I Teoremi (1972)
Polaris
In quella che è una delle annate cardine per il progressive italiano, il mercato musicale vede l’uscita di un album che diventerà nel tempo molto raro: I Teoremi, registrato dalla band omonima.
L’anno prima I Teoremi, con alla voce Tito Gallo, avevano già pubblicato un singolo che conteneva anche una cover dei Jetrho Tull.
Nel 1972 Gallo abbandona la band e viene sostituito da Vincenzo “Lord Enzo” Massetti che, insieme a Mario Schilirò (chitarra), Aldo Bellanova (basso) e Claudio Mastracci (batteria), entra in studio per registrare il primo ed unico album della band.
Già la formazione da “rock band” senza tastiera può lasciar trapelare qualche minimo indizio sull’anima del gruppo e sul progetto che essi svilupparono in quella sala registrazione. Infatti, il sound che l’album restituisce ha gli elementi più hard del prog d’oltremanica, con un grande uso di riff e assoli chitarristici molto duri e un gran lavoro di basso. Il leitmotiv del disco è proprio il continuo intreccio tra i tre strumenti (e la voce) che restituiscono un “heavy prog” davvero interessante. Si potrebbe addirittura leggere come unico brano continuo, con una breve pausa giusto sul finire, costituita da A chi non sarà più. Il tutto ci ricorda un po’ gli Uriah Heep di Look at yourself (senza organo), o qualcosa de Il Rovescio della Medaglia, ma anche i brani più robusti dei Procession.
All’interno della copertina la Polaris espresse la sua speranza: “Ragazzi veramente preparati e strumentisti eccezionali. Crediamo che la fiducia da noi riposta nel giovane complesso venga condivisa ed affermata anche dal pubblico. La parola ora ai critici ed agli esperti da cui attendiamo giudizi e commenti”. Purtroppo la risposta fu quasi nulla. Va anche detto che etichetta e band contribuirono non molto alla poca diffusione dell’album con una tiratura molto limitata e ancor meno esibizioni live.
L’album si apre con Impressione. Il brano ci dà il primo assaggio di quello che troveremo lungo l’ascolto dell’intero album, con una bella trama creata tra i tre strumenti. Tra i due segmenti cantati, in cui c’è anche un botta e risposta tra Massetti e un coro in falsetto, abbiamo quasi cinque minuti di assolo di chitarra affidato a Schilirò, prima quasi etereo, poi imponente. Una padronanza della chitarra eccezionale. Notevole il sottobosco di basso e batteria che sostiene alla grande il brano.
Mare della tranquillità è l’unico brano in cui compare il piano. La band, come accade spesso nel disco, sfoggia la sua veste migliore e anche il piano riesce a non sfigurare. C’è anche lo spazio per far emergere la batteria di Mastracci con un solo di circa due minuti.
In Passi da gigante emerge ancor di più la “vena poetica” di Schilirò. Si diverte a giocare col suo strumento un po’ come fa “Bambi” Fossati. Ancora una volta encomiabile il lavoro di Bellanova al basso.
Con Nuvola che copri il sole I Teoremi continuano a mettere sul piatto le proprie eccellenti capacità. Magnifico il lavoro alla chitarra di Schilirò, col suo alternarsi di cavalcate e pause (da non leggere come vuoti), supportata molto bene da basso e batteria. Anche la voce di Massetti fa la sua “sporca” figura.
Qualcosa d’irreale corre sulla scia del brano precedente, con un amalgama tra i quattro perfetta. Il doppio assolo chitarra-basso è grandioso. C’è lo spazio anche per un coro “d’alleggerimento”.
Il dialogo d’un pazzo è un continuo virtuosismo di chitarra (ricorda un po’ Gary Green dei Gentle Giant in Peel the paint), con il basso in sottofondo che fa un lavoro grandioso.
Schilirò sa essere anche morbido, infatti, A chi non sarà più si apre con un riff di chitarra acustica molto leggero. Il lavoro maggiore, che questa volta si riesce ad ascoltare nitidamente, è affidato al basso di Bellanova e alla voce. È il brano più delicato del disco, ed è una degna chiusura di un notevole, ma sfortunato, album.
La ristampa dell’Akarma del 1999 contiene altri due brani, Sognare e Tutte le cose (cover di With you there to help me dei Jethro Tull, abbreviata e rivisitata), con alla voce Tito Gallo, pubblicati insieme nel 1971 come singolo. Entrambi musicalmente ricalcano, per grandi linee, quanto ascoltato nell’album.
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