Vola (2014)
Autoproduzione / Lizard Records
Dopo alcuni demo tapes e vari assestamenti in formazione, i Mosaico, trovato il giusto equilibrio con Enrico Nesi (voce), Cristian Dima (basso), Nicola Cambri (synth, Hammond, Mellotron, Rhodes, fisarmonica), Alessandro Capanni (batteria), Simone Batignani (congas, bongos, udu, jamblocks, cembali, shaker e suoni) e Fabrizio Biscontri (chitarre elettriche ed acustiche), giungono alla pubblicazione dell’album Vola nel 2014.
Il lavoro d’esordio del sestetto toscano ci mostra come la band abbia ben assimilato l’”insegnamento dei ‘70” trasportandolo nel nuovo millennio, personalizzandolo con sostanziose tracce cantautoriali, un’ottima cura dei suoni e testi che emergono come diapositive che immortalano gli aspetti (soprattutto) negativi dell’umanità contemporanea (con un invito ad aprire occhi e mente), scritti e interpretati con una notevole carica espressiva da Nesi.
A dar manforte ai Mosaico troviamo come ospiti, nei brani Lenti passi e Sopravvivere, rispettivamente Lorenza Baudo (voce) e Aldo Milani (sax).
Vola. L’opener del debut album dei Mosaico emana sin da subito quella vena cantautoriale che, come detto, è una delle caratteristiche principali della band. Nei primi minuti tutto è funzionale al testo poetico di Nesi. Poi, una prima galoppata lascia intendere che le cose, di lì a breve, muteranno: ecco che le mani di Cambri spiccano il volo, le ritmiche s’intensificano e la chitarra di Biscontri s’inasprisce. Sembra di vedere in “campo” L’Uovo di Colombo. Gran momento, così come il finale sinfonico.
Gran protagonista de Il bivio è Cambi, presente dal primo all’ultimo secondo del brano con le sue mutevoli tastiere. Ragguardevoli i suoi interventi d’organo che vestono come una seconda pelle i cambi ritmici del duo Dima/Capanni (con interventi temporanei anche di Batignani) e il convincente canto di Nesi (che ci mette di fronte al bivio di scegliere se prendere in mano la propria vita o lasciarsi trasportare dalla “corrente”). Soprattutto nei momenti più rapidi, il tastierista ricorda a tratti Enrico Olivieri dei Metamorfosi.
Con la ballata Il critico, il profano, l’artista sembra di entrare nel mondo di Fabrizio De Andrè: il titolo, l’espressività vocale di Nesi e, a suo modo, anche la struttura potrebbero ben rientrare in un album come “Non al denaro non all’amore né al cielo”. Anche il testo, “srotolato” soprattutto sulla tenera fisarmonica di Cambri, assistita dagli equilibrati basso, batteria e chitarra acustica (Biscontri concederà spazio anche alla sua inquieta chitarra elettrica accanto al synth di Cambri), sembra provenire dalla penna del cantautore ligure: Sanguina, sanguina il monte e scorre rosso / passano corpi e aspetto il mio sul fondo / nudo come di vita spolto. / […] Sento le canzoni ma non le ascolto. / Parole, solo parole che stan bene tra sé. / La linea del cuore passa anche per il culo / ed il cuore si ferma se non pensa per se. / […] Come la legge ci fa tutti uguali / l’arte rende tutti diversi / tutti santi, poeti, immorali, / disgraziati e fuorilegge di fronte a sé.
E con Il nuovo potere i Mosaico sprigionano tutta la propria natura settantiana. Dall’avvio del duo organo/basso al densissimo e “sinistro” finale (un po’ alla Spettri), è un susseguirsi di coinvolgenti mutamenti climatici e ritmici guidati, spesso e volentieri, dalla batteria di Capanni. Straordinario il lavoro svolto da Cambri tra organo e synth e da Dima al basso, da non tralasciare, inoltre, anche l’importante doppio ruolo distorto/acustico di Biscontri, gli interventi “etnici” delle percussioni di Batignani e la camaleontica voce di Nesi che ci parla d’influenza sulle menti che viene dall’”alto” e guerre senza perché. Senza ombra di dubbio uno dei punti più stimolanti dell’album.
Questa santa umanità mostra tutto il lato folk mediterraneo dei Mosaico. Sono la fisarmonica di Cambri, la chitarra acustica di Biscontri e le percussioni Batignani, ben sorrette da batteria e basso, a dipingere il “quadro popolare” in cui Nesi è libero di manifestare il suo giudizio sulla società attuale disonesta e ipocrita.
Tocca poi alla ponderosa Materia e vita. L’indemoniato organo di Cambri, proveniente direttamente dagli anni ’70, marchia con un segno scuro indelebile l’intera atmosfera del brano, guidando il sestetto verso soluzioni spesso care a La Maschera di Cera e Unreal City. Molto deciso il ritmo imposto da Capanni, con gli strumenti etnici di Batignani che lo sostengono brillantemente nei momenti meno rapidi. Gran lavoro anche quello svolto dagli zigzaganti e taglienti strumenti a corda, nonché dallo stesso Cambri quando “imbraccia” il synth. E sulla struttura così confezionata, Nesi, con le sue parole mai banali, delinea un’altra delle brutte abitudini contemporanee, il materialismo: Non si riempie l’esistenza / con mucchi di materia / e non si serve un pasto buono / dentro a un coccio che risplende […]. Prova maiuscola.
Lenti passi è una ballata piuttosto malinconica, nei suoni e nel testo (l’assurdità della guerra e la speranza di un mondo migliore che è certamente possibile), che si muove sopratutto su un’interessante linea di basso. Accanto a Dima troviamo le solite tastiere di Cambri, più “rilassate” rispetto agli episodi precedenti (così come gli strumenti di Capanni e Batignani), le doppie chitarre di Biscontri con tanto di assolo finale gilmouriano, e il canto di Nesi che, in questa occasione, trova il “sostegno” di Lorenza Baudo.
Clima più “sbarazzino” per la conclusiva Sopravvivere, un’atmosfera gioviale resa tale dall’ospite Aldo Milani al sax e dalle percussioni di Batignani, seguiti a ruota dagli altri membri della band. E, tra accelerate “balcaniche” e rallentamenti “tesi” posti al centro della “scatola sonora”, Nesi ci invita a (soprav)vivere mettendo la parola fine ad un album che è davvero una bella sorpresa.
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