Ra Me Nivar (2014)
Autoproduzione
La provincia di Salerno continua a regalare gradevoli sorprese. Dopo l’interessantissimo disco d’esordio dei Camera Chiara ecco “irrompere” sulle scene il quartetto dei Möbius Project. Sono Tony Guerrieri (basso), Massimiliano Amato (chitarre, voce), Lucio Filizola (chitarre, voce, tastiere, sitar) e Francesco Magaldi (batteria, percussioni) gli autori di Ra Me Nivar, loro album d’esordio.
La band prende “in prestito” il nome dell’astronomo e matematico tedesco August Ferdinand Möbius, teorizzatore del Nastro di Möbius, una particolare figura topologica non orientabile realizzata congiungendo tra di loro i due lati corti di un’ipotetica striscia, dopo averli fatti ruotare di mezzo giro. Essa ha una sola faccia e un solo bordo e la si può percorrere per intero senza mai attraversare il bordo. Per rendere ancor più esplicito il riferimento al Nastro di Möbius eccolo esposto in primo piano, a mo’ d’occhiali, nel singolare artwork creato da Ennio Lanzo.
Così la band motiva la scelta del nome: A condurci alla scelta di questo nome sono stati il discorso matematico legato al solido e la nostra interpretazione concettuale del nastro, più inerente all’esperienza umana, che, astraendo dalla topologia, cerca e “probabilmente” trova un’analogia tra la non orientabilità geometrica (quindi l’inevitabile mutabilità della figura) e la piacevole non costanza del genere umano, sia darwiniana/evolutiva che personale.
Particolare è anche la scelta del titolo dell’album, così spiegato dal quartetto: “Ra Me Nivar” è un’espressione che deriva da un dialetto africano (probabilmente di fantasia) utilizzato da Baricco nel libro “Oceano Mare” e che significa “Uomo che vola”. Questo è il concetto che sta alla base del concepimento della musica e dei testi e che si concretizza attraverso un punto di vista contemplativo e immaginifico degli eventi.
Spirito immaginifico e “volante” che si riscontra nei testi e nelle sonorità, un articolato cammino sonoro che ci accompagna dagli spazi siderali sino in Inghilterra, facendo una sosta in Oriente e attraversando anche il nostro paese. Cinque episodi che spaziano tra i generi creando spesso e volentieri strutture multiformi non prive di fascino, e in cui si riesce a scorgere le influenze “confessate” dalla band: Led Zeppelin, Deep Purple, Beatles, King Crimson, Area, PFM, Banco del Mutuo Soccorso.
Nella registrazione dell’album i Möbius Project si sono avvalsi anche della collaborazione di Brunella Giannì (voce nei brani Entanglementalistically speaking e L’equilibrista) e di Gino D’Ignazio “gizio” (flauto in Scorci di vita sul nastro di Möbius).
L’album si apre con Ra Me Nivar. Dopo un minuto di “viaggio cosmico” ecco che i Möbius Project ci “scaraventano” con forza verso la Terra mostrandoci tutto il loro potenziale: chitarre ruvide e articolate, batteria decisa ed eclettica, basso pulsante e corposo, voce potente e graffiante al momento giusto. Un ottimo mix “sfacciato” che “trasuda” personalità. Anche i momenti funky con cori leggeri e batteria rapida manifestano importanti capacità tecniche. Il tutto impreziosito da un testo particolare. E sul finire un tocco jazz, col piano di Filizola in evidenza, chiude con classe questo primo gustoso episodio.
Con Scorci di vita sul nastro di Möbius ci spostiamo in Oriente. Sono il sitar di Filizola e le percussioni di Magaldi a rendere l’atmosfera sognante e magnetica (oltre all’iniziale vocio “levantino”). Anche la voce si ammorbidisce per adagiarsi sul tessuto sonoro, arricchito poi da chitarra e flauto. Con l’ingresso di quest’ultimo, suonato abilmente dall’ospite Gino D’Ignazio, il brano incrementa la sua “vicinanza concettuale” ai territori battuti dagli Aktuala. Nella seconda parte del brano tutti i protagonisti s’incattiviscono. Interessanti gli orditi chitarristici e il sostanzioso lavoro delle ritmiche. Come in un cerchio (o un nastro di Möbius), il brano si chiude con un ritorno in Oriente. Altra ottima prova.
Partenza solenne, invece, per Entanglementalistically speaking, con l’organo un po’ alla Rick Van Der Linden di Filizola. Poi un cambio imprevisto dei Möbius Project: il piano dello stesso musicista diventa “martellante” e fa da sfondo al canto (in inglese), sempre di Filizola, coadiuvato in seguito dalla delicata voce di Brunella Giannì. Il tutto sembra uscire dalla penna di John Lennon e soci.
Brano più legato alla “forma canzone” classica è la breve (in rapporto agli altri brani) In fuga dal destino. Un andamento piuttosto regolare con alcune accelerate, chitarre distorte e testo poetico: questi gli ingredienti principali. La band in questo caso “tiene a freno” i propri strumenti prima del gran finale.
L’equilibrista mette sul piatto tutte le anime dei Möbius Project: un gioco a “carte coperte”, sulla scia del brano precedente, nei primi minuti; acquisto di velocità con impennate sintetiche, basso rapido e cori eterei; stacchi seventies con interventi di Filizola alle tastiere (con qualche rimando a Fariselli), ben “imitato” da Amato alla chitarra e Guerrieri al basso; “dilatazioni” leggermente floydiane; frammenti corali soffici e avvolgenti dove torna Brunella Giannì; improvvise virate hard alla Deep Purple con tanto di Ritchie Blackmore ispirato alla chitarra; finale zigzagante. Tutto è ben costruito nella struttura tripartita della suite (La sfida – Il vuoto – E-stasi) e ogni segmento è unito alla perfezione con i limitrofi. Se si vuol capire lo spirito dei Möbius Project consigliamo di iniziare l’ascolto dell’album da questo brano (ma un ascolto “ortodosso” secondo l’ordine prestabilito va bene comunque).
Un esordio certamente positivo per questa giovane band, una proposta interessante che speriamo porti presto ad un secondo capitolo.
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