Bornidol2 (2014)
Autoproduzione
Dopo un EP dalle tinte puramente rock pubblicato nel 2007 e una serie di assestamenti di formazione, i Bornidol tornano nel 2014 con oltre 40 minuti di musica “veemente”: Bornidol2.
I due membri ideatori del progetto, Paolo Gatti (voce, Hammond, tastiere) e David Garletti (batteria), sono ora affiancati da Massimo Colosio (chitarra) e Francesco Fregoni (basso). Con questa formazione i Bornidol hanno intrapreso una nuova via che si spinge verso un prog molto hard, contraddistinto da un flusso sonoro davvero notevole e ricco di soluzioni interessanti, dove ogni strumento (voce inclusa) riesce a ricavarsi il proprio spazio da “trascinatore” senza mai cadere nell’eccessivo o nel banale.
Un’aggressività ben illustrata dai due volti affrontati ed urlanti della cover di Emanuele Garletti e che richiama nelle sue note band quali Deep Purple e Uriah Heep ma anche momenti di Änglagård, Haken e Karnivool.
Degna di nota, inoltre, la “resa per immagini” dei testi presenti nel booklet curata da Massimo Colosio – Studio ArchiGAP.
Mezzaluna. I Bornidol si gettano subito a capofitto mostrando una delle proprie caratteristiche principali: l’aggressività. E anche se i primi minuti, con l’alternanza strofa-ritornello, potrebbero far “storcere il naso” a qualcuno, lasciano comunque emergere un suono compatto, trascinato dalla batteria di Garletti e arricchito da chitarra, tastiera, basso e voce. Largo spazio poi al solo ispirato di Colosio e ai volteggi seventies di Gatti alle tastiere, con le ritmiche sempre presenti e consistenti.
War. Il morbido avvio da ballad è fuorviante e, dopo un breve segmento affidato soprattutto alla voce di Gatti, il brano deflagra. È la tastiera dello stesso Gatti a prendere le redini del brano con la sua “corsa verso l’infinito”. In seguito, dopo un finto rilassamento a metà brano, dove Colosio prende il testimone dal compagno, la composizione riprende corpo col trascorrere dei minuti, lasciandosi guidare ancora una volta dalle parole di Gatti. E il titolo del brano è ben esplicato dal testo “crudo ma non troppo”: Esci di casa senza sapere / come puoi sapere / La tua vita è così giovane / il tuo cuore non conosce / la cattiveria della bestia umana […] / Una lacrima di fuoco / scende dal cielo / curiosamente la osservi / Un sorriso illumina il tuo volto […] / Ma un grande fulmine / stronca i tuoi occhi / in un boato proprio vicino a te / i ricordi più belli ti calpestano […].
Brano più riflessivo Sognare… Viaggiare…. Già dall’intreccio tra chitarra e piano iniziale si percepisce l’anima più dolce e intima di questo episodio. Anche il testo più “riservato” ne accentua la sensazione (“[…] Ho avuto il tempo per riflettere / ma il tempo non ha pensato a me / o forse sono stato io a volere / che i giorni passassero così veloci / e così lontano da te / È inutile pensare / che l’amicizia possa colmare / i sentimenti che solo l’amore può dare […]”). Solo ai quattro minuti (e poi sul finire), i Bornidol provano a dare un “tono” diverso al brano, ma la voce riprende ben presto la “via”.
Prologo è il brano di Gatti. Una grande prova di forza per il tastierista dei Bornidol. L’atmosfera antitetica iniziale, tra il solenne e l’acido, lancia una fuga sontuosa. Nelle sue mani settantiane s’incontrano Tony Pagliuca e Rick Van Der Linden.
Un clima un po’ più fosco rispetto ai brani precedenti ammanta La tempesta, brano in cui la band riprende ad attaccare. Dai vocalizzi scuri ai colpi sordi di batteria, passando dagli inserti spinti di chitarra e tastiera conditi poi dal canto irruento di Gatti, tutto è ben costruito. Anche i soliloqui di Colosio e Gatti seguono le linee guida “cattive” del brano.
Dopo un arpeggio leggero, sale in cattedra Gatti: è la sua voce a “dettare i tempi” ne I banchettatori di corte. Gli alti e bassi ritmici, sempre corposi e ben strutturati, seguono come un’ombra i mutamenti d’intensità di Gatti (ma anche una lettura “inversa”, con la voce che si plasma seguendo la sostanziosa struttura, è ben accetta!). Da segnalare l’ottima prova delle ritmiche di Garletti e Fregoni, e con loro, non nuovo, Gatti alle tastiere. La voce filtrata poco dopo i quattro minuti ricorda il Piero Pelù dei tempi d’oro litfibiani. Il testo del brano, che si può inserire in un ideale trittico “nero” con War e la successiva Demoni, è molto diretto ed esplicito: […] Civiltà sommersa in un pugno di sabbia / odori distrutti da mani corrotte / vittorie comprate al prezzo dell’anima / gioie d’inganno ai venditori di schiavi / Scava dentro di te, armati d’amore / sconfiggi i giullari della morte / Si nutron di sogni, vendono la vita / di chi piange, piange sudore / Banchettano la morte dei tuoi sogni / Banchettano la morte delle tue speranze / Scatole vuote incutono terrore / Facce di plastica insegnano a vivere / Giullari di corte ingannano i popoli […]. E la foto del booklet con i potenti della Terra intorno ad un tavolo certifica, qualora ce ne fosse ancora bisogno, chi siano i destinatari di tali invettive.
Demoni. Si chiude col botto. I Bornidol offrono l’ultima “scarica di violenza”. Bastano i primi rapidi secondi a far comprendere il tutto, sviluppato poi sulle cavalcate di batteria, basso e tastiere e gli interventi ruvidi di chitarra. Durezza che si ritrova anche nel testo: Terra bruciata / lingua biforcuta / corre veloce / sopra nuvole e città / Distruzione e morte / l’alba è lontana / la fine arriverà / Siamo demoni che distruggono / e le fauci si aprono / cadere verso l’infinito / e le ali si infuocano / Occhi per guardare / artigli per strappare / giovani vite senza pietà […] / Povertà…Fame…Ricchezza… / Dio denaro infangato da religione / Devastare popolazioni / prosciugare generazioni / falsi profeti sotto la stessa fede / controllo mentale, vita multimediale. Gran finale.
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