BUG
O’Brien Shape (2016)
Autoproduzione
È il 2016 quando il progetto varesino Bug esordisce con l’EP O’Brien Shape. Il quartetto formato da Jacopo Rossi (chitarra), Patrick Pilastro (batteria), Andrea Boccarusso (chitarra, basso, voce) e Giorgio Delodovici (voce) realizza un concept album che, “celato” dalla cover magrittiana realizzata da Chiara Castelli, cerca di cogliere la poliedricità e la precarietà dei rapporti umani, cucendo i testi intorno al protagonista O’Brien (personaggio liberamente ispirato al romanzo “1984” di George Orwell) e al suo dramma esistenzialista.
Frutto delle varie esperienze musicali dei quattro, l’impianto sonoro di O’Brien Shape si sviluppa in diverse direzioni che, anche se tendono principalmente al mondo grunge, si muovono tra progressive, funk e blues risultando, al netto di tutto, omogenee, credibili e concrete. E quel timbro vocale “non italiano” di Delodovici spicca in modo notevole e potente, sfruttato al meglio dalla band anche grazie ai rinforzi corali di Boccarusso.
“Singhiozzata” e nineties si apre March of the Worms, poi le chitarre di Rossi e Boccarusso donano una forma più lineare, con soluzioni ed atmosfere che si muovono tra Eveline’s Dust e Soundgarden, dove la voce calda ed espressiva di Delodovici può muoversi indisturbato. L’intensità cresce col trascorrere dei secondi sino ad esplodere sul finale.
Una schitarrata fresca e genuina ci accoglie in The Tide e, con l’ingresso del canto ruvido Delodovici, i Bug alzano l’asticella spostandosi verso lidi cari ai Temple of the Dog. Vietato adagiarsi. Infatti, a metà percorso, un frizzante intervento funky della chitarra, seguito a ruota da tutti gli effettivi, imprime nuova forza all’episodio sino alla violenta festa di colori (scuri) posta in coda.
Il crescendo dalle tinte fosche di Chain Stemmed avanza lento ma costante, carico di tensione, sino ad aprirsi in parte con suoni più luminosi, puntando i piedi, però, nel Seattle sound. E, dopo alcuni ricami di corde, il brano avanza tra nere esplosioni vorticose e “assestamenti” chiari.
Dopo un avvio “fuorviante”, il clima si fa pesante per O’ Brien Shape, un macigno compatto trascinato dal canto rabbioso di Delodovici, dai colpi durissimi di Pilastro e dalle scudisciate furiose di Rossi e Boccarusso, con un grande assolo seventies in coda.
Vivace l’avvio di Twice, con quel mix di Pearl Jam e Alice in Chains che non dispiace. A seguire l’episodio si caratterizza di una trama ben articolata e congegnata, quasi sempre tirata grazie alle ritmiche onnipresenti del duo Pilastro/Boccarusso, con ottimi fraseggi chitarristici, la voce di Delodovici sempre sul pezzo e quel velo alla Porcupine Tree che certifica la qualità del brano.
Capitolo finale This Flood. L’arioso arpeggio che dà il via all’episodio si arricchisce ben presto dei tocchi di Pilastro. Poi tutto si fa più denso con il canto urlato di Delodovici trascinatore e i suoni che si compattano verso lande alla A Perfect Circle.
Davvero un peccato la decisione presa dalla band di mettere la parola “fine” al progetto. Le premesse per un interessante percorso artistico c’erano tutte.
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