More Than Alive (2016)
Autoproduzione
Tra le giovani band italiane che si affacciano in punta di piedi al mondo del progressive rock, strizzando un occhio al presente e, soprattutto, uno al passato, troviamo gli Elevate. Andrea Albano (chitarra), Davide De Faveri (voce), Samuele Tacchini (tastiere), Sebastiano Da Re (basso) e Francesco Bressan (batteria), cinque ragazzi del bellunese che hanno esordito nel 2016 con l’EP More Than Alive.
Dopo aver vinto il contest Drunky Monkey Festival, e con esso la registrazione di due brani in studio, e aver “puntato forte” sulle proprie capacità, la band ha deciso di raddoppiare quel premio registrando ulteriori due pezzi. Ecco allora materializzarsi More Than Alive, un lavoro in cui l’hard rock caro a band quali Deep Purple, Lucifer’s Friend e Toad, s’intreccia alle soluzioni avvolgenti e non “invasive” dei Pink Floyd, un interessante flusso sonoro in cui l’Hammond e le distorsioni graffianti ben si amalgamano a frangenti più “intimi”.
E nei testi, influenzati secondo loro stessa ammissione da Steven Wilson e Tool, gli Elevate condannano l’alienazione e la mediocrità di cui siamo vittime nella società contemporanea, ribadendolo anche nell’immagine “televisiva” della cover realizzata da eeviac.
L’EP ha inizio con la cavalcata di puro hard rock Proud of me. È l’organo di John Lord-Tacchini a suonare la carica, mentre il duo ritmico decolla trascinando con sé l’ispirata e ben “immersa” voce di De Faveri e la tagliente chitarra di Albano che, dopo una leggera “flessione” del flusso compatto del quintetto, prende in mano il brano con un solo alla Vittorio “Vic” Vergeat.
La lunga e composita Autostop si apre con brevi echi lontani che introducono una ballad caratterizzata da un’andatura che si muove tra Lou Reed e i Pink Floyd, arricchita da inserti di organo che donano un colore particolare. L’episodio acquista in slancio poco oltre i tre minuti grazie alle sferzate di Albano, prima di cadere in un “sonno” in cui le minimali note di Tacchini richiamano alcune soluzioni utilizzate da Umberto Maria Giardini, mentre De Faveri ripete come un mantra “Don’t you need a ride…?”. La “sveglia” deepurpleiana suona oltre la metà del percorso, con forti sfumature che riportano in gioco anche le doppia influenza citata in apertura brano, e così si veleggia sino alla conclusione.
L’interessante crescendo di Anchor Head, aperto e condotto dal basso di Da Re, fa da apripista ad un’atmosfera fluida in cui si riassapora anche quell’essenza floydiana cara al gruppo. Folate hard intervallano il costante flusso “liquido” prima di un’accelerazione aggressiva e del dolce finale.
Anche nell’avvio di More Than Alive aleggia lo spettro di Waters & Co., in quel clima diluito ed avviluppante ben reso dagli Elevate, abili nel dosare gli strumenti senza esagerare. All’improvviso l’“anima Lucifer’s Friend” prende il sopravvento: ha così inizio una rapida corsa ben sostenuta dal duo ritmico, una solida base per le notevoli evoluzioni di Tacchini e Albano. In questi ultimi minuti viene fuori tutta la grinta e la passione della band bellunese.
Un EP che è un ottimo punto di partenza per dei ragazzi che hanno idee. Li attendiamo con piacere al prossimo “step”.
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