Intervista agli Alphataurus

Diamo il benvenuto a Guido Wassermann (G.W.) Pietro Pellegrini (P.P.), Claudio Falcone (C.F.), Alessandro”Pacho” Rossi (A.P.R.) e Andrea Guizzetti (A.G.): Alphataurus.

6 novembre 2010, Mezzago (MI). Sul palco del Bloom tornano gli Alphataurus. Che sensazioni si provano nel tornare sulle scene dopo tanti anni (Pietro Pellegrini e Guido Wassermann) e nel far parte di un prestigioso progetto come questo (Fabio Rigamonti, Andrea Guizzetti e Claudio Falcone)? Come siete stati accolti quella sera?

G.W.:  Anzitutto è doveroso ricordare che le persone presenti quella sera, venute a sentirci o a risentirci dopo tanti anni, sono state molto pazienti: infatti abbiamo iniziato circa alla 1:00 di notte. Fortunatamente non si sono annoiate nell’attesa perché prima di noi hanno suonato altri due gruppi: la Locanda delle Fate e i Garybaldi. Comunque, al di là della tensione per la “prima”, è stato tutto molto bello, una grande soddisfazione. Prima, durante e dopo il concerto abbiamo incassato i complimenti e gli apprezzamenti della gente che ci hanno pienamente gratificato delle fatiche passate a preparare i brani eseguiti.

C.F.:  Prima  di far parte di un progetto come questo ti devi porre delle domande: “Ti piace questa musica?   È la strada giusta per esprimere quello che vuoi dire? Sei convinto che può interessare ed essere apprezzata? …il fatto che siamo qui a farlo è la risposta! Inoltre quella sera ci si aspettava dei consensi, soprattutto dai nostri coetanei che hanno vissuto il mitico periodo “Prog”. Invece c’erano anche molti giovani e si è andati oltre le nostre aspettative. Cosa che ci ha fatto un enorme piacere pensando anche alle tendenze musicali di questi tempi.

Probabilmente qualcuno vi avrà visto ed ascoltato per la prima volta, ma gli Alphataurus nascono nel 1970. Come ricordate quegli anni, i grandi Festival, l’incontro con Vittorio De Scalzi?

P.P.: Come si può parlare di quel periodo senza una vena di nostalgia. Al di là dell’età anagrafica, erano tempi in cui nascevano tanti gruppi che suonavano i generi  più disparati, chi solo in cantina, chi (i più fortunati) nei Festival Pop. Oltre ai gruppi che hanno poi raggiunto la notorietà, c’era un brulicare di gruppi “minori” che si formavano e si disfavano per poi riformarsi con elementi diversi: c’era la voglia di suonare, fare ricerca, scambiarsi le esperienze per crescere. Senza tutto questo non ci sarebbe stato un periodo “Prog” così prolifico, che ha segnato la nascita di tanti gruppi importanti in tutto il mondo, alcuni in attività ancora oggi. Noi siamo stati tra i fortunati.

Abbiamo partecipato al Festival Pop di Palermo, a quello di Roma svoltosi all’EUR, all’Eurodavoli, abbiamo suonato al Politeama di Palermo e in tanti altri luoghi. Abbiamo conosciuto tanti colleghi musicisti, alcuni molto importanti come Keith Emerson, i Van der Graaf Generator e fra tanti anche Vittorio De Scalzi. Era a Palermo nel ‘72 e ci ha sentito suonare. Probabilmente lo ha colpito qualcosa della nostra musica, tanto che, finita la nostra esibizione, ci ha proposto di fare un disco con la sua etichetta. Ovviamente non ce lo siamo fatto ripetere due volte. . . ed eccoci qua.

Viene poi il 1973, l’anno di “Alphataurus”, il vostro primo album, ma anche l’anno dello scioglimento della band. Cosa si prova a toccare con mano il frutto del proprio lavoro? E come si arrivò alla fine di quella fantastica avventura?

G.W.: Beh a quell’età la prima cosa che provi, quando hai in mano il tuo vinile, è di correre per la strada e dire a tutti che lo hai fatto tu! Era la prima volta che entravamo in studio e non conoscevamo nulla dell’ambiente. Quindi eravamo come delle carte assorbenti, tutto era nuovo, ogni minuto assimilavamo una cosa e il minuto dopo la mettevamo in pratica. Entusiasmo, incoscienza, curiosità, chiamatela come volete ma è stata un’esperienza fantastica. La nostra fortuna è stata anche avere Vittorio che ci ha guidato ed ha estratto il meglio da noi e dai nostri pezzi. Il risultato è il disco “Alphataurus”.

Purtroppo tutte le cose belle finiscono e vi devo confessare che la scintilla della fine sono stato io. In quel periodo ho avuto dei problemi in famiglia che mi hanno obbligato ad abbandonare il gruppo che poi lentamente si è spento. Sono convinto che se questo non fosse accaduto saremmo riusciti a fare altri dischi perché di materiale ed idee ne avevamo tantissime senza parlare dell’entusiasmo. Ma come si dice: “non è mai troppo tardi”.

Nel 1992 la Mellow Records pubblica “Dietro l’uragano”. Chi fu l’ideatore di questa iniziativa? Come vedete la riscoperta del progressive avutasi agli inizi degli anni ’90?

P.P.: L’idea fu di Mauro Moroni. Mi chiese di voler pubblicare alcuni provini degli Alphataurus ed io accettai con entusiasmo. Avevo ancora dei nastri realizzati nella nostra sala prove durante il 1973 su un registratore AKAI stereo e mi impegnai a restaurarli per renderli pubblicabili. Oggi abbiamo pubblicato su AttosecondO i tre brani originali finalmente completati.

La riscoperta del progressive negli anni ’90 è, a mio giudizio, un fatto quasi naturale e automatico. Capita spesso di rivalutare cose o tendenze appartenenti al passato e dimenticate da qualche parte. Qualcuno si accorge della qualità e della genuinità del progressive degli anni ‘70 e la diffusione ricomincia. Non è un caso, ancora oggi questa “riscoperta” continua a crescere.

Nel 2008 l‘idea di riformare gli Alphataurus. A chi è venuta in mente? E come avviene l’incontro con Fabio Rigamonti, Andrea Guizzetti e Claudio Falcone?

G.W.: Era un po’ di tempo che ci pensavo per vari motivi. Uno fra questi  era la curiosità di sapere cosa sarebbe accaduto se non ci fossimo sciolti ed avessimo, come detto prima, continuato a sfornare la nostra musica. Quale miglior sistema se non rimettere insieme il gruppo? Abbiamo sempre mantenuto i contatti tra di noi. Ho cominciato interpellando Pietro Pellegrini e quindi Giorgio Santandrea. Avuta la loro adesione sono passato a Michele Bavaro ed Alfonso Oliva che vivono e lavorano a Bari e a Roma. Abbiamo valutato tutte le possibilità ma purtroppo, abitando lontano, era un grosso problema coinvolgerli. Quindi a malincuore ho cercato tra le mie conoscenze gli elementi adatti. Della prima “nuova formazione”  facevano parte Franco Tripodi al basso e Gianpaolo Santandrea alle tastiere, fratello di Giorgio e rimasto con noi in veste di fonico e nostro “opinionista di fiducia” (a lui dobbiamo il mix di “Live in Bloom”). Dopo poco gli ultimi due “acquisti” devono rinunciare per motivi personali e verranno sostituiti da Andrea Guizzetti (tastiere) e Fabio Rigamonti (basso)  con i quali avevo suonato in passato, quest’ultimo, ci porterà Claudio Falcone (voce) a completare la formazione. L’ultimo abbandono sempre per motivi personali è di Giorgio (batteria) al cui posto è arrivato Alessandro “Pacho” Rossi.

Il 2011 vi vede coinvolti nel “restauro” di tre brani-provini presenti in “Dietro l’uragano”. Come ci si approccia ad un lavoro del genere? È difficile riuscire a non snaturare un’idea nata in anni musicalmente (e socialmente) diversi dai nostri e renderla “attuale”?

P.P.: La cosa più difficile è stata proprio non snaturare i brani e le variabili da tenere sotto osservazione erano tante. Sono passati tanti anni dalla prima stesura di questi brani e ognuno di noi ha avuto esperienze musicali diverse in questo periodo e qualcuno non era presente. Quindi la prima regola che ci siamo dati è stata “dobbiamo rimanere sul pezzo”! Abbiamo anche deciso che il nuovo album in costruzione sarebbe stato di “transizione”. E’ impensabile poter riprodurre fedelmente il suono e il modo di suonare degli Alpha anni ‘70: sarebbe stato un album freddo a meno di non avere una macchina del tempo e poterci far tornare indietro in tutto e per tutto a quell’età. Per cui, partendo dallo scheletro di ogni pezzo, abbiamo arrangiato le varie parti tenendo conto di questi fattori e applicando le “modernità” solo dove ci sembrava più opportuno. Vi assicuro che è stato molto complicato attenersi a queste regole. Abbiamo impiegato molto tempo in più a ricostruire questi tre brani che a creare i due nuovi. A volte si credeva di avere finito invece, riascoltando, ci si accorgeva che eravamo andati fuori riga e si ricominciava daccapo.  Comunque il risultato ci soddisfa e spero lo stesso per chi li ascolta.

Il 2012 è sicuramente l’anno degli Alphataurus. Escono “Live in Bloom”, la registrazione del live del 2010, e, soprattutto, “AttosecondO”, il secondo “vero” album degli Alphataurus. Com’è stata vissuta quest’annata straordinaria?

C.F.: Sicuramente con fatica! Gli impegni si succedevano in modo frenetico e il tempo, come si sa, è tiranno. Come detto prima è impossibile essere gli Alpha degli anni ‘70, quindi bisognava trovare un modo per traghettare in modo lineare il gruppo da quegli anni ad oggi e cosa c’è di meglio di un album di “transizione”? Questo cercando di mantenere il carattere “Prog” sia del gruppo che dei brani scritti. C’è  sempre la domanda a cui si accennava prima: cosa avrebbero potuto partorire gli Alpha se non si fossero separati allora? …di conseguenza: questa sfida la possiamo affrontare adesso? Secondo me le risposte le possiamo ottenere solo provandoci. Con me ho cinque compagni d’avventura che sono dei vulcani sia come idee che come entusiasmo e ci siamo messi all’opera.

L’emozione di tornare in studio per registrare le proprie creature è la stessa dopo quasi quarant’anni? E i “nuovi arrivati” (incluso Alessandro “Pacho” Rossi che ha preso il posto, nel 2011, di Giorgio Santandrea) con quale animo entrarono in studio?

A.P.R.: Penso che i due “veterani” abbiano passato da tempo il problema della tensione da studio di registrazione. Certo l’entusiasmo e la voglia traspariva e non solo per loro. Per quanto mi riguarda mi sono trovato in una situazione di “fretta”: c’era da finire i due brani nuovi e acquisire e personalizzare i tre riarrangiati ed il tempo che ci divideva dall’entrare in studio era poco.

Quindi mi sono rimboccato le maniche e ho lavorato sodo anche per entrare nel “mood” del gruppo, visto che provengo dall’Heavy Rock. Non è stato facile ma alla fine il risultato non mi dispiace. Alla fine della registrazione mi sono finalmente rilassato: è stato molto impegnativo.

Come sono nati i due inediti “Progressiva-Mente” e “Gocce”? C’è qualcosa in particolare che vi ha influenzato durante la loro creazione?

A.G.:  Diversamente dai tre brani che abbiamo riarrangiato, per la preparazione dei nuovi abbiamo seguito un nostro sistema. Chiunque di noi abbia un’idea cerca di fissarla in una registrazione. Dopo di che la fa ascoltare agli altri che provano a svilupparla ripassando i nuovi sviluppi agli altri. Quando abbiamo materiale sufficiente cominciamo a costruire tutti insieme. Si può partire da un semplice riff oppure da una parte più completa tipo strofa/ritornello e si va avanti fino a completare il brano. Nel caso di “Gocce” e “Progressiva-Mente” c’erano delle vecchie idee che necessitavano di essere integrate con delle nuove per diventare un brano completo. Come detto prima dovevamo stare attenti a non uscire dal genere e nello stesso tempo dare quell’aria di nuovo. È stato un po’ complicato soprattutto nell’essere onesti nel giudicare la dose di “nuovo” rispetto al “vecchio” per ottenere un prodotto che fosse come lo avevamo progettato.

La copertina di “AttosecondO” è, come già accaduto per il vostro primo album e per “Live in Bloom”, opera dell’artista Adriano Marangoni. Il vostro rapporto ha inizio nel lontano 1973. Com’è nata la collaborazione con lui? Nella creazione delle opere da utilizzare come cover c’è anche il vostro zampino?

P.P.: La collaborazione con Adriano è iniziata grazie ad un mio caro amico: Angelo Vaggi. Angelo era all’epoca “Label Manager” alla Dischi Ricordi e conosceva Marangoni al quale aveva commissionato alcuni lavori per la discografia. Abitando tutti molto vicini, fu facile trovarsi e discutere del progetto Alphataurus. In effetti in tutte le copertine c’è il nostro zampino o, per meglio dire, l’idea di base. Adriano, poi, con la sua arte eccezionale, riusciva e riesce ad interpretare immediatamente le nostre visioni. . . merita una visita il sito di Adriano (www.adrianomarangoni.it).

Cosa prevede il 2013 degli Alphataurus? C’è qualcosa in cantiere?

G.W.: I progetti per il 2013 sono tanti. Uno su tutti la messa in cantiere di nuovi brani per un nuovo disco.  Abbiamo un sacco di materiale e ci stiamo organizzando per poter preparare più brani in modo da poter scegliere quelli giusti. Claudio, che è il nostro paroliere di fiducia, ci ha già dato varie idee su cui lavorare.   Le regole che seguiremo sono quelle descritte prima. Fondamentale è non uscire dal genere. Però si pensava di modernizzare di più i suoni utilizzando l’elettronica, tutto sarà rigorosamente suonato “a mano”, come sempre. Mixare in modo più opportuno i riff che ci propone Pacho, che essendo lo “sbarbato” del gruppo ci dà quella vena di modernità. L’entrata di Andrea al piano completa le sonorità che intendiamo creare perché, se l’elettronica ci da l’opportunità di modernizzare il suono, il piano è basilare per le fondamenta di un pezzo. Inoltre Claudio con i suoi testi e le sue idee è lo stimolo a inventare nuovi riff o melodie con cui completare i suoi versi. Siamo un interessante “miscuglio” che spero sia più duraturo della prima formazione.

Grazie davvero per l’estrema disponibilità e la piacevole chiacchierata!

Alphatarurus: Grazie.

(Aprile 2013)

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