2973 – MMCMLXXIII La nemica dei ricordi (2015)
Black Widow Records
Pensare di scrivere oggi il secondo capitolo di una storia interrotta agli inizi degli anni ‘70 si può. Questo secondo atto è 2973 – MMCMLXXIII La nemica dei ricordi, lavoro con cui gli Spettri danno seguito all’omonimo album registrato live nel 1972 e pubblicato solamente nel 2011 dalla Black Widow Records.
In “Spettri” la storia racconta di un giovane che, di fronte alla logica violenta della guerra imperialista e del potere economico, cerca una risposta attraverso un contatto esplicatorio nel mondo dell’aldilà. Ma la risposta non è altro che il riflesso di se stesso e ciò lo conduce alla pazzia.
In questo nuovo disco abbiamo ripreso la storia da dove si era fermata. 1001 anni dopo, cioè nel 2973, non molto in verità sembra cambiato e il nostro protagonista affronta un altro “viaggio” per approdare alla consapevolezza che nessun vero cambiamento può essere raggiunto senza prima sconfiggere i mostri che si rinchiudono nel proprio essere interiore.
Essendo 2973 – MMCMLXXIII La nemica dei ricordi un lavoro che, a detta dei membri della band, molto probabilmente sarebbe già nato l’anno successivo alla prima opera (ma che in realtà, come visto, è stato concepito dopo oltre 40 anni), gli Spettri lo datano al 1973 + 1000 (il tempo “spettrale” trascorso tra le due realizzazioni). Questo forte legame con gli anni ’70 affiora in modo netto nella scelta di realizzare un album completamente analogico, registrato utilizzando gli stessi strumenti dell’epoca su un nastro magnetico a 24 tracce.
La formazione degli Spettri del nuovo millennio vede i fratelli Ugo (voce), Raffaele (chitarre Gibson, Yamaha, Ampli Marshall) e Vincenzo (basso) Ponticiello, Stefano Melani (organo Hammond, Leslie GRS, Arp Odissey, pianoforte, Mellotron, Wurlitzer), Mauro Sarti (batteria, flauto, gong) e Matteo Biancalani (sax). Inoltre, alle registrazioni hanno partecipato anche Elisa Montaldo (Il Tempio delle Clessidre), sua la voce ne Il delfino bianco, Stefano Corsi (Whiskey Trail), suoi arpa celtica e armonica ne L’approdo, e Valeria Ponticello, Belinda Sciclone, Roberto Buoni e Franco Ghezzi, cui sono stati affidati i cori de La profezia e La nemica dei ricordi.
E la proposta musicale degli Spettri è di quelle che lasciano il segno: sound granitico, aggressivo, tastiere e chitarre che giganteggiano in lungo e in largo, ritmiche rapide e possenti, un sax ispirato e canterburyano, una voce particolare adatta al clima di fondo, senza dimenticare i momenti in cui la band muta drasticamente pelle diventando “carezzevole”. Una scarica di adrenalina incredibile, condita dalla cover “spettrale” realizzata da Mattia Sarti.
Di notte, davanti all’immensità del mare, su una spiaggia solitaria, una nave misteriosa l’attrae irresistibilmente ed il nuovo viaggio ha inizio…
E, approdati sulla spiaggia, siamo catapultati tra le possenti note di Raffaele Ponticiello: un’esplosione alla Black Sabbath. Ha così avvio Il lamento dei gabbiani. La “luciferina” voce di Ugo ben si adatta al tocco di Raffaele, grazie anche alle oscure tastiere di Stefano Melani e alle solide ritmiche. Un repentino stacco guidato dal sax di Biancalani ci proietta in un nuovo fotogramma in cui l’heavy prog sprizza da tutti i pori. E sul finire, dopo il ritorno di Ugo Ponticiello, tastiera e sax generano un ideale duello tra Keith Emerson ed Elton Dean, prima del gran finale. Avvio da applausi.
Un caleidoscopio di influenze e sensazioni apre La nave. In pochi secondi passiamo dalle note “sinistre” di piano alla Devil Doll ad attimi sabbathiani che sfociano in un mix di Blocco Mentale del brano “Capita” (in “Ποα”) e Soft Machine, prima che Mauro Sarti imponga un ritmo sostenuto trascinando tutti con sé. Cambia nuovamente tutto poco quando il piano di Melani s’intensifica emotivamente creando lo spazio in cui s’insinua la voce di Ugo Ponticiello che un po’ ricorda quella di Alvaro Fella dei Jumbo. Riproposta questa dicotomia iniziale, ogni musicista mette sul tavolo la propria “mercanzia”: ecco allora i soliloqui di Melani, con l’organo alla John Lord, del jacksoniano sax di Biancalani e del “forsennato” Raffaele Ponticiello/Ritchie Blackmore alla chitarra; alle spalle, sempre precisi e martellanti, Vincenzo Ponticiello e Mauro Sarti. E, dopo un ritorno alla calma, la nave (ossia il brano) (ri)prende il largo, oltre il rapido pensiero.
È l’Hammond da brividi di Melani ad aprire le danze in La profezia. Ben presto lo stesso strumento funge da traino per il trio R. Ponticiello/V. Ponticiello/Sarti. Questo flusso compatto e inarrestabile è poi “steso ai piedi” della voce di Ugo, sempre più ruvida ed intrigante, e dei nuovi preziosismi di tastiera, sax e chitarra. Un fragoroso tuono arresta la valanga sonora concedendo spazio ad un frammento diluito e suggestivo, caratterizzato dai morbidi piano, flauto e sax e dai cori degli ospiti (con Spettri): Maledetti in eterno nel buio sul mare / Sian quelli che gli occhi non aprono in vita. Sul finire Raffaele Ponticiello prende in mano il brano guidandolo all’esplosione finale.
È ancora lo spumeggiante Melani a dare il via al “nervoso” intro, un po’ alla Gentle Giant, di Onda di fuoco. Il rapido gioco corale s’interrompe più volte lungo il cammino quando lo stesso tastierista si placa, passando da Kerry Minnear a Vittorio Nocenzi, nel sostenere il testo cupo di Ugo: Fuochi di morte nel buio sull’acqua […] / Orrendo lo spasmo sul volto gemente / Un’onda fiammante avanza imponente / Il sangue si gela a cospetto di morte […] / Guarda le anime che lasciano i corpi / volano al cielo o all’eterno tormento […]. Nei circa sette minuti del brano le tastiere continueranno a farla da padrona concedendo, però, un minimo spazio al sax di Biancalani.
Altro brano ad alto voltaggio è La nemica dei ricordi. L’avvio sembra rendere omaggio a “21st Century schizoid man” dei King Crimson, con la guida affidata soprattutto a Biancalani/McDonald e Sarti/Giles. Dopo aver concesso il giusto spazio alle parole di Ugo, ecco che Raffaele dà il La alla fuga “forsennata” di Mauro Sarti e alle evoluzioni inesauribili di Melani e Biancalani, prima di riprendersi la scena. La “folle” corsa termina poco oltre i cinque minuti, laddove il solenne organo crea la giusta tensione jaculiana funzionale al tormentato coro: Nera solitudine, dormirò con morte / E riceverò il suo bacio col sapore della terra / Sulla bocca dilaniata, il tormento della sorte.
Il delfino bianco, uno dei rari momenti delicati dell’album, vede la presenza dell’onirica e suadente voce di Elisa Montaldo. L’intera traccia è intrisa di una leggerezza malinconica creata dai soffici intrecci di chitarra e flauto e, in seguito, dal flebile tocco di Melani, che ricorda i paesaggi idilliaci presenti in “Principe di un giorno” dei Celeste. Sul finire il clima si fa più “enigmatico”.
E la corsa riprende con l’irrequieta partenza de La stiva, prima che il Tony Iommi spettrale crei il solco, relativamente più regolare, su cui svolgere il canto di Ugo ([…] “Leggi e ricorda il tempo / nel libro della tua esistenza” / Apri ora la valigia / libera la tua coscienza […] / Rimuovi la polvere dell’odio / se vuoi chiedere clemenza). Terminato l’intervento di quest’ultimo, si può riprendere il volo a suon di fughe ritmiche e tastieristiche.
Commiato dolce, nostalgico e molto raffinato è L’approdo. Come già accaduto con Il delfino bianco, gli Spettri mostrano nuovamente il “lato buono” della loro indole. Il soffice ordito di piano, chitarra, flauto ed arpa (quest’ultima suonata dall’ospite Stefano Corsi) è di una delicatezza estrema. Ed anche il crescendo del finale, con Corsi che si “sposta” sull’armonica, non muta il fascino di fondo.
Quando la morte sembrerà essere l’unico riparo dal dolore, la salvezza verrà dalla metamorfosi del nostro spirito. Bentornati Spettri!
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