Avalon Legend – Avalon Legend II. Un sogno per cambiare

AVALON LEGEND

Avalon Legend II. Un sogno per cambiare (2014)

Autoproduzione

Avalon Legend II. Un sogno per cambiare è il secondo viaggio tra fantastico e reale intrapreso da Salvatore Fiorello (voce), Mario Tornambé (tastiere, cori), Adolfo Pacchioni (chitarre, cori), Alessandro Crupi (basso, cori) e Lucio D’Alonzo (batteria).

L’idea musicale concretizzata dagli Avalon Legend in questa nuova opera appare piuttosto fluida e mai eccessiva nelle soluzioni adottate. È caratterizzata, inoltre, da naturalezza e melodiosità che, a tratti, sembrano richiamare un’opera come “La via della seta” de Le Orme (con un accento sicuramente meno sinfonico), arricchita da un “pizzico” di “Barbarica” dei Museo Rosenbach e Pooh “quanto basta”, oltre a qualche venatura di neoprog.

Una parte molto importante nell’economia dell’album è svolta dai testi. Con essi ci ritroviamo, allo stesso tempo, al cospetto di un mondo d’incanto e di disincanto, un terreno dove la “cullante” fantasia (basata sul mito di Avalon e dei suoi cavalieri) è costretta a cedere il passo alla dura realtà.

È Il balletto di specchi ad aprire il disco. Non bisogna lasciarsi fuorviare dall’avvio krauto, funzionale all’ingresso del canto sconsolato di Fiorello: è lui il catalizzatore dell’apparato sonoro, colui che determinerà i vari “cambi d’abito” del brano, in seguito più ritmati e corposi. Nei poco più di sette minuti c’è spazio anche per la chitarra gilmouriana di Pacchioni, mentre sul finire emergono le tastiere di Tornambé. Il testo, piuttosto diretto, del capitolo introduttivo dell’album appartiene alla “sezione contemporanea”: […] Nel palazzo di luci c’è gente che cerca, come si fa ad arraffare di più. / No si rendono conto di essere soli laggiù, sono secchi ed asciutti / terminiamoli tutti […] / Il palazzo di specchi sorride se serve, altrimenti si tace è un gruppo di serve. / Che proclamano pace fino a quando conviene, si vince o si perde poi diventano merde […].

In Chi li fermerà (brano dedicato ai cavalieri di Artù) sono i continui mutamenti tastieristici di Tornambé a tracciare un percorso che si snoda soprattutto all’interno del mondo neoprogressivo. Quando poi la scena è presa in mano da Fiorello, la fisionomia del brano si sposta un po’ verso le ultime produzioni degli UT New Trolls, con momenti rock tout court (bravo il duo Crupi/D’Alonzo) che si alternano ad altri più avvolgenti. Tutto ben costruito.

Più lineare Oro Nero, episodio in cui, sotto una leggerissima patina scura, tastiere, chitarra e ritmiche si dividono equamente i compiti lasciando il giusto spazio al racconto di “sottomissione tecnologica” cantato da Fiorello.

Andatura spinta e tastiere eighties aprono la sfaccettata Brocellandia. Clima contrapposto con l’ingresso ruvido e “furioso” di Fiorello. E ancora mutazioni con lo stratificato refrain, le solitarie “suggestioni” à la Steve Rothery di Pacchioni, il morbido e malinconico intreccio tra chitarra acustica e tastiera, e il finale esplosivo guidato da Tornambé e D’Alonzo. Uno dei punti creativi più alti dell’album. Brocelandia (con una “l”) è il leggendario nome attribuito alla foresta francese di Paimpont, strettamente legata al Ciclo bretone e a Mago Merlino (qui il mago venne imprigionato per sempre da Vivianne, la Dama del Lago).

La bottega dei sogni è il brano di Tornambé: le sue dita sono presenti in ogni angolo dell’episodio e passano con disinvoltura dall’organo al piano, dai suoni sintetici, siano essi cosmici o “sinistri”, agli archi. Come sempre Fiorello ha molto spazio per le sue liriche (scritte, in realtà, tutte da Tornambé, in alcuni casi coadiuvato da Pacchioni), mentre chitarra, basso e batteria sono bravi nel “reggere” il passo dei due.

Animo scuro per La maga di Eld (titolo che richiama l’opera fantasy scritta da Patricia McKillip). L’organo gotico che apre il tutto lascia immaginare l’inizio di un gorgo sonoro sempre più nero ma Fiorello, e poi il resto della band, tengono a “galla” il brano (anche se il velo oscuro resterà) il quale scorre tra rapide soluzioni ritmiche, chitarre nerborute e tastiere decisamente meno dark. Il clima creato dalla band è calzante al testo dedicato al “cuore solitario della maga di Eld”.

Forse il brano più delicato di Avalon Legend IINon ci sono più cavalieri si sviluppa sul canto ispirato di Fiorello, quasi sempre sostenuto dalle vellutate tastiere di Tornambé, con una base ritmica mai invadente e una chitarra precisa e non eccessiva. Solo l’intro hard e alcuni momenti centrali iniettano una dose di “sconvolgimento” che non riesce, però, a sovvertire il quadro di fondo.

Anche ne I fuochi di Beltane (ispirata alla tradizione druidica di purificazione col fuoco di uomini e animali, legata alla festa di Bealtaine, celebrata il primo maggio) il rapporto tra momenti più delicati e quelli più duri è indiscutibilmente appannaggio dei primi. Gran protagonista l’ispirata chitarra acustica di Pacchioni che ricama buona parte della tessitura del brano concedendosi solo ogni tanto delle sortite distorte. Molto leggeri anche gli interventi della tastiera e gli apporti di batteria, il basso di Crupi, invece, si fa sentire di più, mentre la voce s’incastra molto bene con i compagni. La struttura edificata combina tra loro alcune delle architetture care a Malibran e Pooh. Nella parte finale, però, l’intera squadra decide di svoltare e attinge al carico d’energia “nascosto” sinora lasciandolo fluire in un’imponente cavalcata.

Costrutto intricato e intrigante per L’ubriaco. Si parte con un denso segmento alla Spettri (che ritroveremo anche oltre), poi le pulsazioni incessanti di basso e batteria aprono la strada a Fiorello. Sarà un crescendo con l’ingresso di chitarra e le varie evoluzioni che la stessa si spartirà con la tastiera (con le ritmiche sempre protagoniste). Un gioco di piatti con tappeto cosmico funge da “finto” spartiacque a metà percorso: il brano riprende con forza e desolazione nelle parole di Fiorello (“ […] Chiuse le vostre menti serve e cloni dei padroni / aridi i vostri cuori, controllati dai cellulari. La paura dell’azione vi ucciderà. / Ma la storia dei padri non vi dà ragione, buttarono il cuore oltre il cannone”) sino alla deflagrazione finale al grido di “Rivoluzione”.

Killer live. Il capitolo finale, una bonus track live che vede al basso e ai cori Pietro Beltrame e che è ispirata alla tragedia dell’11 settembre, strutturalmente si rifà alla forma canzone classica con l’alternanza strofa-ritornello: la prima malinconica e un po’ alla Pooh, soprattutto nel canto, il secondo rapido e ruvido. Poi spazio al solo di Pacchioni.

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