Ci sarà una fine

«Ti dirò, secondo me queste “vacanze forzate” non potranno che farci bene. Ultimamente trascorrevamo troppo tempo a lavoro».
«Sì, lo penso anch’io».
«E poi, tre settimane passeranno in fretta».
Coronavirus, o Covid-19, questo il nome della causa delle “ferie forzate”, o, secondo i catastrofisti, del nuovo nemico dell’umanità.
La parola “nemico”, inizialmente, ai più sembrò davvero un’esagerazione. La Cina, dove tutto sembrava aver avuto inizio, come sempre era lontana e poi, secondo i ben informati, quelli che sui social elargiscono il sapere gratuitamente, era la classica influenza. Sì, forse leggermente più aggressiva del solito, ma il prezzo in morti, come ogni anno, andava pagato. Nulla di nuovo dunque. Però… D’un tratto arrivò quel “però” e le vite di Milena, Fabio e altri quattro miliardi di abitanti del pianeta cambiarono.
«Quindi, essenzialmente non possiamo fare nulla, eccetto restare in casa e spassarcela in attesa che la situazioni migliori» sintetizzò lei.
«Esatto».
«Dovremo fare un piano per sfruttare al meglio questo tempo».
«Idee?» domandò lui, aperto ad ogni proposito.
«Di sicuro una pulizia approfondita della casa».
«Ecco…» sbuffò Fabio.
«Ci tocca. Poi io avrò finalmente il tempo di leggere un po’ dei libri accatastati nella libreria. E potremo fare quel puzzle che ci regalò tuo fratello un paio di anni fa» proseguì lei, già proiettata nei giorni a venire.
«Mmm. Pulizie, libri, puzzle. Ci possiamo lavorare su».
«Io inizio con un buon libro. Tu trovati qualcosa da fare».

Nei giorni seguenti, qualcosa, nella lotta al virus, sembrò andar storto. Ogni pomeriggio il governo diramava un bollettino di guerra che contava centinaia di morti e migliaia di nuovi contagiati. Il nord del paese stava collassando sotto i colpi del nemico invisibile ma, sempre secondo i ben informati, si trattava esclusivamente di un complotto messo in atto dalle potenze occulte che da sempre governavano il pianeta, una subdola manovra per dominare le nostre menti, la nostra libertà. L’Italia doveva essere la cavia iniziale, o finale (piccolo dettaglio che mutava in relazione al complottista di turno). Sì, perché negli ultimi anni il nostro paese aveva iniziato una troppo proficua collaborazione con la Cina e, secondo le economie occidentali, e i ben informati, avrebbe dovuto pagarne le conseguenze. E, anche se il virus, sempre secondo i ben informati, sembrava fosse stato creato in un laboratorio della Cina, e lo stesso paese ne aveva pagato le prime conseguenze, secondo un ancor imprecisato (ma certo) percorso, era giunto nella nostra penisola a mietere le sue vittime.
Ma poi tutto il pianeta si ritrovò a far la conta dei propri morti e dei propri contagiati. Come l’Italia. E l’epidemia divenne pandemia.

«Forse una passeggiata ci farebbe bene, non pensi?».
«Credo di sì ma in due non possiamo uscire».
«Ah, già…».
Era trascorsa poco più di una settimana e le pulizie “approfondite” erano già state archiviate, così come tre libri per Milena, due per Fabio e oltre metà puzzle.
Intanto, le disposizioni governative e le limitazioni erano state giornalmente aumentate o riconsiderate (attività fisica sì ma non in un parco; uscire col cane sì ma con un altro animale domestico no; fare la spesa sì ma solo beni di prima necessità…) e un pizzico di caos veniva aggiunto costantemente alla surreale situazione.
«E quello? Perché è fuori? Senza mascherina per giunta» disse dura Milena osservando il mondo fuori dalla finestra.
«Avrà l’autocertificazione».
«Sarà. E quei due poi? In due! Assurdo!» e indicò una coppia che camminava sul marciapiede di fronte.
Fabio inarcò le spalle non sapendo cosa dire, riprendendo poi a leggere.
«Ne ho visti altri».
«Di cosa?» domandò lui senza porre molta attenzione alla cosa.
«Di umani. Senza mascherina».
«Ma se cammini da solo chi vuoi che t’infetti?».
«È pericoloso comunque. Ho letto che il virus resta in vita anche giorni poggiandosi ovunque. È un attimo e puoi ritrovarti contagiato».
«Sarà» e il dubbio di Fabio fu spazzato via dall’ennesima sirena di ambulanza.

«È da qualche giorno che li sto studiando».
«Chi?».
«I gabbiani. La mattina ce ne sono sempre due che s’appoggiano lì di fronte, sul cornicione. Poi nel pomeriggio ne compaiono almeno quattro, uno si mette sull’angolo e gli altri tre stanno in disparte» disse seria Milena fissando gli uccelli sull’edificio di fronte.
«Bello. Sì, proprio bello» rispose sarcastico lui, dandole una pacca sulla schiena.
«E anche i vicini. Sono strani».
«Tu spii i gabbiani e loro sono quelli strani? Tesoro, ascoltami. Almeno tu non impazzire. Non manca molto alla fine di questa storia e dobbiamo restare sereni».
«Eh, parli facile tu».
«Anzi, andiamo che è quasi ora del discorso del presidente in TV».

«Ancora due settimane di sacrifici?!».
Questo il succo dell’ultimo discorso alla nazione del presidente del consiglio, la prosecuzione del lockdown, una delle tante parole prese in prestito dal mondo anglosassone che rendevano un argomento, e chi lo espone, degno di attenzione e rispetto. In seguito aveva preso la parola il capo massimo del fronte sanitario per snocciolare i dati tecnici.
«La curva epidemica ha raggiunto il plateau? Ma come parla questo?!» aggiunse poi furiosa Milena.
«Io pensavo che il plateau fosse una parte della scarpa» rispose ingenuo Fabio.
«Anch’io».
«Ma pare significhi che la situazione si stia assestando. Il picco di contagi e decessi è stato raggiunto ma è ampio e, come su un altipiano, ora toccherà scendere gradualmente, o almeno penso sia questo il senso».
«E che pendenza ha questa discesa?».
«Credo molto lieve».

«Hai mai conosciuto Zia Rita?».
«Onestamente mi sfugge».
«È la sorella di mia nonna Sara. Anzi, era» ammise tristemente Milena chinando il capo.
Fabio, colto il tono malinconico, l’avvinghiò con un abbraccio consolatorio.
«Ma è morta di coronavirus?» domandò d’un tratto l’uomo.
«E chi lo sa. Aveva qualche problema al cuore di sicuro. Poi è stata trovata positiva e, come per migliaia di altri morti, la mazzata definitiva può esser stata il virus. Oppure no».
Lui la fissò negli occhi senza dire nulla.
«Non hai notizie per due settimane, ovviamente zero possibilità di vederla, e poi arriva una chiamata dall’ospedale e, con tono freddo e distaccato, ti viene comunicato che il paziente non ce l’ha fatta. E, oltre al danno, la beffa di non poter celebrare un funerale. A crisi ultimata verrà recapitata un’urna, o una cassetta, con le ceneri. Questo hanno detto» aggiunse poi con rabbia.
«Situazione non semplice».
«Questi sono gli eroi».
«E cosa pretendi da loro? Sono decenni che lo Stato fa tagli alla Sanità. Ora si ritrovano con un cucchiaino a svuotare l’oceano. Stanno, stiamo, con le pezze al culo».
«Basta! Esco!» esclamò improvvisamente Milena.
«E dove vai?».
«Ma perché non abbiamo un cane?».
«Perché non ami i cani».
E, prima di proseguire con altre frasi sconclusionate, la donna piombò senza peso su una sedia e iniziò a singhiozzare.
Fabio si sedette accanto accarezzandole dolcemente i capelli.
«Ma quando finirà quest’incubo?».
«Dicono che senza vaccino non potremo tornare alla vita normale».
«E quando sarà pronto?».
«Sei mesi? Due anni? Se ascolti il virologo sul primo canale c’è ottimismo, se ascolti l’altro, in quel programma demenziale sul cinque, allora siamo sull’orlo dell’estinzione».
«Ma ho letto su internet che in tanti stanno sperimentando la cura».
«Sì, è la nuova corsa all’oro. Il primo che lo trova verrà sepolto da una valanga di soldi».
Lei alzò per un attimo la testa, osservò impotente il suo uomo e domandò stanca: «Ma riusciremo mai a tornare alla vita di prima?».
«Sinceramente non lo so, ma, nel dubbio, ci voglio credere».

(pubblicato nell’antologia “Caos ed Equilibrio. Volume II” – Catartica Edizioni, 2020)

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