Babau e i maledetti cretini, Il – Il cuore rivelatore

IL BABAU E I MALEDETTI CRETINI

Il cuore rivelatore (2016)

Vololibero Edizioni / AMS Records

Provate a cercare la definizione di “fonodramma” su un dizionario o sul web: difficilmente la troverete. Parte da questo piccolo ma grande dettaglio il genio de Il Babau e i maledetti cretini e giunge a Il cuore rivelatore, seconda parte della “Trilogia del Mistero e del Terrore” dedicata ad Edgar Allan Poe.

Dopo aver omaggiato il racconto “La maschera della Morte Rossa”, Franz Casanova (voce, tastiere), Damiano Casanova (chitarre) e Andrea Dicò (batteria, cori) si spostano sull’inquieto “Il cuore rivelatore” proseguendo con quella “intenzione cinematografica” nata già con l’omaggio a Dino Buzzati di “Chi sta scavando?”: una colonna sonora che si sviluppa attorno alla narrazione di Franz.

Il racconto di Poe descrive la confessione dell’omicidio di un vecchio e il susseguirsi di “variazioni di stato” del suo assassino, dalla lucidità alla follia, in una esposizione gradualmente claustrofobica espressa magistralmente dell’autore statunitense. Il Babau e i maledetti cretini fa proprio il testo di Poe e gli cuce addosso una trama di suoni privi di una coerenza “etichettabile”. Il trio si muove a proprio agio nei meandri più scuri della sperimentazione, tra barlumi progressivi e alienazioni psych, tra passaggi cinematografici e minimalismo nero, tutto guidato dalla voce espressiva e drammatica di Franz Casanova che si muove su corde care a Cristiano Godano.

È un album musicalmente ciclico, con frammenti che tornano nelle varie fasi della narrazione a marcare situazioni e stati d’animo, è un lavoro nato per avere soprattutto una dimensione live, uno spettacolo da godere seduti su di una comoda poltrona, in un teatro: non a caso siamo di fronte ad un progetto artistico situato all’incrocio tra musica, teatro e letteratura.

Elemento inscindibile per la lettura a 360° dell’opera è la sua “confezione” caratterizzata da un artwork particolare e suggestivo, realizzato da Gianni Zara e Francesca Canzi, e da un volume illustrato di 48 pagine con testo originale a fronte.

Si parte con Perché dite che sono pazzo e, dopo la breve intro sussurrata di Franz Casanova (“Lontano dall’Occhio, lontano dal Cuore…”), prende corpo la fusione tra la rasserenante chitarra-carillon di Damiano e dei rumori sinistri, una via di mezzo tra insetti “in gabbia”, scricchiolii e pernacchie. Il flusso diviene più scorrevole con l’ingresso della quieta batteria di Dicò. Solo sul finire il trio “perde la bussola”.

Il piano martellante di Franz (quasi una citazione del Battiato “estremo” di “Zâ”), avvinghiato dalla sbilenca chitarra di Damiano e da una nuova gamma di rumori alienanti, apre L’occhio. Lo stesso Franz, poi, indossa i panni del protagonista del racconto di Poe e sin da subito cerca di convincerci della sua “non pazzia”, facendoci entrare per gradi nella sua storia ma confessando sin da subito la causa del suo orribile atto: Credo fosse il suo occhio! Si, fu proprio così! Aveva l’occhio di un avvoltoio, un occhio pallido, azzurro, coperto di una pellicola. Ogni volta che si posava su di me il mio sangue si raggelava, e così per gradi, oh, per gradi molto lenti, io decisi di sbarazzarmi per sempre di quell’occhio. E quando ci si è quasi abituati al tracciato “sconnesso”, Damiano e Andrea introducono un breve elemento di rottura zigzagante, concedendo un bis in coda.

Lanterna cieca. Un “ronzio” molesto generato dalle corde di Damiano fa ripetutamente compagnia alla nuova vivida narrazione di Franz. Qui, ogni notte, per sette notti, il protagonista, con la sua lanterna, spia il vecchio dormiente. L’ottava sera, però, quando Già avevo messo dentro la testa, e stavo per aprire la lanterna, quando il mio pollice scivolò sul gancetto di metallo, e il vecchio balzò a sedere sul letto…. Dicò limita la sua azione sprizzando la sua verve solo per poco, durante l’incontro mattutino dei due.

E dal buio della stanza emerge l’angoscia del vecchio causata da quel rumore che l’aveva ridestato, mentre l’altro è lì che lo “osserva” al buio. Poi, in esso, sboccia l’idea di aprire una sottilissima fenditura nella lanterna e quel sottilissimo tenuissimo raggio, simile al filo di un ragno, balzò fuor della fenditura e cadde in pieno sull’occhio d’avvoltoio. Questo il capitolo intitolato Chi è là?, un brano caratterizzato da una struttura sonora che, anche se marcatamente minimale, lascia emergere tutto il suo carattere estraniante. E, tra il ritorno del piano battiatiano de L’occhio e del ronzio del brano precedente, tra orologi impazziti e sonagli, Franz Casanova tesse il racconto lasciando trasparire, come affermato in apertura, un’affinità espressiva con Cristiano Godano che è davvero notevole.

È il battito dell’organo vitale del vecchio ad aprire Il cuore, un rumore sommesso, soffocato, veloce, simile a quello che fa un orologio quando è avvolto nel cotone. È lui a concretizzare l’incontro-scontro tra due paure: quella del vecchio per una probabile presenza nella stanza e quella del protagonista causata da quel suono costante e “soffocante”. Ed ecco allora tornare in campo Dicò con il compito di accentuare con il suo ticchettio quei “rintocchi”, Damiano con il suo loop ipnotico e Franz con la sua narrazione teatrale, e poi… accade ciò che non ti aspetti: un omaggio aggressive a “Cuore matto” di Little Tony! È un cuore matto, che mi segue ancora, e che ogni notte batte sol per me! Ma certo prima di farmi impazzire, si fermerà lo so si fermerà!

Il cuore sfocia ne Il rumore. È ancora il battito del vecchio a indicare la rotta mentre Damiano Casanova e Andrea Dicò rendono più corposo e duraturo quanto accennato in precedenza, prima che “irrompesse” sulla scena Little Tony, descrivendo una situazione dalle tonalità scure alla Marlene Kuntz. Sul finire il duo esplode con folate rapide e taglienti richiamando gli Accordo dei Contrari.

E poi si giunge all’atto decisivo: l’omicidio. La narrazione di Gridò una sola volta, in modo intelligente, si affida all’andatura melodiosa e cullante creata da Damiano (poi sostenuta da Dicò e impreziosita dai quei rumori strani incontrati nel brano d’apertura), un flusso morbido che descrive quella sorta di serenità insita nell’atto violento e crudo, un’idea resa magistrale in passato da Riz Ortolani con il “Main Theme” ideato per il film “Cannibal Holocaust”. E dettagliata è la ponderata occultazione del cadavere: Per prima cosa spiccai dal corpo il capo. Quindi fu la volta delle braccia e delle gambe. A quel punto divelsi tre assi del pavimento della stanza e posai il tutto tra i travicelli. Restituii, dipoi, il loro luogo alle tavole […].

I funzionari. L’imprevisto, una nota stonata va ad intaccare la perfezione del suo atto: un urlo, l’urlo del vecchio nel momento clou del delitto, un grido udito da un vicino che, allarmato, chiama i funzionari di polizia. E, tra piano martellante, rumori alienanti, frustate distorte di Damiano, rapidi scambi tra chitarra e batteria, Franz muta continuamente il suo tono vestendo perfettamente gli stati d’animo del protagonista intento nel convincere i poliziotti del “malinteso”.

Una corsa verso il baratro, nervosa e delirante, si consuma con la conclusiva Sempre più forte. Il protagonista vede svanire gradualmente la sua sicumera. Dopo aver persuaso i funzionari, qualcosa nella sua mente si rompe: un ronzio proveniente dalla sua testa che diveniva sempre più intenso, sempre più distinto, iniziò a farlo vacillare, finché non si accorse che il rumore non risuonava entro le mie orecchie. […] Era un rumore sommesso, soffocato, veloce; assomigliava moltissimo al rumore che fa un orologio quando è avvolto dal cotone. Intanto l’incedere marziale e crescente di Damiano Casanova e Andrea Dicò accentua l’ansia anche in chi ascolta mentre l’uomo cerca in tutti i modi di nascondere alle orecchie dei poliziotti il rumore che, in realtà, sembra non odano. Ogni sicurezza ormai è sgretolata e, in preda ad un delirio allucinatorio, l’uomo confessa il suo crimine. Magistrale la prova interpretativa di Franz Casanova.

P.S.: prima di abbandonarvi al suo ascolto leggete con attenzione la prefazione del Dr. M. Scheller. Poi non dite che non vi abbiamo avvertiti! 😉

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