Antropofagia (1977)
Cramps
Nel 1977 la casa discografica Cramps, la quale nel 1975 diede vita a una serie di album intitolata DIVerso (dedicata alle più “significative intelligenze esecutive” internazionali per la ricerca di una diversa sonorità nell’ambito musicale e strumentale), pubblica il settimo lavoro della serie, un album realizzato da Patrizio Fariselli, membro storico di una delle band prog leggendarie a livello internazionale: gli Area.
In un’intervista rilasciata in quel periodo Fariselli e Stratos motivano le loro ricerche musicali, parallele al progetto Area, ammettendo la difficoltà di portare avanti, sul lato economico, il lavoro di artista facendo esclusivamente affidamento sugli introiti provenienti da concerti (realizzati esclusivamente in estate) e dischi, il che obbliga il musicista a fare “altro”. Nel caso specifico di Fariselli con “altro” s’intende una ricerca su una diversa gestione dell’improvvisazione.
Il risultato di queste ricerche porta ad Antropofagia, un lavoro in cui l’improvvisazione è vissuta in modo “coprofagico” inteso come momento di consapevolezza necessario per sfuggire agli “archetipi culturali che la società ci costruisce addosso”. È il pianoforte il protagonista assoluto dell’opera, non un semplice piano su cui eseguire esercizi di stile per far emergere la propria bravura, ma un piano “maltrattato”, un piano rivoltato come un calzino. È geniale l’utilizzo del piano preparato con ogni sorta di oggetto, dai chiodi ai sassi, passando per le bistecche, i quali restituiscono suoni che mai ci si aspetterebbe da tale strumento.
Di certo Fariselli, concettualmente, deve qualcosa a John Cage e alle sue sperimentazioni, ma senza dubbio riesce a raggiungere livelli che non hanno nulla da invidiare al compositore statunitense.
L’analisi dei singoli brani sarà introdotta dalle parole utilizzate dall’artista stesso nel presentarli: le informazioni non hanno lo scopo di rendere univoci i criteri di lettura di questo lavoro bensì sintonizzano semplicemente il modo di procedere, almeno per ora, nei confronti della musica e in particolare della musica per pianoforte.
Roastbeef adopera armonici di chitarra a 12 corde e pianoforte preparato con chiodi, viti, mollette di legno, carta, sassi, catene, elastici di gomma, un rotolo di cotone idrofilo e una bistecca di manzo.
Cos’altro aggiungere? Queste due righe parlano da sole, ma proveremo comunque a dare la nostra visione. È una partenza che di certo spiazza l’ascoltatore meno avvezzo alla musica sperimentale ed anche quello abituato alle opere d’arte degli Area. È una raffica di “rumori” (leggi “suoni poco ortodossi”) quello che colpisce l’uditore nei sei minuti del brano. Senza l’input descrittivo di Fariselli difficilmente si crederebbe che quei suoni provengano da un piano. Il solo pensare di utilizzare in un brano un pianoforte preparato con elementi quali sassi, catene e una bistecca di manzo (!!!) fa del suo ideatore ed esecutore un genio. Roba da far impallidire John Cage. Questo è l’unico brano in cui Fariselli si avvale di un collaboratore, il chitarrista Marzio Zoffoli.
Scorie è un modo d’uso, come altri possibili, delle 32 note che Ludwig Van Beethoven non ha ritenuto necessario usare per la famosa composizione “Für Elise”.
Il titolo Scorie è quindi da intendersi come residui, scarti, cioè proprio le note “scartate” dal grande compositore tedesco per la sua composizione, e l’uso fatto da Fariselli si piazza agli antipodi rispetto all’opera di Beethoven, ma raggiunge certamente il suo intento artistico-provocatorio: realizzare un’opera utilizzando rifiuti (nel nostro caso non fisici), così come avviene oggi in molti campi dell’arte.
46 Re-blocks. I Re-blocks sono impatti di accordi registrati e lasciati risuonare nei due sensi del nastro magnetico in modo che di ognuno di loro si abbia una percezione speculare. Il caso ha fatto si che in questo lavoro ne siano stati usati 46.
Circa sei minuti tinti di minimalismo quasi estraniante ed ipnotico in cui possiamo trovare dei rimandi a brani quali “Zâ”, “L’Egitto prima delle sabbie” o “Sud afternoon”, creati da Franco Battiato negli stessi anni.
In-side-out-side. L’improvvisazione di In-side-out-side si rifà direttamente alla dinamica del respiro negli attimi antecedenti l’eiaculazione. “E questo respiro va localizzato, va suddiviso in stadi che combinino contrazione e decontrazione” (A. Artaud). L’esecuzione si basa sul progressivo e meccanico aumento della pressione delle dita sui tasti; da zero (l’unico suono udibile è il rumore delle dita sui tasti) ad una intensità di fortissimo (momento in cui l’intenzione progettuale si realizza). Il processo si ripete al contrario verso il silenzio. Alla meccanicità dell’esecuzione si contrappone la fisicità dell’improvvisazione. Lo scompenso tra le due indicazioni progettuali si cristallizza nell’anfibolia di quegli eventi sonori emergenti casualmente sia all’inizio che alla fine del brano.
Come ben descritto dallo stesso Fariselli, l’opera è la perfetta trasposizione in musica della quota maschile di un amplesso. Siamo guidati attraverso l’inizialmente lenta ma incessante e poi sempre più furente “attività amatoria” (in cui può anche essere letta la “fusione” tra i due amanti), ben descritta dalle note, sulle prime sporadiche e sussurrate, poi sempre più nette e rabbiose, sino a raggiungere l’acme, il momento del piacere massimo, in cui l’artista dà il meglio di sé eseguendo un numero incredibile di note. L’ultima parte del brano vede il rilassamento dell’uomo, successivo alla fatica, e la silenziosa dolcezza che segue il rapporto amoroso. Anche in questo caso John Cage si alzerebbe in piedi ad applaudire.
Lenny Tristano. Tre cose mi colpirono ascoltando per la prima volta un disco di Lenny Tristano: l’uso prevalente della sola mano destra (soprattutto nei brani veloci), il tocco estremamente fluido ed incisivo e, durante l’improvvisazione, l’uso prevalente del registro medio-basso e basso del pianoforte. In Lenny Tristano questi tre elementi sono lo stimolo determinante l’improvvisazione.
Un po’ come fatto nel segmento più vigoroso del brano precedente, Fariselli, in Lenny Tristano, si lancia in un turbine di note che, non di rado, ha un sentore jazz. L’utilizzo del registro medio-basso e basso del pianoforte restituisce una musica più intensa e corposa. Sin dalle prime note si ha la sensazione di libertà provata dall’artista nel realizzare questo brano in particolare (e l’album in generale).
Antropofagia. Per Antropofagia ho usato due frammenti di “Pour en finir avec le jugement de dieu”, registrazione effettuata nel gennaio 1948 da Antonin Artaud per una emissione radiofonica mai avvenuta grazie a una censura che scandalizzò la Francia di allora. Antropofagia (o coprofagia) significa torturare lo Steinway (preparato con viti, pezzi di legno, plastica, metallo, carta e grattato sulle corde con sassi) non per scoprirne la grazia sonora orientaleggiante, ma immaginarlo volare dal 9° piano in testa ai faraoni della cultura per ritrovarne la “bellezza del suono”.
L’apertura del brano è affidata alla voce rauca e “diabolica” di Artaud e al primo dei due frammenti della sua opera (il secondo lo troviamo dopo i quattro minuti). Il testo di “Pour en finir avec le jugement de dieu” fu commissionato dalla stessa Radio Nazionale Francese che poi lo censurò per il suo tono crudo ed oltraggioso. Nel frattempo, concettualmente sulla falsariga di Roastbeef, ma con un risultato diverso, troviamo il piano preparato che copre tutti gli oltre undici minuti del brano. Tra i suoni che emana ci sembra di scorgere anche delle campane e un sound che sa di tribale.
Le note dell’album si chiudono con un aforisma di A. Jarry ricco di significato: “Cornegidouille!! Non avremo demolito niente fin quando non avremo demolito anche le rovine!“.
Un lavoro di certo ostico ma profondo. Fariselli ci mostra un’altra faccia della musica, quella buia, nascosta, che grazie alla sua genialità s’illumina restando, però, irraggiungibile per molti.
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