Troldmand – Live at Loppen | 21​.​10​.​11 (2012)

TROLDMAND

Live at Loppen | 21​.​10​.​11 (2012)

Space Rock Productions

 

Dal sempre più attivo panorama progressivo scandinavo (precisamente dalla Danimarca), nel 2011 è emersa una nuova band che è riuscita nel non facile compito di far rivivere le atmosfere psichedeliche degli anni ’70. Stiamo parlando dei Troldmand.

Di questi ragazzi si conoscono solo i nomi e relativo strumento suonato: Bjørn e Kim ai sintetizzatori, Kasper e Kristian alle chitarre, Oskar alla batteria e Rasmus al basso.

L’album in questione, Live at Loppen | 21​.​10​.​11, ha immortalato la loro esibizione avvenuta in tale data al Loppen di Christiania, un quartiere parzialmente autogovernato della città di Copenaghen. In questi quaranta minuti di musica i Troldmand riportano in auge atmosfere krautrock e psichedeliche tipiche di mostri sacri quali Popol Vuh, Ash Ra Tempel, Amon Düül II o Flower Travellin’ Band. Facendo un parallelo “live” sembra di rivedere gli Hawkwind di Space Ritual (voce esclusa) quasi quarant’anni dopo.

Il disco si può leggere come un lungo brano unico strumentale il quale, forse, può sembrare una continua ripetizione di moduli simili, ma quello che sembra l’intento di base (tendere una “trappola magnetica” all’ascoltatore) è pienamente raggiunto.

Fin dalle primissime battute di Et Samfund Under Jorden siamo consci del trip mentale in cui ci immergeremo grazie all’ascolto dell’intero album. L’ipnotica esecuzione di chitarra, che sembra ripetersi all’infinito, sommata ai synth ondulatori, ci invita, quasi ci obbliga, a un viaggio extracorporeo. Il brano sembra espandersi nel tempo sino all’infinito. I poco più di dieci minuti della sua durata sembrano un’eternità. Come detto prima, siamo di fronte alla reincarnazione degli Hawkwind. Solo negli ultimi minuti anche la band sembra uscire dalla trance reagendo in “malo modo”.

Det Borende X. I suoni dilatati dei primi minuti, soprattutto quelli della chitarra, creano un’atmosfera tipicamente floydiana. Anche in questo caso siamo sospesi in un limbo spazio-temporale in attesa di non si sa cosa. Ancora una volta i Troldmand riescono ad ipnotizzare l’ascoltatore e, come nel brano precedente, si perde la cognizione del tempo. I suoni iniziali poi diventano lentamente più corposi lungo il tragitto ma, si è così presi dal clima estatico, che quasi non ci si fa caso.

Atomkrig sembra riprendere e “incattivire” Et Samfund Under Jorden. Chitarre, synth, basso e batteria creano un nuovo vortice sonoro. A metà brano una piccola svolta, con un riff di chitarra che funge da pausa tra la prima mezz’ora psichedelica e i restanti dieci minuti. Dura pochi secondi, poi la marcia riprende incontrastata.

Rockford, Illinois si apre con riff più rockeggiante (ripreso più volte lungo il cammino), ma ben presto, grazie soprattutto ai synth, si cade nella trance dei brani precedenti.

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