Preghiera di Sasso – Preghiera di Sasso

PREGHIERA DI SASSO

Preghiera di Sasso (1994)

Mellow Records

Nel 1994 la Mellow Records, come già accaduto in altre occasioni (vedi il disco del Paese dei Balocchi, o degli Harlequin Mass, solo per citarne alcuni), ristampa su cd un album degli anni ’70 con, in aggiunta, dei brani inediti. In questa occasione è toccato ai Preghiera di Sasso.

L’album in questione uscì nel 1975, in coabitazione con i Diapason, ed era intitolato “Preghiera di Sasso / Diapason”. Infatti, le due band abruzzesi autoprodussero questo lavoro spartendosi i lati del disco, il quale fu stampato in poche copie (le voci che circolano parlano di sole venti copie, altre di un migliaio, molte delle quali poi ritirate per un errore di stampa. Perlino fa un po’ di chiarezza affermando che il numero di copie fu superiore alle 20 e molto inferiore al migliaio, e che esse non furono mai ritirate).

La formazione della band riportata dall’album del 1994 prevede, oltre a Riccardo Tosi (chitarra), Luigi Gialluca (sax), Tommaso Perlino (batteria, percussioni), Leonardo Epifani (piano) e Paolo Previtale (basso) (questi ultimi due facevano parte anche dei Diapason), anche Carlo Barilari (basso), che non compare nei credits dell’album del 1975.

Musicalmente si nota una cesura netta tra i primi quattro brani dell’album (quelli del 1975), i quali sembrano seguire il discorso iniziato dai Duello Madre nel 1973, in cui, i nostri, cercano di rifarsi ai dettami jazz, ma in modo non “settario”, lasciando emergere spesso e volentieri il sax e la chitarra, e gli ultimi cinque, registrati nel 1972, più aggressivi e con una qualità audio grezza, dove Tosi regna incontrastato, e che si avvicinano agli Elonkorjuu di “Harvest time”, per esempio, o ai Rush. A dividere i due tronconi c’è Il suono del silenzio, affidato unicamente all’assolo di batteria di Perlino.

Si racconta che Mauro Moroni, fondatore della Mellow Records, ricevette direttamente dalla band stessa un nastro contenente i brani inediti che poi furono pubblicati nel 1994. Anche in questo caso, è Perlino a fare chiarezza: Mauro Moroni non era interessato a pubblicare anche il gruppo Diapason. Per cui decisi, essendomi stata affidata la produzione del cd, di registrare un brano in studio, “Il suono del silenzio”, mio solo di batteria, e di inserire gli altri brani che avevo in una vecchia audiocassetta che non ho mai consegnato a Moroni, ma che custodisco tuttora.

L’album parte con Praxis, brano creato ad hoc per far emergere i virtuosismi del sax di Luigi Gialluca. Il sottofondo è piuttosto lineare nei frammenti orfani dell’ottone, mentre, in sua presenza, siamo al cospetto di un buon jazz.

Esperimento. Dopo un breve avvio “irregolare”, il brano prende la piega del precedente, almeno nella prima metà, con il sax in evidenza e una base jazz, questa volta più presente. Grande tecnica e inventiva per Luigi Gialluca, un po’ alla James Senese dei Napoli Centrale. Poi dei tamburelli modificano di netto l’opera, dando il là al solo di chitarra eseguito da Riccardo Tosi.

Con Evoluzione Tosiva ad ampliare il discorso iniziato in precedenza, sostenuto qui da una batteria incalzante, con un paio di interruzioni nel tragitto. Poi, introdotto dal basso, il sax torna in scena, sulla falsariga dei primi due brani. Negli ultimi due minuti, ancora Tosi, disegna degli arabeschi ben ribattuti dal basso.

Dopo una partenza a tratti onirica, grazie soprattutto all’uso di sonagli, piano e chitarra, Atmosfera prende il largo con un frammento jazz-prog degno di nota, in cui fanno la parte del leone chitarra, basso e batteria. Queste due anime si alterneranno ancora una volta prima che la seconda prenda il sopravvento e ci accompagni sino alla fine, aumentando la sua intensità nel minuto finale, prima del ritorno al sogno.

Il suono del silenzio ci mostra esclusivamente l’estro di Tommaso Perlino e, come detto dallo stesso in precedenza, è stato registrato prima della produzione dell’album. Nella prima parte il musicista ci delizia con giochi di piatti, poi passa all’utilizzo di tutto il suo “arsenale”.

L’invidia, il primo dei cinque brani registrati nel 1972, suona diverso dai precedenti, è molto più aggressivo e, come detto prima, ha una qualità audio più bassa (così come i prossimi quattro brani). Su tutti emergono chitarra, basso e batteria. Ad un tratto Tosi diventa quasi ipnotico. Il tutto è molto seventies e sa di improvvisato, una sorta di jam session tra amici.

Delle note eseguite in scala da Tosi, dall’atmosfera quasi medievale, ci accolgono ne La macchina del tempo. Il brano è tutto incentrato sulle evoluzioni chitarristiche, con basso e batteria che fanno esclusivamente da supporto.

L’avvio de La paura è decisamente più cattivo de L’invidia, sembra quasi un brano ante litteram dei Ruins. Non molto dopo però i Preghiera di Sasso “si danno una calmata”, e la composizione prende una piega blues-rock, dove la solita chitarra la fa da padrone.

La seconda traccia intitolata Esperimento presente nell’album, ha poco da spartire con la prima, ma segue il solco tracciato dai tre brani precedenti con lampi di improvvisazione che portano ad un’esplosione finale.

Frammenti sembra riprendere l’idea della parte iniziale de La paura e, come lì, alla “sfuriata” segue un momento di pace, una ballad rock. Nella seconda parte Tosi sembra indemoniato.

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