Salvo incassò i soldi e non rispose nulla. Prese, però, anche il bigliettino e, sistematolo nella tasca posteriore dei pantaloni, riprese il suo lavoro.

«Tesoro son tornato».
Ore 18, terminata l’ennesima, solita, giornata di lavoro, Salvo rientrava nella sua piccola dimora.
«Ciao amore. Com’è andata?» chiese per abitudine Licia.
«Solito. Tu?».
«Niente di particolare. Ho inviato qualche altro curriculum».
La baciò e si diresse verso la doccia per eliminare il profumo poco piacevole di fritto.
La cena, la solita cena, fu consumata come sempre sul piccolo tavolo quadrato posto nell’angolo nord della sala da pranzo-salotto-cucina che, insieme al bagno e alla camera da letto, componeva il loro intimo castello.
«Senti, ma… secondo te, somiglio a qualcuno?» chiese senza convinzione Salvo a fine cena.
«In che senso?» chiese un po’ stupita Licia.
«Non so, un personaggio famoso, un attore».
«Un attore? Tu? Non credo proprio!» rispose divertita lei.
«Appunto».
«Ma perché questa domanda?».
«Niente, niente».
«Dai, non fai mai domande senza senso».
«Ecco, vedi…» e raccontò del bizzarro incontro avuto quella mattina.
Licia ascoltò con interesse la narrazione, poi, con curiosità e molta attenzione, osservò il suo Salvo.
«Beh, in realtà, ora che ci penso, somigli a qualcuno, a Topo Gino, il cartone animato!» ed esplose in una fragorosa risata.
«Grazie eh» la mesta risposta di Salvo.
«Scherzo. Guarda, onestamente, non ci avevo mai pensato, anche perché sai che guardo poco la tv e il cinema ci accoglie due volte l’anno, però, qualcosa di somigliante forse c’è».
«Dici?».
«Si, il taglio degli occhi è molto simile, quella barba incolta anche. E poi il capello scuro, il fisico non da palestrato. Beh, dai, avete più di una caratteristica in comune».
Salvo non disse nulla. Si voltò verso lo specchio che adornava una delle spoglie pareti della sala ed esaminò alcune delle peculiarità appena citate dalla sua compagna.
«Sai, forse hai ragione» abbozzò fissandosi ancora. Poi aggiunse: «Vabbè, il discorso finisce qui. Da oggi so solo che rassomiglio ad un divo della tv».
«Però, non pensi di provare anche solo ad incontrare quella donna?» propose Licia.
«E perché dovrei? Non sono il tipo adatto per quel mondo. E poi secondo me è una truffa. Questi ti fanno firmare dei contratti, ti usano per i loro comodi e in tasca ti arriva meno dello stipendio da cassiere. No no, lasciamo perdere».
«Io andrei anche solo per curiosità. Pensaci».

«Su le mani! Fate un grosso applauso al nostro Manuel Fantoni!».
Due mesi dopo quel surreale incontro Salvo era diventato Manuel Fantoni. La subdola e reiterata insistenza di Licia aveva ottenuto il massimo risultato.
«Ciao ragazzi! Mi raccomando, divertitevi ma non esagerate con l’alcool! E ora, scatenatevi!». In poco tempo s’era riscoperto con grande stupore a proprio agio in quell’ambiente di luci e finzione.
«Eccomi Licia, anche stasera ho fatto il mio. Ora prendiamo da bere, restiamo qui una mezz’oretta, facciamo qualche foto con questi decerebrati e torniamo a casa con ottomila euro puliti in tasca. Che mondo fantastico!».
Lei sorrise soddisfatta. Tutti quei soldi guadagnati senza nessuno sforzo particolare.
“Quanti anni sprecati sui libri”.

«Penso che dovremmo cambiare casa. Qualche altra serata e potremo lasciare questo quartiere. Ho già messo gli occhi su un appartamento ai Parioli, via Guido D’Arezzo, una strada tranquilla e benestante. Ora possiamo permettercelo e ce lo meritiamo».
Ormai, dopo circa quattro mesi di nuova vita, Salvo guardava già oltre e iniziava a pensare in grande.
«Sì, amore. Ce lo meritiamo. Anche se mi spiacerà lasciare casa nostra. Ormai ci sono affezionata» disse con un lieve velo di tristezza Licia.
«Si, anch’io» rispose lui, poi aggiunse: «Guarda, questa casa ce la compriamo, così sarà per sempre nostra, e la nuova, per ora, la prendiamo in affitto. Almeno per tastare il nuovo quartiere. Poi decideremo se acquistare anche quella».
«Ottima idea!» esclamò Licia e lo baciò appassionatamente.
«E poi potremo pensare anche ad un figlio, finalmente» disse teneramente.
Licia non rispose, lo guardò soltanto con gli occhi lucidi e un sorriso dolcissimo.

«Ciao Salvo, o dovrei dire Manuel?».
«Salvo, Salvo. Io sono sempre Salvo» rispose sorridendo.
Dopo oltre cinque mesi di locali, pubblicità minori e comparsate in emittenti locali, Salvo era stato convocato, come ormai accadeva sempre più frequentemente, dall’agenzia che l’aveva lanciato, “Stelle & Stars”.
Davanti a lui Maria Luisa Schianchi, la giovane donna dai lunghi capelli che l’aveva introdotto in questa nuova avventura.
«Sei pronto per un nuovo balzo in avanti? Anzi, due».
«Prontissimo. Dimmi tutto».
«Primo: una delle più grandi emittenti nazionali sta preparando un programma dedicato ai sosia dei personaggi famosi, dieci puntate per il sabato sera e tu potresti essere, ma quasi sicuramente sarai, uno dei punti di forza».
«Ottimo».
«Secondo: cinema. È una piccola parte, però è un cinepanettone, quindi soldi».
«Fantastico».
«Come sempre ti avviserò io sui tempi e le modalità. E per i contratti. Intanto firma qui, venerdì e sabato hai altre due discoteche. In totale undicimila euro, ok?».
«Perfetto».

«Manuel! Manuel!».
Appena fuori dall’agenzia Salvo si ritrovò con un paio di braccia non famigliari avviluppate al suo corpo.
«Come scusa?» chiese stupefatto e un pizzico intimorito. Era la prima volta che veniva sorpreso in questo modo.
«Manuel! Tu sei Manuel Fantoni! Il mio idolo!» strillò la ragazza in preda ad una sorta di agitazione.
«No, ti sbagli. Io sono solo il suo sosia» rispose a bassa voce Salvo per non attirare troppo l’attenzione dei passanti.
«Non è vero! Io ti conosco benissimo!».
Diede uno sguardo fugace intorno, poi ancor più sottovoce disse: «Ma sì, sono io. Scherzavo. Dai, facciamoci una foto».
“Forse sto un po’ esagerando” pensò.

«Allora? Che ne pensi?».
La sera della viglia di Natale di quell’anno usciva al cinema “Natale con i tuoi, Pasqua… fatti tuoi!”, l’esordio cinematografico di Salvo, e il neoattore e la sua compagna, elegantissimi, erano tra le prime file del cinema Maestoso, luogo scelto per la prima dalla produzione.
«Devo essere sincera?».
«Certo».
«Ti preferisco in TV, a “Balla coi sosia”, anche se non sai ballare» disse Licia quasi sussurrando le parole, non voleva che il suo giudizio arrivasse alle orecchie dei vicini.
«Perché?» chiese un po’ sorpreso lui.
«Beh, premesso che odio i cinepanettoni, la tua parte è troppo ridicola e ci sono troppe ragazzette scosciate che ti fanno da contorno. E poi quello non sei tu».
Sorrise.
«Vabbè, torniamo a casa» concluse Licia.
«Si, non ti è piaciuto, e a me, onestamente, ancora meno ma sai quanto abbiamo guadagnato con questa stronzata? La nostra casa a Pietralata».

I due anni successivi videro una piccola flessione. Discoteche, pubblicità, cinema e TV riempirono ancor le giornate di Salvo ma qualcosa, come sempre accade con le “mode”, stava cambiando. Mutò anche qualcos’altro.
«Entra, ci sono novità». Era stato convocato per l’ennesima volta dall’agenzia “Stelle & Stars”.
«Ciao. Allora? Nuovi contratti?».
«No, anzi. Leggi qui» e Maria Luisa Schianchi porse a Salvo la copia del quotidiano che aveva sulla scrivania.
«Scandalo VIP: arrestato per traffico e uso di stupefacenti il famoso attore Manuel Fantoni». Alzò gli occhi ma non incrociò quelli della sua interlocutrice, poi lesse nuovamente quel titolo.
«Capisci cosa significa?» chiese lei fredda.
Non attese una risposta. «La tua carriera è legata simbioticamente alla sua. Se la sua finisce, la tua finisce».
«Ma io non c’entro con questa storia» disse un po’ disorientato Salvo.
«Lo spero. Vedi questi fogli? Sono i tuoi prossimi contratti, o meglio, lo erano. Sono stati tutti annullati. Nessuno vuole il sosia di un drogato».
«Si, ma… sono firmati e vanno rispettati» tentò di restare a galla.
«No, sono carta straccia».
Il volto di Salvo divenne scuro, si alzò di scatto, era in procinto di esplodere ma disse solamente: «Capisco» e uscì.
Entrato in ascensore, a metà percorso di discesa pigiò il tasto rosso e la cabina si bloccò. Davanti a sé, riflesso nello specchio posto sul fondo, c’era Manuel Fantoni. “Ma che sto facendo? Io non sono te. Io sono Salvo” e allora osservò quel taglio degli occhi, quella barba incolta, quei capelli scuri, quel fisico non da palestrato. E sorrise.

Pochi giorni prima di apporre la cifra quattro dopo il tre, Salvo e Licia riaprivano la porta della piccola casa di Pietralata.
«Dai, per un po’ ce la siamo goduta».

(pubblicato nell’antologia “Come Marilyn Monroe” – SensoInverso Edizioni, 2018)

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