Impheria (2016)
Andromeda Relix
Dopo tanti anni di musica (nascono nel 2000) e diversi assestamenti di formazione e di “genere”, Luca Pegoraro (chitarra) e Stefano Negro (tastiera), membri fondatori dei Real Illusion, riescono nel doppio intento di creare la “formazione perfetta”, con Manuel Fabi (voce), Marco Beso (batteria) e Luigi Di Carlo (basso), e giungere all’agognato debut album: Impheria.
Registrato e mixato da Frank Andiver, uno dei più importanti produttori italiani in ambito metal, Impheria fonda la sua energia sulla combinazione “duro/morbido”. È, infatti, la miscela ben amalgamata di queste due “anime” il punto cardine del lavoro, un lavoro che si muove tra il prog metal più puro, l’hard & heavy e la “ballata”, caratterizzato da “mitragliate” chitarristiche, qualche tocco di matrice settantina e una sorta di teatralità di fondo che di certo non guasta. Per “amor di citazione”, si può trovare qualche affinità con le dinamiche create, ad esempio, dai Leprous in “Bilateral”, con un po’ di Votum di “Harvest Moon”. E nei testi, scritti da Pegoraro e interpretati dalla voce calda e corposa di Fabi, è affrontato lo smarrimento e l’insicurezza dell’uomo d’oggi.
Nonostante la complessità di alcune soluzioni e il sound di certo non “leggerissimo”, i Real Illusion sono molto abili, tra l’altro, nel confezionare melodie “cantabili”, soprattutto i refrains, che s’insinuano sin da subito nella mente. Una dote non da poco.
Impheria si apre con Real Illusion. Dopo un’intro delicata, Pegoraro si getta nella mischia con robusti riff che ben s’incastrano ai continui cambi ritmici del duo Beso/Di Carlo, mentre Fabi ci mostra la sua voce espressiva ed energica, che a tratti ricorda la voce di Runal degli ifsounds, cucendosi addosso perfettamente l’abito confezionato dai compagni. Da non dimenticare, inoltre, i notevoli inserti lordiani di Negro all’organo e il lungo assolo dello stesso Pegoraro.
Con Master of the twilight i Real Illusion accentuano ancor più la dualità tra atmosfere dure e romantiche, e il primo richiamo, quasi scontato, è ai Dream Theater (vedi, ad esempio, gli ultimi di “The Astonishing”). Gran merito, nella creazione di questo clima, va riconosciuto alle tastiere di Negro, senza sminuire il notevole lavoro degli altri membri. E poi c’è quel ritornello (Lead us / We’re ready to die / We belong to you / Master of the twilight / Can you honour / Save the glory of this world) davvero riuscito, con una musicalità che farebbe invidia a molti.
Altalena emotiva anche con Wandering. L’accostamento “umorale” tra soluzioni acustiche e malinconiche con quelle più solide e aggressive è considerevole: ogni interprete esegue al meglio il suo compito, dalle duplici chitarre di Pegoraro alle camaleontiche tastiere di Negro, passando per la precisione del duo ritmico e la perfetta vocalità di Fabi. E quando Negro passa agli archi, seguito poi dal solo di Pegoraro, si raggiunge una solennità “indurita” quasi alla Concerto Grosso newtrollsiano.
Another day another stone. Ballad romantica ben congegnata, nonostante alcune ruvidità di Pegoraro. È la delicatezza di Fabi a condurre i cinque verso lidi caldi e sereni. Ogni band metal o prog metal che si rispetti deve affrontare la prova “ballad” e i Real Illusion accettano la sfida non uscendone sconfitti.
Si riprende a spingere con Out of my life, il brano di Pegoraro, Di Carlo e Beso. Gli ultimi due sono abilissimi nell’imprimere i giusti tempi variandoli a proprio piacimento. Il primo, invece, è il protagonista assoluto: dai riffoni un po’ alla Rush (richiamo ben “sfoggiato” grazie anche ai due colleghi) alla valanga di note dell’infinito assolo alla Malmsteen, è lui che tiene le redini del brano. Voce e tastiera possono solo “assecondare” il terzetto.
Altro brano in cui la vena romantica dei Real Illusion è ben combinata con l’anima metal è Living after death. Tra morbidi tappeti tastieristici, pulsanti ritmiche e chitarre ruvide, Fabi s’incrocia intensamente con l’ospite Jessica Passilongo in un duetto davvero ben concepito.
Il marchio di fabbrica dei Real Illusion emerge nitido anche in My faded angel. L’unione tra frangenti spinti e altri carezzevoli è ben architettata anche in questo brano. Come sempre Fabi riesce a calarsi ottimamente nel clima sonoro creato dal gruppo.
Burning. Brano leggermente diverso dallo stile mostrato sinora della band. L’avvio esplosivo “sfacciatamente” hard & heavy imprime un ritmo sostenuto che non verrà mai meno. In alcune circostanze sembra quasi di sentire, addirittura, gli Audioslave di brani quali “Cochise” e “Show me how to live” (quando Fabi canta Something is changed / It’s like a thunderstorm / Do you believe me / Maybe i’m crazy / Does passion rule the game / You must believe me).
Impheria. E con la lunga title track posta in coda all’album i Real Illusion si lasciano andare totalmente. Nei primi minuti l’atmosfera è “classicamente” cupa e dura e vive anche sulla ruvidezza vocale di Fabi. Intorno alla metà del brano lo stesso Fabi dichiara “conclusa” la sua partecipazione all’album e i quattro musicisti si lasciano guidare dall’istinto: trovano dunque spazio momenti di puro prog settantiano (mirabili le soluzioni all’organo di Negro) e ampie virate prog metal, soluzioni acustiche e lunghi assoli. Un gran finale.
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