Vilpuu Kalle – Silver Lining

KALLE VILPUU

Silver Lining (2013)

Guitar Laboratory OÜ

 

Dopo una carriera trentennale trascorsa in band quali Seitsmes Meel, 777, Ultima Thule e House of Games, il chitarrista estone Kalle Vilpuu decide di “mettersi in proprio” e pubblica nel 2013 Silver Lining.

In studio per le registrazioni dell’album troviamo, accanto a Vilpuu (sue anche le tastiere e la voce), Andrus Lillepea (batteria), Henno Kelp (basso), Mari Pokinen (voce), Tarvi Jaago (flauto), Tiit Kikas (violino), Martti Mägi (violino), Imre Eenma (basso, viola da gamba) Eduard Akulin (trombone), Indrek Kruusimaa (chitarra flamenca).

Nonostante sia un album “personale”, fin da subito si può dire di non essere di fronte ad un lavoro eccessivamente “chitarrocentrico” anche se, ovviamente, il tocco di Vilpuu si sente lungo tutti i minuti del disco. Nell’opera strumentale dell’estone (se si escludono i brevi interventi vocali di Mari Pokinen e dello stesso Vilpuu) ci si ritrova in un mix antitetico di atmosfere scure, in cui il “territorio sonoro” più attiguo è il prog metal, e rasserenanti.

Si parte con Anomalies. I secondi space iniziali introducono la prima scarica d’energia di Silver Lining. È la batteria di Lillepea a premere subito sull’acceleratore trascinando dietro sé le “ruvidezze” di chitarra e basso. Una svolta elettronica e magnetica si ha oltre la metà del brano con batteria e chitarra che tentano più volte di rompere l’”incantesimo”, riuscendoci solo nel finale. Da evidenziare la drammaticità degli archi.

Come l’episodio precedente, anche Unforgiven si apre con un “barlume” di leggerezza, prima che ritmiche e distorsioni prendano il sopravvento. Sarà Vilpuu ad ergersi poi protagonista con un lungo arabesco alla John Petrucci.

Più tenero ed “evanescente” è il primo segmento di Interno, giocato su un ritmo lento, inserti d’arco e i vocalizzi di Mari Pokinen (escludendo la voce e la sua affinità con Elisabetta Montino dei Quanah Parker, sembra di trovarci tra le note dei Radiohead della fase “Kid A”/”Amnesiac”). Poco oltre si accelera leggermente e lo spazio è preso prima dalla tastiera di Kalle Vilpuu e poi da un nuovo ricamo della chitarra dello stesso.

Si torna a “picchiare duro” alla Tool con Industrial No 4. Batteria, basso e chitarra creano un muro sonoro molto compatto per gran parte del brano. Anche qui tocca alla chitarra di Vilpuu tentare di uscire dal “gorgo” con un assolo.

Ancor più rapido e compatto è l’avvio di In the Back of my Head. Qui la novità è rappresentata dai suoni sintetici zigzaganti che rendono notevolmente più dinamici questi momenti. Nei cambi successivi lo stesso synth cerca di essere sempre al “capo delle operazioni” ma si vede costretto poi a cedere lo scettro alla chitarra, prima di riprenderlo nel finale.

The Aliens (Have Landed). Anche in questo episodio troviamo amalgamati gli ingredienti di Kalle Vilpuu: ritmiche sostenute, chitarre taglienti (anche con un tocco orientalizzante) ed elettronica “libera”. Tutto richiama, quanto basta, alcune soluzioni dei Porcupine Tree.

Trappings. Brano dalla doppia anima. La prima metà è piuttosto luminosa grazie al piano di Vilpuu e al suo solo delicato di chitarra che si muovono sui tempi non proprio lenti di Lillipea. La seconda metà si apre con un intreccio di suoni metallici ed elettronici (questi hanno fatto la loro breve comparsa già nel segmento precedente) i quali fanno piombare il brano nel buio. Poco oltre, piano e archi cercano di riportare luce.

Più “spirituale” e nettamente diverso dai brani precedenti è The Touch of Angel. Una serie di suoni minimali ed eterei s’intrecciano mettendo in risalto i vocalizzi della Pokinen, il tutto adagiato su una base ritmica in loop.

Un’aurea “immateriale” contraddistingue anche la breve Rosie, dove troviamo le chitarre diluite di Vilpuu a reggere l’intera struttura.

Si riprende forza con Forgiven. Il denso flusso sonoro riprende il motivo principale di Unforgiven ed è interrotto in alcuni punti da frammenti inquieti caratterizzati dalla chitarra flamenca di Kruusimaa e dai vocalizzi scuri di Vilpuu.

Si chiude con Silver Lining. Come accaduto in The Touch of Angel, la base è affidata a ritmiche circolari mentre l’atmosfera è meno tesa rispetto ai brani più duri. Ad emergere lungo il cammino i leggeri suoni delle tastiere e la chitarra “liquida” che prende consistenza col trascorrere dei secondi.

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