JANA DRAKA
Where the Journey Begins (2019)
Autoproduzione
Cambiare “traiettoria” nella propria vita musicale, lasciare la propria terra per cercare nuovi stimoli altrove, abbandonare ciò che è noto per abbracciare l’ignoto è sempre un rischio. Ed è accettando questo rischio che Valerio Magli (basso elettrico, contrabbasso, voce) e Danilo Pantusa (chitarra elettrica, chitarra acustica, cori), dopo l’uscita dell’EP “Introspection”, lasciano la Calabria e, nel 2018, ripartono da Roma: questa la meta scelta dai due ragazzi ed è qui che il nuovo viaggio dei Jana Draka ha dunque inizio.
Where the Journey Begins è il risultato di questa “seconda vita” del progetto (leggi l’intervista), e, in certo modo, rappresenta il culmine del viaggio iniziato da Valerio e Danilo nel periodo post-EP, momento in cui i brani iniziano a germogliare per terminare poi la loro “corsa” con la nuova “famiglia romana” formata da Giorgio Belluscio (synth, cori), Federico Aramini (piano, organo, synth) e Valentina D’Angelo (batteria, percussioni, batteria elettrica).
Ed è con questa nuova formazione a cinque che i Jana Draka confezionano Where the Journey Begins, un lavoro davvero interessante in cui il progressive rock è protagonista indiscusso e viene sviscerato attraverso una miscela di sonorità italiane ed internazionali, con frangenti densi dalle strutture articolate che si affiancano a momenti delicati guidati di sovente dal piano di Aramini. Avere un doppio tastierista nella propria “faretra” con piena libertà di azione, in un contesto caratterizzato anche da un solido impianto ritmico e notevoli capacità chitarristiche, tutto condito da una voce dal timbro pregevole che s’incastra alla perfezione nell’impianto sonoro, fa sì che i vari episodi appaiano pienamente descrittivi e scivolino via senza intoppi.
L’album vede anche la collaborazione di Sara Mun (voce in Salem), Lorenzo Caristi (batteria in Awaken) e Benedetta Manfrinetti, Chiara Scordino, Alice Guercio e Veronica Bartolomei (cori in The Outsider e Awaken).
I suoni scuri che ci accolgono nel primo capitolo di Where the Journey Begins, Overture, lasciano presagire il “peggio” e, quando si è ormai pronti per affrontarlo, ecco apparire il luminoso piano di Aramini: nelle sue dita coesistono poeticità e drammaticità di stampo nocenziano. Il nostro “viaggio” ora può definitivamente prendere il via.
Caratteristica principale di Coming Home è una certa fisionomia fosca, un “brivido” che corre lungo la schiena per quasi tutto il tragitto del brano. Le atmosfere descrittive e avvolgenti create dalle chitarre di Pantusa, a suo agio nei cambi pulito/distorto, e dalle tastiere cangianti di Belluscio e Aramini, tutto ottimamente sorretto dalle ritmiche del duo Magli/D’Angelo, si sviluppano senza patemi, con picchi d’intensità notevoli, lambendo territori The Flower Kings, Spock’s Beard ed Echolyn. […] Coming home to see / The essence of inspiration / My soul leaving its clay / My body’s gone, my mind is free.
Violenta si palesa Salem, con la deflagrante chitarra sabbathiana di Pantusa a lanciare il tema tenebroso, di matrice gobliniana, e le seguenti possenti andature guidate da Valentina. Davvero interessanti i policromi ricami tastieristici che si sviluppano lungo il percorso “sinusoidale” dell’episodio, arricchito dalla camaleontica interpretazione vocale di Magli che fa perfettamente suo uno dei personaggi narrato dal testo, il vescovo. E, nelle parole del brano, rivive l’eterno scontro tra fede e superstizione, tra la “cecità” della prima e la “ragione” della seconda, quest’ultima interpretata dall’angelica voce dell’ospite Sara Mun nei panni di una strega.
Il “carillon” di Aramini posto in apertura di The Outsider lascia addosso quella sensazione ambigua tipica dei film horror: il suo suono è rasserenante ma nasconde qualcosa di inquietante. Poi ci pensano tutti gli effettivi a cambiare le carte in tavola, con un vivace guizzo condito da suoni eighties, e la successiva alternanza tra “cadute” vocali e virate rapide e dense. In seguito, a fungere da spartiacque, prima dell’esplosivo segmento finale che emana sentori Tool, un suggestivo coro ecclesiastico cui prendono parte anche gli ospiti Benedetta Manfrinetti, Chiara Scordino, Alice Guercio e Veronica Bartolomei.
Soffice appare A Gem’s Last Moment, Pt. 1, avviluppata stretta al dolce fluire di note affidato al piano di Aramini. E anche quando Pantusa dà il via al proprio arpeggio e Magli entra in scena con il suo canto carezzevole, l’essenza romantica del brano non muta.
A Gem’s Last Moment, Pt. 2. È ancora una volta il piano, questa volta più sfuggente del solito, a dare il via al brano, con D’Angelo che sarà la prima ad aggiungere il suo contributo, prima che tutto cada in un vortice magmatico nero, guidato ottimamente dalle tastiere. E quando i giri calano, quasi completamente, il duo piano/voce illumina la scena, con un “pizzico di sale” alla Banco. Tutto può poi ricominciare a “gonfiarsi”, con quella sensazione di tensione che si scioglie nell’assolo finale di Pantusa.
Con quello che sembra quasi un omaggio ad Antonius Rex prende il via Carcosa. Il clima di fondo si fa poi vacuo, utile al magnetico canto di Magli il quale, libero di muoversi, lascia sbocciare la propria intensità. E quel frammento un po’ mediterraneo e un po’ orientalizzante che segue “scalda” il terreno al drammatico finale. […] Where the Satyrs dance, / And the Ancient Gods rise, / Scream your Real Name to the stars. / Sacrifice yourself to the Yellow King, / And Welcome to your Hometown.
Poetica e delicata la breve Limbo, Pt. 1, tutta confinata tra le dita di Aramini e la voce di Magli.
Spazio poi a Limbo, Pt. 2 che arriva lievemente più viva e più “collettiva”. L’anima tenera, romantica, avviata con la prima parte del brano tripartito, resta predominante lungo tutti i quasi tre minuti dell’episodio, con piccoli dettagli strumentali che ne accrescono il sentimento.
E con Limbo, Pt. 3, i Jana Draka mettono sul piatto tutte le proprie “pietanze”. Dopo le prime battute assegnate al solito Aramini, i cinque si lasciano andare a cavalcate sontuose dall’ottima miscela seventies, un lavoro corale privo di sbavature che si alterna a momenti più cadenzati e leggermente wilsoniani, qui “acquosi”, là più sinuosi, in cui largo spazio è dato al canto di Magli.
Come una carezza scorre via Daydream, interamente giocata su quella sensazione sognante e un po’ sospesa descritta musicalmente dalle “materne” corde di Pantusa ed espressa a parole dal morbido canto di Magli.
Sempre sul filo del rasoio la frizzante Awaken, con i suoi continui “voltafaccia”, con le sue soluzioni fresche ed elettrizzanti, i momenti affidati agli arabeschi di corde e le esplosioni corali.
Nottuno. Ed è Chopin/Aramini a chiudere Where the Journey Begins con il suo tocco leggiadro ed incantevole al piano. Classico.
E quando termini l’ascolto comprendi che affrontare un rischio a testa alta, affiancandosi a compagni di viaggio che navigano sulla tua stessa lunghezza d’onda, non può che dare risultati appaganti.
Per maggiori info e acquisto: Jana Draka
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