Valta (2012)
Laskeuma Records
Sesto album in studio per l’eclettica band finlandese capitanata dall’estro di Stakula (sax, clarinetto contrabbasso, tuba). Con lui, in questo nuovo capitolo, ci sono Jarkko Niemelä (tromba, corno alto), Miikka Huttunen (harmonium, piano, melodica, tambura), Tuukka Helminen (violoncello), Marko Manninen (violoncello, Copperfish theremin) e Santeri Saksala (batteria, percussioni).
Con Valta gli Alamaailman Vasarat (letteralmente “i martelli degli inferi”) continuano il loro percorso di ricerca attraverso la musica folk ed etnica, soprattutto quella di tradizione ebraica (il Klezmer è una sorta di base comune per l’intero album), ricreata non per semplice volontà di riproposizione, ma riletta con occhio “nordico” e contaminata, non di rado, con sonorità antitetiche. Col solo utilizzo di strumenti classici (eccezion fatta per il theremin, utilizzato comunque con parsimonia), si passa con molta nonchalance dall’ambientazione islamica al metal vero e proprio, ottenuto grazie al violoncello distorto e ad una batteria possente.
È una festa di suoni e colori quella che ci avvolge durante l’ascolto. I finlandesi utilizzano soluzioni molto più spinte di quelle adottate, per esempio, dagli italiani Passover e più vicine a quelle dei danesi Afenginn nell‘album Retrograd.
Riistomaasiirtäjä. Una marcia di ottoni dà il via all’album. Per un minuto e mezzo questi vanno in loop, mentre intorno l’atmosfera diventa sempre più sfarzosa e solenne grazie, soprattutto, all’ingresso della batteria. Dopo un breve rallentamento, in scena subentra un sorta di combinazione tra una marcetta frivola e della musica balcanica, ben presto sostituita dalla riproposizione del segmento iniziale. Ancora una volta ad esso segue un cambio di ritmo dalle sonorità più scure. Un riff di violoncello distorto mette fine a questi continui cambi.
È un’atmosfera da “Mille e una notte” a costituire Henkipatto, con un suono, inizialmente, molto sinuoso e avvolgente. Poi violoncello e melodica (ossia la vecchia, cara diamonica) concedono una pausa, prima della ripresa più corposa del motivo orientale. È un continuo sviluppo che, prendendo spunto dalla linea guida iniziale, segnata dal clarinetto, si espande anche grazie all’uso degli ottoni.
Hajakas è un brano geniale e coinvolgente. Gli Alamaailman Vasarat dapprima eseguono un tipico klezmer contraddistinto, però, da una batteria trascinante. Poi l’atmosfera etnica viene destrutturata. Un sottile filo rosso ebraico lega gli sviluppi più “duri” e leggermente dilatati (fa sempre eccezione la batteria di Saksala) che si hanno nei minuti seguenti. L’elemento di quiete e rallentamento, già presente nei primi due brani, viene utilizzato anche in questo caso. A esso fa seguito la ripresa del sound klezmer iniziale.
Con Norsuvaljakko gli Alamaailman Vasarat ci mostrano il loro lato più dark. Fin da subito gli archi e i fiati creano un clima tetro, accentuato poco dopo dal suggestivo intreccio tra violoncello distorto e pulito. I fiati poi tentano di dare più ossigeno al brano, ma è questione di pochi secondi (riproposti in seguito anche nel finale).
Haudankantaja è un mix di atmosfere. Si parte con il violoncello un po’ “svogliato”, da clima western, poi il brano si tramuta in un ballabile simil-tango. Da qui si arriva, anzi si torna, in Israele. Lo schema è ripetuto un paio di volte con alcune piccole ma significative variazioni, su tutte il nuovo segmento western, reso molto più presente grazie alla tromba di Niemelä e al rullante galoppante.
Con Luu Messingillä i finlandesi si danno una “regolata” eseguendo un brano che ha una sola anima, quella klezmer. Sono cinque minuti che ci proiettano tra i vicoli di Gerusalemme, tra i suoi rumori e odori. Incantevole il lavoro di Stakula e soci. Alcuni momenti richiamano alla mente dei passaggi di Tsar Nob-Yld degli Afenginn.
Väärä Käärme sembra continuare Luu Messingillä ma con i bpm decisamente più alti. La batteria martellante trascina dietro sé i fiati. Dopo una fugace comparsa nei primi secondi, il violoncello distorto diventa quasi monopolizzatore della scena dopo i due minuti, dando un tocco metal al brano.
E per non scontentare nessuno gli Alamaailman Vasarat sanno essere anche romantici. Con Uurnilla ci troviamo proiettati nella prima metà del secolo scorso. Un soffice piano e la tuba danno un senso di leggerezza e spensieratezza. Sembra di trovarci in casa di qualche importante personaggio dell’epoca, durante una cena di gala, con, in sottofondo, questa dolce melodia che impregna l’atmosfera.
Hirmuhallinto. Dopo il brano più dolce c’è quello più cattivo. Sono i possenti riff di violoncello distorto l’elemento basilare della composizione (puro “metal di archi” simile ai connazionali Apocalyptica). L’altro violoncello ben s’incastra con quello distorto creando un clima quasi angosciante. Gli ultimi due minuti sono di alleggerimento e contrastano nettamente con quanto eseguito nei primi quattro. Fiati e archi molto sommessi, arricchiti da quelle che sembrano gocce d’acqua, chiudono mestamente il disco.
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