Alms – An Irosmic Tragedy

ALMS

An Irosmic Tragedy (2016)

Autoproduzione

Alms è il nome dietro cui si cela il polistrumentista spagnolo Aitor Lucena giunto, con An Irosmic Tragedy, al suo secondo lavoro discografico.

Per il suo nuovo album Lucena parte dalla visione della vita secondo gli Omarakana, popolazione che vive a Kiriwin, un’isola corallina di Papua Nuova Guinea. Essa prevede quattro fasi: infanzia (U’ula), età adulta (Tapwala), vecchiaia (Doginala) e un’esistenza in forma di spirito dopo la morte (Baloma), ed ogni fase possiede le proprie caratteristiche e i propri scopi. Lucena s’è soffermato sui primi tre stati per creare la propria “tragedia irosmica”, una visione della vita ironica (ironic, felice) e cosmica (cosmic, grandiosa) di quella che è comunque una tragedia dal triste finale.

Con la collaborazione di Noelia Fernández (voce), Eduardo G. Salueña (piano, Moog, Hammond), Héctor Braga (violoncello, viola) e Luis Arnaldo (batteria), Aitor Lucena (voce, chitarra elettrica ed acustica, basso, bouzouki, violino, flauto traverso e sopranino, synth) ha costruito una piccola enciclopedia storica del rock progressivo. In An Irosmic Tragedy c’è davvero tanto del prog dei ’70, dalle galoppate ELPistiche alle atmosfere sinfoniche, dal sound di Canterbury a quello nostrano di band quali Balletto di Bronzo, Latte e Miele, PFM, Osanna e altri ancora. Ciò che sorprende sono le elevate e invidiabili abilità tecniche e compositive di Lucena (ma anche dei collaboratori), così come la fluidità dei suoni e delle soluzioni adottate. Il numero elevato di richiami, ovviamente, può far scattare la molla del “già sentito”, Lucena, però, è bravo nel personalizzare, nei limiti del possibile, questo “già sentito” rendendolo un prodotto che vale davvero la pena ascoltare.

Ad offrire una prima lettura di quello che è a tutti gli effetti un concept ci pensa l’artwork creato da Pepe Boada, nato da un’idea dello stesso Lucena. In primo piano è illustrata allegoricamente la vita: dalla culla, alla bara, passando per il letto (“regno” della creazione di una nuova vita), tutto legato da catene, in un’atmosfera cupa che rende doloroso questo ciclo.

E quando nel primo minuto e mezzo di un brano trovi “citati” l’avvio di “Energia” di Battiato, il lirismo al piano di Nocenzi e il sinfonismo dei Latte e Miele, allora capisci che l’ascolto sarà un bel viaggio nella storia del prog. È così che ci accoglie U’ula e si sviluppa lungo il suo poderoso cammino offrendo un’infinita quantità di riferimenti, di cambi repentini, di emozioni. È qui che Alms ci narra le gioie del primo stadio della vita, l’infanzia, ed è qui che avviene il primo dialogo tra lo stesso Alms, che rappresenta ognuno di noi, e la vita, interpretata da Noelia Fernández (Alms: Who are you? / Life: I am your innocence, your purity, your dreams when they were still live, your illusions when they seemed to be unshakable, your thirst for knowledge). Come accennato, è un percorso articolato e ben congegnato in cui ci si ritrova immersi piacevolmente tra cavalcate epiche e momenti canterburyani, tra sfuriate che si muovono tra Ekseption e King Crimson (da evidenziare il gran lavoro di Salueña all’organo) e frammenti più intimistici in cui la voce di Aitor Lucena è una miscela tra Peter Hammill e David Bowie. E tanto altro ancora.

Tapwala è aperta dalla narrazione delle prime tre terzine del terzo Canto dell’Inferno dantesco. Poi via alla tensione elettrica/elettronica e magnetica alla Goblin, solo il primo tassello del nuovo caleidoscopio umorale di Alms. Torna anche la poesia nocenziana, arricchita dal tocco malinconico degli archi e dal soffice flauto, e ancora sfuriate emersoniane all’organo, chitarre taglienti e numerosi richiami al mondo d’oltremanica, oltre ad un pizzico cinematografico alla Morricone. Tanta roba anche in questo episodio ben costruito dedicato all’età adulta, periodo complesso e altalenante dell’esistenza. Anche in questo caso Alms chiede lumi alla vita (Alms: By the way, who are you? / Life: I am your endless worries, the world spinning around, each one of the stabs of reality).

Commovente l’apertura di Doginala affidata agli archi, con l’immediato scambio di battute tra Alms e la vita (Alms: Come on! Who are you?! / Life: I am the tick tock, your weakest breath, the denial of future, a coffin full of regrets, your last grains of sand): è l’anzianità che si apre davanti ai nostri occhi con le sue numerose domande sul proprio passato, sulla propria vita. E l’emozione è accentuata dall’ingresso sulla scena del piano di Salueña prima di una vera e propria deflagrazione guidata dall’indemoniata batteria di Arnaldo e cui partecipano tutti gli effettivi. È la prima parte del terzo ed ultimo saliscendi emotivo di An Irosmic Tragedy, in cui trovano posto anche dei rimandi a “Tubular bells” di Mike Oldfield, al sound mediterraneo e ad una nuova miscela sonora italo-britannica. E sul finire Lucena declama versi tratti da “La vida es sueño”, dramma filosofico-teologico scritto nel 1635 da Pedro Calderón de La Barca, prima del commiato conclusivo.

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