GARYBALDI
Storie di un’altra città (2016)
AMS Records
Chi pensava, o sperava, che nel giro di pochi anni di questa seconda decade del nuovo millennio sarebbe riuscito ad ascoltare nuovamente non solo una, ma entrambe le creature di Pier Nicolò “Bambi” Fossati, Maurizio Cassinelli, Angelo Traverso e Lio Marchi? Forse in pochi… o forse in tanti. Non è dato saperlo e poco cambierebbe conoscere il dato numerico. Fatto sta che il “miracolo” è avvenuto e, dopo i Gleemen con “Oltre…lontano, lontano” (2013), ecco il grande ritorno dei Garybaldi con Storie di un’altra città.
Promotore di questa iniziativa è ancora Cassinelli (batteria, percussioni, voce) che, dopo aver “riportato in vita”, insieme a Fossati e Traverso, i Gleemen, non domo, ha concesso il bis. Ad assisterlo in questa nuova-vecchia avventura troviamo Jon Morra (tastiere, voce), Alessandro Paolini (basso, contrabbasso), Davide Faccioli (chitarre) e Marco Beggi (batteria). E non solo, ecco comparire tra le note dell’album anche una nutrita schiera di amici-collaboratori: innanzitutto “Bambi” Fossati (chitarra e voce in Vicino in un momento) e poi David Jackson (sax e flauto in William Fix), Angelo Traverso (basso in Il vento cambia strada), Fabrizio Nuovibri (basso in La gente sola e Vicino in un momento), Stefano Cabrera (violoncello in La gente sola e Il vento cambia strada), Roberto Piga (violino in Città di Blà, La gente sola e Il vento cambia strada), Maurizio Less (viola da gamba in Nove.2), Franco “Fisher” Sandi (voce in Nove.2), Matteo Rabolini (percussioni in Città di Blà), Margherita Sandi (fagotto in William Fix), Luca Dondero (corno francese in William Fix), Santiago Fracassi (chitarra ritmica in Vicino in un momento). Inoltre, Alessandro Paolini ha curato gli arrangiamenti d’archi in Il vento cambia strada e La gente sola e l’arrangiamento dei fiati in William Fix mentre Jon Morra ha realizzato l’arrangiamento d’archi in Città di Blà.
Cambiano, dunque, gli interpreti ma l’“idea Garybaldi” non muta ed ecco allora incontrarsi situazioni hard con la melodia, la rapidità e la fluidità esecutiva con la poesia, tutto arricchito da ambientazioni sinfoniche, in cui gli archi emanano forti sensazioni, e testi che fanno riflettere.
E sulla scia del capolavoro grafico di “Nuda”, creato da Guido Crepax, i Garybaldi “insistono” ancora sulla parte grafica. Questa volta tocca a Pietro Spica rendere per immagini le note della band e lo fa alla grande. Il suo artwork “incantato” e fiabesco illustra come meglio non si potrebbe l’opera grazie ad immagini particolari e vivaci che accompagnano non solo la “fodera” fisica del disco ma anche ogni singolo brano.
Sulla strada. Si parte immediatamente forte con suoni saettanti ed elettrizzanti: ecco i Garybaldi. Fin da subito Davide Faccioli lascia intendere che nelle sue dita c’è il giusto rispetto per “Bambi” Fossati ma anche un gran tocco personale, mentre Maurizio Cassinelli alla voce fa da “padre-maestro” insegnando la “via garybaldiana” ai nuovi. Ed ecco poi scorrere momenti più cadenzati, forti vibrazioni d’organo, assoli emozionanti, riprese guizzanti. Un miglior avvio non si poteva chiedere. Non è più rimasto niente / a mostrarci dove sta la via /a insegnarci come respirare, / è questione di velocità / […] Per strada incontro i resti di noi, / fermi lì ad aspettare giorni migliori.
Con Città di Blà fuoriesce l’anima Gleemen di Cassinelli (e soci). Con un’andatura piuttosto canzonatoria ma per nulla semplice, le voci ci conducono verso la città di Blà (Mentre camminavo su un sentiero strano / trovo la città di Blà / Vedo un tipo strano con lo scettro in mano, / chiedo cosa mai farà. / Con un bel sorriso dice: “Sono il mago, / curo tutta la città”. / Come per incanto salto con tre balzi / dentro la città di Blà. / Trovo tante cose, gente che sorride / e dice “Viva il re di Blà”). Molto soave, poi, l’intermezzo “cortigiano” di archi da cui emerge il carezzevole violino di Roberto Piga.
Corpo e luce: con queste caratteristiche si presenta William Fix. Da questa doppia essenza dal tocco sinfonico si stacca gradualmente la chitarra di Faccioli modificando il clima, rendendolo più duro, seguito a ruota dai compagni e dalla eccezionale sezione di fiati arrangiata, come detto in precedenza, da Alessandro Paolini e che vede David Jackson (sax e flauto), Margherita Sandi (fagotto) e Luca Dondero (corno francese). Altro netto cambio con l’ingresso in campo della voce di Cassinelli, adagiata su una base fresca e “spensierata”, dove tornano ancora sentori di Gleemen. Ed ecco scorrere tra le sue parole la figura di William Fix, domatore di cavalli orfano. Largo poi alla follia, fiati in primis, alla Picchio dal Pozzo, prima del dolce frammento che avvolge il commovente canto di Morra e il denso finale.
Verso terra. Dopo un breve avvio che strizza l’occhio alla psichedelia, il brano viaggia su corde tipicamente rock, con interessanti interventi di tastiera che “spezzano” il flusso chitarristico e il ritmo sostenuto che la guida. Particolare il frammento con i suoni di batteria ovattati.
Pura poesia newtrollsiana (con un pizzico di Dik Dik) nei primi minuti de La gente sola, con gli archi di Stefano Cabrera (violoncello) e Roberto Piga (violino) e il piano di Jon Morra che ricamano trame dolci e malinconiche che ben s’adattano alle voci degli stessi Morra e Cassinelli. Prova a pensare alla gente sola, / a una sfida che non c’è più. / Prova a pensare a una stanza vuota / da riempire con la TV / e a una scala in fondo al mare / che non sai dove ti porterà, / tanto tempo per pensare / a luoghi, cose e persone che / hai amato e non sai perché. / Ma la strada non finisce certo qui. / Fuori, fuori è un altro giorno / e la noia / dovrà pur finire, / dovrò pure, prima o poi…. Lo stato d’animo di fondo non muta neanche quando la scena passa nelle mani di Faccioli. Emozione pura.
Ancor più intenso dell’avvio dell’episodio precedente è l’intro toccante di Vicino in un momento, brano scritto da Fossati nel 2004 e mai pubblicato. Poi subentra un buon dinamismo, con il tragitto sonoro che vede come “capofila” la chitarra del grande “Bambi” ben sorretta dalla coppia Cassinelli/Nuovibri. Tutto un po’ Lou Reed. E il testo, nella sua semplicità, è di quelli che restituiscono un brivido: Lontani nel tempo, / vicini in un momento. / Un volto sfumato / di chi se n’è andato./ Ma tutto resta e non muore, / scolpito nel vento / che non può dimenticare. / E quando ti svegli / con gli occhi bagnati / e non ti ricordi / se è ieri o domani, / a volte la forza della memoria / ti aiuta a trovare / quel che hai perduto.
Nove.1. La prima parte di Nove, una sorta di intro strumentale di questa breve suite tripartita, spara in faccia suoni netti e sostanziosi: dai ruvidi interventi di basso ai virtuosismi di chitarra, dal metronomo delle pelli alle fintamente “timide” tastiere, tutto è ben coordinato. E sul finire la palla passa alla chitarra acustica di Faccioli che introduce il secondo movimento (Nove.2) e la filastrocca dedicata al numero Nove, cantata da Cassinelli e dall’ospite Franco “Fisher” Sandi, con il suo sottofondo un po’ irrequieto (in cui si distingue, tra gli altri, la viola da gamba dell’altro ospite Maurizio Less) che esplode poco oltre. 9 vie che portano al cielo / 9 incontri che fanno cambiare una vita / 9 navi sul molo / 9 chiavi che aprono le porte dei sogni / 9 lune nell’universo / 9 letti per riposare un po’ / 9 scarpe per camminare / 9 mesi per aspettare il futuro […]. Spazio poi al synth seventies di Morra e ai mutamenti sonori che accompagnano gli ultimi “9”. La terza parte (Nove.3) si spinge verso l’elettronica “siderale” e lo smarrimento prima di regolarizzarsi creando il nuovo terreno su cui Faccioli può volare liberamente in compagnia di Morra.
L’avvio un po’ inquietante, di indole quasi bartoccettiana, svia fortemente dall’anima malinconica de Il vento cambia strada, episodio che chiude Storie di un’altra città. Molto tenero l’arpeggio di Faccioli che avvolge il dolce canto di Cassinelli mentre, a seguire, gli interventi sostanziosi del duo d’archi Stefano Cabrera (violoncello)/Roberto Piga (violino) accentuano di gran lunga l’umore di fondo donando un suggestivo tocco classicheggiante. Sul finire anche tastiera e chitarra distorta leggono a loro modo il tema chiudendo sinfonicamente l’album. Da segnalare, infine, il gran lavoro svolto nelle retrovie dall’illustre ospite Angelo Traverso al basso.
Nessun revival settantiano ma un Opera, con la “O” maiuscola, di un gruppo di artisti che, guidati da un “grande saggio” come Cassinelli, ha saputo attualizzare un sound e un nome che in quel gran decennio ha fatto scuola.
I sogni più belli sono quelli che NON si avverano.
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