Peluso Carlo – EarthShape

CARLO PELUSO

EarthShape (2015​)

Autoproduzione

Dopo aver mostrato le sue capacità di batterista nell’album “Tight-knit” (secondo lavoro della band neoprogressive Ill– >Heaven) e di tastierista con il progetto Unisono, Carlo Peluso compie il “grande passo” confezionando l’EP EarthShape, il suo primo lavoro solista.

Nei circa venti minuti di EarthShape, lavoro nel quale, oltre a Carlo (sue, ovviamente, le tastiere e la batteria), troviamo Giovanni Peluso alla chitarra e Marco Fabricci al basso, è racchiuso tutto l’amore del giovane polistrumentista verso il progressive rock. Nelle sue note si rintracciano nette le tracce di neoprogressive con riferimenti che possono essere individuati in band quali Pendragon, IQ e Marillion, senza dimenticare il grande prog dei Genesis e la scena italiana dei giorni nostri.

Le atmosfere create dal musicista sono “sapienti”, eclettiche e luminose, e ad emergere nitida è la cura e la freschezza dei suoni: Peluso alle tastiere dimostra di “sapere il fatto suo” raggiungendo vette compositive davvero rilevanti.

EarthShape.  Con il brano d’apertura Carlo Peluso decide di mettere sin da subito le carte in tavola. Già l’intro, con i suoni (anche naturali) che compaiono da ogni direzione circondando chi ascolta, ha il suo fascino. Poi entra in scena la batteria, suonata dallo stesso Peluso, utile nel creare il giusto tappeto per le evoluzioni tastieristiche. Il sound, compatto e articolato, è una via di mezzo tra i Genesis e il progressive italiano attuale offerto da band quali Silver Key o Røsenkreütz. E siamo solo all’inizio. C’è spazio anche per un momento romantico al piano, prima della ripresa frizzante e luminosa in cui Giovanni Peluso si ritaglia il suo meritato “momento di gloria”. E sul finire spazio alla PFM. Un brano di cinque minuti e mezzo che, grazie ai suoi contenuti, sembra davvero non finire mai.

Cluster Nine. Anche il capitolo centrale ha il suo coefficiente notevole di complessità. Peluso si diverte a creare atmosfere ariose grazie alle sue tastiere e alle “movenze” alla Tony Banks. Pure in questo caso Giovanni Peluso riesce a crearsi un varco per un assolo, tornando poi, con batteria e basso, a costruire gli spazi in cui si getta a capofitto Carlo che, tra gli altri, regala anche momenti di puro classicismo al piano ricordando, a tratti, Carlo Guaitoli nelle opere di Franco Battiato.

The Argonaut. L’ultimo brano di EarthShape non ha nulla da invidiare ai precedenti. Come accaduto sinora, Carlo Peluso continua a giocare sui tasti e con gli effetti, ponendo le sue soluzioni accanto a quelle care a colleghi contemporanei “nostrani” quali Alex Carpani, Luca Scherani o Elisa Montaldo. Come sempre da segnalare, nell’economia del brano, le prove importanti di chitarra, batteria e basso. Tra le numerose evoluzioni, inoltre, Peluso riesce a regalare anche frangenti cinematografici.

Primo esame superato. Attendiamo Carlo alla “prova maestra”. Le qualità per fare bene ci sono tutte.

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