Avevamo lasciato Fabio Zuffanti circa due mesi fa alle prese con i preparativi per la terza edizione dello Z- Fest e oggi lo ritroviamo con un nuovo tassello della sua prolifica produzione “tra le mani”. Ma partiamo con ordine: 31 marzo, Z-Fest. Che edizione è stata questa del 2017? Ti va di raccontarla a chi, purtroppo, non ha potuto prendere parte al grande evento?
F.Z.: Z-Fest 2017 è andata benissimo, con presenze ancora superiori rispetto allo scorso anno e una generale crescita che via via si sta facendo più consistente. Sul palco si sono avvicendati i bravissimi Cellar Noise che hanno proposto quasi interamente l’album d’esordio “Alight”, i raffinati Zaal con le loro atmosfere tra jazz e Canterbury e i Finisterre che hanno presentato una carrellata di momenti salienti della loro discografia. Inframezzate a ciò le presentazioni degli album di Stefano Agnini e Christadoro. Il tutto alla presenza di un pubblico folto, attento e appassionato come raramente se ne vede in Italia. E soprattutto eterogeneo a livello anagrafico, dal ventenne in su. Uno degli scopi principali di Z-Fest è assolutamente quello di non essere un appuntamento per nostalgici bensì di aprirsi a un pubblico vario e aperto. Cosa che per fortuna sta succedendo. Per questo mai userò per descrivere il mio festival appellativi quali “festival prog” o cose del genere. Calcherò invece sempre più la mano su un concetto di appuntamento “progressivo” che vede al suo interno situazioni disparate, senza concessioni alla nostalgia e paraocchi. Visto il successo crescente il mio scopo per il prossimo anno è quello di fare un ulteriore balzo in avanti cominciando a rendere il tutto meno “zuffanticentrico”, con conseguente apertura verso almeno un ospite di caratura più ampia, vedremo se proveniente dall’Italia o dall’estero.
Com’è stato tornare sul palco con i Finisterre?
F.Z.: Molto bello. Alla fine con la band c’è una chimica incredibile che scatta all’istante, ogni volta che ci vediamo per suonare, fossero passati anche anni dal nostro ultimo incontro. Prendiamo gli strumenti in mano e una palpabile magia comincia a circondare sia noi che suoniamo che, credo, chi ci ascolta. Non so spiegarla ma esiste ed è molto coinvolgente.
Sempre il 31 marzo è uscito “Amore Onirico EP”, un lavoro intimo, lontano dal mondo zuffantiano, “estemporaneo”. Una prima domanda è scontata: come nascono questi otto pezzi brevi e scarni?
F.Z.: In maniera del tutto fortuita e per me incredibile. Una sera di qualche mese fa ho avvertito l’urgenza di prendere la chitarra e cominciare a buttare giù idee. Ma in questo caso le idee si sono presentate sotto forma di canzoni fatte e finite. Io suonavo e dal niente scaturivano questi pezzi, senza averli preparati prima. Una cosa mai successa in più di vent’anni che compongo e che non so quando potrà succedere ancora. Sta di fatto che per fortuna avevo tenuto acceso il registratore e quindi ho potuto immortalarle. Ho continuato a riascoltarle nel corso delle settimane ed ero molto indeciso sul da farsi; se lasciarle com’erano, se lavorarci e svilupparle ulteriormente, se pubblicarle, se non pubblicarle. Una cosa era certa, mi emozionavano. Ho pensato quindi che sarebbe stato bello offrire a chi mi segue uno spaccato così assolutamente spontaneo e sincero della mia musica. Non che il resto di quello che faccio non sia sincero, ma è sicuramente più mediato, pensato, visto e rivisto. Dalla nascita di un’idea alla sua realizzazione finale passa molto tempo. Gli spunti cambiano, spesso vengono stravolti, subentra un lavoro molto stimolante che però in qualche modo toglie spontaneità all’idea originale. In questo caso invece le canzoni sono queste, nessuna modifica è stata fatta. Queste sono uscite fuori e queste io propongo. Chiaramente essendo la registrazione originaria un po’ troppo casalinga ho ri-registrato i pezzi in studio aggiungendovi anche qualche minimale arrangiamento di chitarra elettrica, percussioni e pianoforte, ma le canzoni sono quelle uscite fuori quella sera, nessun cambiamento nelle parole o nella musica è stato operato. Mi sembra chiaro che la nascita di questi pezzi sia coincisa con un qualcosa che dovevo “svuotare”, una parte di emozioni che avevo vissuto negli ultimi due anni, che sono stati tra i più turbolenti della mia esistenza. La morte di mio padre, la fine di due relazioni importanti, la consapevolezza del tempo che passa e tanti altri cambiamenti e sensazioni. Tutto si era accumulato e io stavo in qualche modo soffocandolo perché un meccanismo di autodifesa mi proteggeva. Ma a un certo punto queste emozioni si sono liberate da sole, ed ecco le canzoni.
In “Amore Onirico EP” prevale la tua anima cantautorale. Quanto devi a cantautori “particolari” quali Bruno Lauzi, Mauro Pelosi, Flavio Giurato e tutti quelli dai testi non ancorati al “cuore-amore”?
F.Z.: A dire il vero non mi è mai interessato essere un cantautore – credo ce ne siano anche troppi in giro – ma mio malgrado lo sto diventando, perché sempre più avverto l’esigenza di mettermi a nudo senza troppe mediazioni. Nel prog, a livelli di testi, è facile mascherare tutto sotto metafore, indossare maschere… è una musica che per sua natura è elusiva, sfuggente, affronta gli argomenti in maniera profonda ma spesso dicendo tutto e il contrario di tutto. Forse dopo anni di tale linguaggio sto sentendo l’esigenza di comunicare in maniera più limpida. La musica è uno straordinario veicolo per veicolare le proprie emozioni ma nel prog a volte si rischia di comunicare in maniera velleitaria e poco chiara. Il mio amore per il genere resta ma vorrei cercare anche di essere libero di parlare dei miei pensieri in maniera più profonde e senza mascherarli. Per forza di cose il modo cantautorale è quello più semplice, una chitarra, o un pianoforte, la voce, i testi e poco altro. In questo modo si arriva all’ascoltatore senza mediazioni. Una cosa che in passato mi sarei vergognato a fare, per timidezza, chiusura, o forse perché mi interessava poco. Ora credo di essere pronto. Il prossimo passo per me sarà prendere l’urgenza e la sincerità delle composizioni di “Amore onirico” e inserirle in un tessuto musicalmente più corposo, cosa che sto facendo per il nuovo album che sarà pubblicato il prossimo anno. Un disco musicalmente completo e avventuroso ma anche assai “vero” nel suo messaggio. Riguardo ai nomi che citi, a parte Lauzi che chiaramente conosco ma che non ho mai approfondito, gli altri sono tra i miei ascolti preferiti da sempre assieme a Dalla, De Gregori, Lolli, Venditti e mille altri più o meno conosciuti. Ma siccome queste canzoni sono nate in maniera totalmente spontanea e imprevista il discorso sulle influenze è un qualcosa che può essere fatto solo a posteriori, non ho proprio avuto il tempo di pensare ad altri cantautori mentre i pezzi sgorgavano.
Questi brani sono “tuoi” nel senso più intimo del termine. Non hai mai intravisto in loro delle potenzialità utili per essere trasportati in qualche tuo altro progetto o nel nuovo disco che seguirà “La quarta vittima”, quindi arricchiti strutturalmente e musicalmente?
F.Z.: Come ho detto sopra, ci ho pensato. C’è un pezzo in particolare che si chiama “Stavo male?” che secondo me è una delle cose più riuscite nel mio repertorio. E ho provato a immaginarla in un contesto più ampio, con il suo bell’arrangiamento e una costruzione musicale più corposa. Ma alla fine vinceva sempre il fatto che mi piacevano come erano, con il loro essere grezze e immediate. Certo, non mi faccio illusioni sul loro arrivare al mio pubblico. Solo una piccola parte di esso avrà voglia di entrare nel mio mondo più intimo. Ma confido nella piccola parte di “illuminati” che saprà capire e apprezzare queste confessioni in musica. A loro va tutta la mia stima e per me questa fascia di pubblico (che magari apprezza anche i miei progetti più “estremi” come Quadraphonic, R.u.g.h.e., i miei primi album solisti, Rohmer e altro similare) è il mio pubblico per eccellenza. Detto ciò, su “In/Out” (il mio prossimo album) qualche riferimento ad “Amore onirico” ci sarà, ma il contesto sonoro sarà totalmente diverso. “Amore onirico” è in qualche modo la fase uno di “In/out”.
Una scelta particolare è stata quella del formato con cui “Amore Onirico EP” è stato pubblicato: musicassetta. Come mai questa decisione che può sembrare ai più anacronistica?
F.Z.: E’ stata una scelta dell’etichetta che a me è piaciuta subito. Un disco particolare meritava una confezione particolare. Poi io sono molto affezionato alla cassetta. A livello generazionale sono cresciuto con questi oggetti, chiaramente non affascinanti come il vinile ma che mi hanno permesso di conoscere tonnellate di musica grazie agli scambi vari che si operavano all’epoca. Incredibilmente le cassette stanno lentamente tornando alla ribalta, ci sono addirittura etichette che propongono le loro produzioni solo su questo formato. Formato che rischia di diventare più moderno e meno anacronistico del cd, che personalmente non amo e che secondo me ha fatto il suo tempo.
C’è un nesso tra “Amore Onirico EP” e il tuo libro di poesie “Il giorno sottile”?
F.Z.: Solo in parte, le poesie sono nate nel corso degli anni, queste canzoni tutte in una sera. Le poesie sono spesso metaforiche, queste canzoni sono di quanto più diretto io abbia mai concepito. Però in entrambe le situazioni c’è questa voglia di mettersi a nudo di cui parlavo sopra, anche se usando linguaggi diversi. E forse è questo ciò che più accomuna le due cose.
Andando oltre, a che punto sei con il nuovo album targato Fabio Zuffanti? E come nasce la collaborazione con Livio Magnini dei Bluvertigo?
F.Z.: Conosco chiaramente di fama Livio da tempo e ho sempre ammirato il suo modo di suonare la chitarra, molto “Belew-style”, cosa rarissima per l’Italia. Poi nell’occasione del disco dei Christadoro (registrato e prodotto da Magnini stesso) ci siamo incontrati, scambiato opinioni, capito di essere sulla stessa lunghezza d’onda. C’era una cosa fondamentale che avevo in mente per il mio nuovo album: avere un direttore artistico esterno che potesse guidarmi nelle scelte che fosse una sorta di Brian Eno. Ecco, se in Italia c’è un Brian Eno questi è proprio Livio. Grazie alle sue esperienze, ai suoi ascolti, al suo modo di concepire la musica. Certo, Livio è più “musicista” di Eno, ma il suo mondo è quello, e lui sa come prendere un pezzo e rivestirlo di quella magia tra pop e avanguardia che è sempre stata la peculiarità del genio inglese. Il mio nuovo album sarà al crocevia tra molte cose, rappresenterà il tentativo di concepire un vero disco progressivo per i nostri anni, con poche concessioni alle mie esperienze passate e molti spunti per il futuro. Questo futuro verrà soprattutto dagli input che suggerirà Livio, il quale suonerà anche tutte le chitarre.
Chiudiamo con una domanda scontata: ci sono altri progetti all’orizzonte?
F.Z.: A livello discografico per ora solo il lavoro su “In/Out” che vorrei pubblicare in occasione della prossima Z-Fest, il 30 marzo 2018. Per il resto un tour di presentazione di “Amore onirico” che debutterà a Genova il prossimo 3 maggio (al teatro Bloser), un tour nordamericano ove mi esibirò con Höstsonaten e da solista e alcune produzioni per altri artisti (ISproject, Sintonia Distorta e altri in lavorazione).
Grazie come sempre per la tua estrema disponibilità e a presto per il nuovo album! 😉
F.Z.: Grazie come sempre a voi e alla prossima!
(Aprile 2017)
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