Riflessi e Maschere (2019)
Autoproduzione / Black Widow Records
Con uno spirito che proviene direttamente dagli anni ’70 e una volontà e un approccio attuale, ecco giungere l’esordio discografico dei Macchina Pneumatica: Riflessi e Maschere.
Ma chi si nasconde dietro questo nome tipicamente progressivo? Raffaele Gigliotti (voce, chitarre), Carlo Fiore (synth, hammond, piano elettrico, cori), Carlo Giustiniani (basso, cori) ed Enzo Vitagliano (batteria in Sopravvivo per me, mentre negli altri brani c’è la presenza del precedente batterista Michel Nesti).
Sono sei i capitoli che formano Riflessi e Maschere, sei episodi corposi, carichi di armonie dense, possenti e drammatiche, con Fiore (e le sue tastiere) spesso primus inter pares, una rispettabile macchina ritmica sullo sfondo e una voce davvero particolare. I Macchina Pneumatica sono prog e hard rock, sono psichedelici e jazz-rock, ma sanno anche essere romantici e teatrali. E dietro quel titolo, e attraverso i testi di Fiore e Gigliotti, lanciano una critica al mondo contemporaneo fatto di “umanità anestetizzata” ed “esempi da non seguire”.
Vanilla Fudge, Blue Phantom e Iron Butterfly: il “passo a due” hammond-batteria che ci introduce in Gli abitanti del pianeta, una sorta di miscela estratta dalle tre storiche band menzionate, è solo il primo input di un brano (e un album) che si rivelerà intrigante e sfaccettato. E poi c’è anche la voce di Gigliotti che proviene direttamente dai ’70, con quel suo peculiare timbro camaleontico e quelle “asperità” che ne accrescono il fascino, e che s’inserisce in un ampio ventaglio di riferimenti, da Fabio Celi a Ricky Belloni passando per Ugo Ponticiello e altri ancora. E anche quel “calo di tensione” alla Metamorfosi, con una drammaticità costruita sul doppio binario voce-suoni, e quella ripresa dinamica guidata dalle tastiere evocative e avvolgenti di Fiore, con un gran lavoro delle ritmiche nelle retrovie, sino al piano nocenziano posto sul finire fanno del brano d’apertura un ottimo biglietto da visita. […] Elargite anestetico all’umanità! / Gli abitanti del pianeta / sono macchine speciali / costruite da qualcuno / per distruggersi tra loro […].
[…] È un tipo quadrato / Persegue obiettivi / Accomodato / nel solco scavato / Lui non tentenna / Percorso segnato / E io / mai perfettamente stirato / ti chiedo / non cambiare! / Tu sei il mio esempio, tu sei il mio esempio / da non seguire […]. Quadrato. L’andatura beffarda che troviamo nella prima parte del brano è ottimamente “distrutta” dalle caustiche e granitiche soluzioni alla Spettri, con venature alla Fabio Celi e gli Infermieri, che vedono nelle dita di Fiore la guida massima (queste ultime prenderanno, in seguito, pieno possesso di tutto l’episodio).
L’avvio di Come me è di quelli poetici, col piano di Fiore in primo piano che delicatamente accarezza il canto di Gigliotti. Dietro, però, la coppia Nesti/Giustiniani tiene alti i giri riuscendo a non invadere lo spazio dei due. Poi tutto cresce di volume, le soluzioni si fanno più articolate e scure e torna qualche lampo alla Spitaleri & Co..
Molto compatta Avvoltoi, con il solito gran lavoro descrittivo delle tastiere e delle ritmiche e con la voce di Gigliotti sempre intensa e drammatica che s’incastra alla perfezione con lo strato musicale: Non c’è il tempo di decidere / se restare o andare via / Prendi tutto quel che c’è / Salta e corri più che puoi / Solo chi si salverà / potrà dire cosa c’è / Forse un giorno capirà / che tutto in fondo era crollato già […]. Qui e là i Macchina Pneumatica posizionano tocchi briosi e “spensierati” alla Garybaldi di “Storie di un’altra città” mentre poi, a metà percorso, la “grattata” distorta di Gigliotti lancia il finale luminoso in stile Le Orme.
Botta elettrica e massiccia dritta in pieno viso i primi minuti di Sopravvivo per me, un lavoro corale degno di nota con tasti, pelli, corde e voce che si fondono tra loro facendo propri insegnamenti di band quali Deep Purple, L’Uovo di Colombo e Spettri (tra gli altri). A seguire alcuni colori mutano, con la chitarra di Gigliotti e le tastiere di Fiore che si avvinghiano tra loro e con un enorme lavoro ritmico di Giustiniani al basso e Vitagliano alla batteria a caratterizzare la lunga coda.
Macchina Pneumatica. Le numerose sfumature corvine che riempiono fino all’orlo la prima parte del “contenitore” strumentale che chiude l’album, tutte pienamente seventies e fieramente italiche, sono di quelle che non si possono non apprezzare. Poi l’angelico piano di Fiore dà il via ad una nuova idea che trova manforte in batteria e basso e nelle ruvide ma non sovrastanti pennellate di chitarra e organo. A seguire, e manca ancora tanto al traguardo, un’anima jazz-rock s’impossessa del quartetto sino a concedere a Gigliotti lo spazio adatto per le sue sferzate elettriche. E poi? E poi ancora tanto prog, di quello genuino, viscerale, settantiano: il perfetto finale per quello che è un grandioso tuffo nel passato e una riuscita opera prima.
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