SPIRALE
Spirale (1974)
King Universal
Primo ed unico disco degli Spirale, band romana da accludere all’importante filone del jazz-prog italiano (in questo caso molto più jazz che prog), accanto a nomi altisonanti come Napoli Centrale ed Arti & Mestieri, ma anche a gruppi “minori” come Maad, Esagono e Baricentro. La band fu scoperta dal jazzista Mario Schiano e, grazie alla sua segnalazione, il produttore Toni Cosenza, per conto della King Universal di Marisa e Aurelio Fierro, portò la band in studio.
Il disco contiene quattro brani, due lunghe suite (Cabral e Peperoncino (cose vecchie, cose nuove)) e due esecuzioni brevi (Rising e Una ballata per Yanes). Molto particolare è l’immagine optical della copertina del disco.
Rising è un brano jazz di ottima fattura. Assistiamo alla perfetta fusione di tutti gli strumenti, inframmezzati da un solo di batteria, da cui emergono, per buona parte del brano, i fiati di Giancarlo Maurino (sax) e Gaetano Delfini (tromba) e nel finale le tastiere di Corrado Nofri.
Avvio da “foresta tropicale” per Cabral. Sembra di essere immersi nel verde tra i canti degli uccelli, poi subentra il basso di Beppe Caporello, seguito a ruota da piano, batteria e fiati i quali ci donano un’altra grande esecuzione jazz. Come in Rising saranno i fiati, in questo caso la tromba, a prendere il sopravvento nel corso del brano. Dopo oltre sette minuti c’è un ritorno “sudamericano” grazie al ritmo tribale di Giampaolo Ascolese, supportato soprattutto dal piano nella fase iniziale. Siamo proiettati direttamente nell’accampamento di una popolazione indigena ad assistere ad una delle loro danze apotropaiche. Nel finale si ritorna al jazz.
Ballata per Yanes è una breve esecuzione molto romantica, appunto una ballata, basata fondamentalmente sul piano e una leggerissima batteria.
Dopo il brano più breve dell’album c’è quello più lungo che chiude il disco. Peperoncino (cose vecchie, cose nuove) richiama alla grande i primi due brani dell’album. L’amalgama degli strumenti è sublime. Fiati, basso e piano la fanno da padrone. Se in Rising l’assolo era toccato alla batteria, ora tocca al basso di Peppe Caporello impreziosire il pezzo. Dopo circa sei minuti entra in scena un bel gioco di fiati che poi lascia la scena nuovamente al basso, accompagnato dal piano, i quali danno vita ad una ballata molto allegra. Dopo un ritorno al puro jazz, vi è una nuova parte ballad. Chiudono le urla di Delfini.
Per gli amanti dal jazz, ma anche del prog, è un disco da riscoprire assolutamente, anche se è estremamente raro da reperire.
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