Chiummento Francesco – Delirio

FRANCESCO CHIUMMENTO

Delirio (2016)

Autoproduzione

Delirio è quello che vedo intorno a me. Persone che spesso odiano il diverso, chi li mette davanti alle proprie responsabilità. Ormai la natura ci manda dei chiari segnali, a volte premonitori. I politici, giovani e vecchi, rifatti nell’aspetto, sono troppo pieni di sé e vuoti dentro. C’è chi si rifugia nella fede, sicuro che il suo “sacrificio” gli assicurerà un posto in paradiso. C’è chi invece non parla, si muove, agisce secondo degli ideali e aiuta senza pretendere un ritorno. Dedico questo disco a quelle persone. Quelle che non ci stanno e vogliono lottare.

Con queste parole, chiare e semplici, Francesco Chiummento ci accoglie nel suo nuovo lavoro, Delirio, e lancia sin da subito il suo “allarme”. E sono i suoi testi l’elemento cardine di Delirio, versi cantati, urlati, accarezzati o “violentati”, nelle sue parole c’è lo sfogo di un uomo che guarda in faccia la triste realtà ma c’è anche l’amore verso la natura che ci circonda e che ci mostra una possibile via d’uscita.

Altra caratteristica fondamentale di Delirio, legata indissolubilmente ai testi, è la voce di Chiummento, una voce molto particolare, di quelle che, già dal primo ascolto, o la si ama o non la si ama, e il suo uso, a volte estremizzato sino alla sperimentazione, che ne fa un vero e proprio strumento.

Nutrito e di qualità il gruppo di collaboratori chiamato a confezionare il “vestito” per le parole di Francesco. Innanzitutto, a mettere il proprio zampino in tutti i brani troviamo Paolo Ricca (tastiere, programmazione, direzione artistica) e Riccardo Moffa (chitarre), poi hanno contribuito alla realizzazione dell’album anche Danilo Pala (sax in Delirio), Lautaro Acosta (violino in Vorrei un domani), Marco Roagna (chitarra in Il bilancio di una vita), Paolo Raineri (tromba in The message is hidden in the wind) e Luca Fusco (voce in The only universe).

Ulteriore tassello del “vestiario” di Delirio è la grafica “sciamanica” e sognante creata da Gaia Chiummento, Gabriele Pellistri e Franco Vassia.

Scoprire. Morbidamente ha inizio Delirio. Le soffici note del piano di Ricca (in seguito mette in campo anche altri “tasti”), avvolgono calorosamente le parole schiette di ChiummentoScoprire / che un nuovo mondo / può anche / non essere tondo […] / Giudicare sommariamente / una musica sconosciuta / e ritrovarsi d’incanto / a ballarla con una donna barbuta […] / Muovere muovere / nervosamente il telecomando / sprecando il proprio tempo / in attesa / in attesa / che il nulla diventi realtà […] / Correre / senza perdere un minuto / cercare di fare più cose possibili / ritrovarsi tutto un tratto vecchi / a sfogliare l’album dei ricordi […]. A donare maggior vitalità e aggiungere intensità al quadro ci pensano le gradevoli chitarre di Moffa che ben s’inseriscono nel “discorso” del duo Chiummento/Ricca.

Si cambia passo con Vorrei un domani. Dopo un breve omaggio a “La canzone della terra” di Lucio Battisti, con le percussioni secche e il canto “urlato”, il brano prende il volo. Guizzante e fresco l’ordito eseguito da Ricca e Moffa, con i pregevoli inserti di violino eseguiti da Acosta. La vitalità di quest’ultimo, un “novello” Giusto Pio, impreziosisce notevolmente la composizione su cui si sviluppano i versi di Francesco dedicati alla città di Torino: […] Camminare per Torino / è un viaggio nella storia / forse è un miracolo / se esistono ancora / tutti quei monumenti / reduci da troppi avvenimenti […].

Il dinamismo mostrato nel brano precedente prosegue con Perso tra i monti. Le ritmiche piuttosto pulsanti e precise impongono le giuste “misure” in cui si svolgono le fitte trame chitarristiche di Moffa e il canto sofferto di Chiummento.

Emotivamente carica Il bilancio di una vita. Passionale e tormentato il canto di Francesco, che a tratti ricorda la timbrica di Robert Smith dei The Cure, mentre nelle sue parole scorre “il bilancio di una vita”: Mani che mischiano le carte / una vita persa tra fumo e arte […] / Bianchi capelli oscurano il viso / dimenticato ormai il sorriso […] / Accetta la vita e sbatti la testa / non è nell’oblio / che rialzi la cresta […] Non so quale sia la mia essenza / non so quale sia il mio domani / non so se il mio fisico sia eterno / non so cosa sia l’amicizia […]. Questa “sofferenza” di fondo la si percepisce ottimamente anche nelle note graffiate della chitarra di Roagna (Arti & Mestieri) e nel “ticchettante” piano di Ricca.

Un’atmosfera contrastante, rispetto al brano precedente, la si respira in Delirio. Il primo elemento che si coglie è una sorta di spensieratezza di facciata, il testo, invece, è tutt’altro che “leggero”. Infatti, sostenuto da un substrato sonoro frizzante e ben orchestrato, troviamo lo sfogo di ChiummentoDelirio, delirio / sogno o son desto / Lo dico a voi / che gestite il potere / con voi deve essere duro / Lo so sarà difficile / abbatter quel muro […] / Mordon meno i denti dei caimani / La politica è il regno / delle false illusioni / son brutti e puzzolenti / i colori dei vostri denari / sono il frutto dei vostri raggiri / voi per scelta siete lontani / dai problemi reali […]. La particolare modulazione vocale, inoltre, porta la voce ad essere quasi uno strumento aggiuntivo che si tuffa nel mare sonoro per poi riemergere prendendo il largo. Riposta la sua “arma”, Francesco lascia “carta bianca” al sax di Pala, alle tastiere di Ricca e alla chitarra di Moffa: tre minuti vorticosi e policromi.

L’anima più visionaria e psichedelica di Francesco Chiummento emerge con la lunga The message is hidden in the wind. Nelle prime battute siamo accolti dagli “scherzi vocali” di Chiummento (torneranno a più riprese nel corso del brano) sistemati su di un sound orientalizzante (Ah, l’Oriente / lui mi catturava la mente / adesso è il mio presente). Ecco che il clima, col trascorrere dei secondi, si fa più dilatato e magnetico, un po’ floydiano, giungendo all’atmosfera “accogliente” dovuta all’ingresso della tromba di Raineri e ai mutevoli tappeti di Ricca. Distante dal suo essere aggressivo ed “estremo” come nei Junkfood e/o KoMaRa, dall’essere visionario del progetto Ko-Ra o dell’essere effervescente come con gli Ottone Pesante (solo alcuni dei suoi progetti), Raineri mostra una nuova faccia del suo essere camaleontico, quella più “pacata” e avvolgente. Il lungo assolo di Moffa “spezza” per qualche minuto l’incantesimo, prima di ripiombare nel “sogno”.

Prosegue il viaggio “lisergico” con Viaggio a Giakarta. Intrigante il quadro atmosferico realizzato dalle eteree tastiere di Ricca e la “diluita” chitarra di Moffa, tutto molto avviluppante ed eighties. La voce di Chiummento si pone in netto contrasto con il clima creato dai due compagni, si fa “spigolosa” e sempre più sperimentale, in alcuni frangenti si spinge sino ad avvicinarsi all’Alan Sorrenti di “Aria”.

La riviere se deplace. Si torna ad accelerare un po’ con l’ottava traccia di Delirio. Anche in questo caso si scorge un elemento “doloroso” dominante che affiora sia dalle note di Ricca e Moffa sia nel canto e nelle parole di ChiummentoQuesto suono incessante / di campane a morto / mi rende il fiato corto / devo pagare qualche torto / a chi… a chi… […] / La natura è sicura / che il tempo deciderà / quanto tempo ci resterà / e il nostro dolore / non si udirà mai… mai […].

Piuttosto vivace l’andatura di Io e lo sciamano. Il tracciato segnato dalle ritmiche è ben valorizzato dalle continue variazioni “effettistiche” di Ricca e dall’incisiva chitarra di Moffa. E nelle parole di Francesco un monito ai giovani d’oggi: Inarrestabile continua / i suoi movimenti / la ruota del tempo / tu vorresti fermarla / troppo spesso / ti guardi allo specchio / non vorresti mai diventare vecchio / Non puoi evitare il tuo destino / allora accetta di bere questo vino / Vedo in tanti giovani / un delirio di onnipotenza / Forse l’essere più maturo / mi ha portato / ad essere meno duro / I giovani non guardan al futuro / Li vedo in balia dei loro desideri / così non saranno mai veri / Sfuggire le proprie responsabilità / è un atto di grande viltà […].

Con The only universe Chiummento si “mette da parte” lasciando spazio alla voce di Luca Fusco (Kid in Peace). Il brano si sviluppa su corde tipiche del pop rock, un po’ melodico, un po’ aggressivo, in stile Dhamm. Ricca e Moffa, anche in questo caso, riescono a calarsi bene nella parte, aggiungendo piccoli particolari (vedi i soliloqui) che arricchiscono il tutto.

L’album si chiude con Solo i fiori, l’unica cover dell’album (brano di Marco Ruberto). I primi sereni minuti, grazie alle soluzioni di Moffa e Ricca, si muovono musicalmente tra western e new wave alla Litifba, mentre la voce di Francesco naviga tranquilla e quieta, diversamente da quanto fatto in tutti i brani precedenti. Le scoppiettanti chitarre di Moffa poste in coda chiudono il lavoro di un uomo e un artista che ha il coraggio di mettersi in gioco.

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