Aurora Lunare (2013)
Lizard Records
Sulla scia di quanto accaduto ai Quanah Parker e il loro album “Quanah!“, ma con un percorso diverso, anche gli Aurora Lunare hanno “atteso” alcuni decenni prima di riuscire a materializzare i propri sogni. La band livornese, nata sul finire degli anni ’70, ha dovuto attendere dunque il nuovo millennio, e l’incontro col nocchiero lunare Loris Furlan, per portare a compimento il proprio lungo percorso.
La rinascita degli Aurora Lunare, guidata dagli storici Mauro Pini (voce, glockenspiel synth, bassoon synth), Luciano Tonetti (basso elettrico, effetti), Marco Santinelli (batteria) e Stefano Onorati (piano, rhodes, hammond, synth, organo, chitarra elettrica, iPad, arrangiamenti), e la nascita dell’album passano anche attraverso il “restyling” dei brani creati in passato. Gli elementi sinfonici, le situazioni melodiche, le illuminazioni sperimentali, le liriche poetiche trovano nuova linfa grazie al rinnovato spirito del gruppo e al coinvolgimento di ospiti importanti quali Alessandro Corvaglia, che in passato ha già incrociato gli Aurora Lunare (voce e chitarra elettrica, membro dei progetti La Maschera di Cera e Höstsonaten), Gianluca Milanese (flauto), Tolo Marton (chitarra elettrica), Corrado Pezzini (sintetizzatore vocale midi), Graziano Di Sacco (effetti vocali), Nicola Santinelli (chitarra classica), Greta Merli (voce) e Valentina Cantini (violino).
L’album si apre con un breve ma dovuto “ritorno alle origini”. I primi novanta secondi di Evasione di un’idea sono ripresi dal concerto tenuto dalla band al Teatro Goldonetta di Livorno nell’aprile del 1980 e remixati con nuovi suoni. Bastano questi pochi momenti per entrare in confidenza con alcuni degli elementi basilari della musica degli Aurora Lunare: le atmosfere sinfoniche, con le tastiere a farla da padrone (in questo caso leggermente gobliniane grazie al glockenspiel synth di Pini) e i passaggi più luminosi e delicati, saggiamente disseminati nell’album. Poi una sorta di esplosione ci indica l’avvenuto passaggio attraverso le “spire del tempo” proiettandoci nel nuovo millennio. Sono le dinamiche tastiere di Onorati ad indicare la via destreggiandosi dapprima tra chitarre ruvide e ritmiche decise, in seguito gestendo con maestria i diversi cambi umorali che si susseguono rapidamente. È un flusso sempre mutevole di sonorità e sensazioni che introduce al canto ispirato di Pini arricchito dai contrappunti vocali taglienti di Corvaglia. Tutto è ben costruito (testo incluso) facendo del brano un’ottima opener.
Eroi invincibili…son solo i pensieri è un brano tripartito. Nel primo segmento troviamo un divertissement di Onorati al piano che oscilla tra il classico e l’improvvisazione “futurista” (ricorda un po’ Antonello Salis nel brano “Terra di mezzo” dei Cadmo, presente in “Boomerang“). Lo stesso Onorati dà poi il via al brano vero e proprio, una ballata inizialmente morbida, ornata dai quasi eterei inserti di flauto di Milanese, che si intensifica col trascorrere dei secondi grazie a chitarre distorte, suoni sintetici molto evidenziati e un basso guizzante. Anche in quest’occasione è rilevante l’apporto vocale di Corvaglia (lo stesso musicista ha confessato l’amore provato per questo brano sin dal suo primo ascolto avvenuto nel lontano 1980) che va a duettare con Pini. La terza parte ripresenta ancora Onorati, questa volta all’organo, intento nel creare una musica solenne, una via di mezzo tra una cerimonia ecclesiastica e un ricevimento a corte (rinascimentale).
Il brano strumentale Mondo fantasmatico è una nuova tavolozza policroma. Flauto dal sentore orientale (in avvio) che diventa tarantolato e seventies poco oltre, segmenti sintetici pienamente anni ’80, andamento fusion, momenti d’elettronica tendenzialmente krauta, suoni diluiti che emanano sensazioni floydiane, e poi campane, canti gregoriani, scrosci di piatti, accelerate prog. Una miscela esplosiva.
Molto intensa Riflessi indicativi. Un misto di dolcezza e malinconia ammanta i primi minuti del brano (così come il segmento cantato che troviamo oltre) dove è perfetto l’intreccio tra piano e voce. Molto coinvolto Pini e suggestivo il testo: Giare di cera nei palazzi, versano fango sui passanti / Ricchi mercanti di parole, vendono il sole a metà prezzo / senza il permesso di Elios, che il suo grande carro non tira più / E non senti più i tuoi rimorsi, solo i riflessi di un mattino / Lunghe distese di richiami, lanciano reti di cristalli / Neri coralli di Morane, ornano strane costruzioni […]. Negli stacchi, resi più pulsanti dalla batteria e dal basso, troviamo ancora una volta i voli sintetici di Onorati a monopolizzare la scena.
Corsa senza meta. Il brano mediano dell’album mostra la faccia più sperimentale degli Aurora Lunare. La composizione è caratterizzata da una serie di interventi “particolari”, dagli effetti sintetici oscuri alle bizzarrie di Milanese al flauto, attraverso gli eccentrici giochi vocali di Di Sacco (una sorta di omaggio a Demetrio Stratos) e gli scherzi di Onorati al piano e di Santinelli alla batteria, sino a giungere all’esplosione sonora finale. A tratti sembra di ascoltare gli Area.
Più “spensierata” è Senza dubbio. Dopo un attacco tipicamente prog, il brano si sviluppa su un ritmo ballabile e leggero, guidato soprattutto dalle ritmiche e dalle tastiere. L’intermezzo, più arioso e sintetico, ci porta con la mente agli anni ’80, mentre sul finire troviamo un altro pezzo di bravura di Milanese al flauto.
Un po’ come in Corsa senza meta, anche nella breve Interlunio troviamo una piena libertà espressiva che tende esplicitamente all’improvvisazione/sperimentazione. Solo due i protagonisti del brano: l’indemoniato flauto di Milanese, che in realtà è il vero trascinatore, e l’organo di Onorati, che crea un tappeto etereo su cui il collega può lasciarsi andare.
Con Sfera onirica fuoriesce la vena più gothic degli Aurora Lunare. Nessun ospite in questo caso, ma solo il quartetto Pini, Onorati, Tonetti, Santinelli. Dai suoni e dalle atmosfere create dai synth sembra di vedere all’opera Claudio Simonetti e Antonio Bartoccetti in un duetto da brividi. Chitarra energica, batteria possente e basso “inquieto” arricchiscono il quadro.
L’album si chiude con un doppio omaggio alle Orme: All’infuori del Tempo / Ritorno al Nulla (i brani che chiudono il leggendario “Felona e Sorona“), manifesto di un legame col passato mai sopito. Il primo dei due brani, nonostante il rispetto della struttura originale, presenta alcune personalizzazioni interessanti. Innanzitutto la sostituzione della chitarra acustica iniziale con il piano di Onorati che rende ancora più morbida l’atmosfera. Degni di nota sono anche il duetto vocale tra Pini e la delicata voce di Greta Merli e gli inserti di violino affidati a Valentina Cantini. Anche nel secondo brano si nota la mano degli Aurora Lunare. La straordinaria cavalcata vorticosa delle Orme viene onorata in pieno e, ad essa, è aggiunta la graffiante chitarra di Tolo Marton che rende il tutto ancora più frenetico.
Ad impreziosire un album già notevole musicalmente ci pensa anche l’artwork onirico/metafisico di Luciano Tonetti: le sue creazioni sono piccole perle all’interno del “contenitore visivo” dell’opera e descrivono per immagini i brani.
“La luce sul Prog non si è mai spenta, è stata solo offuscata in attesa di nuova energia dal risveglio delle coscienze”.
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