Incastri

«Pronta?».
«Eh, e mezz’ora che t’aspetto!».
«E cominciamo allora!».
La dea bendata, poco prima, aveva posto il suo benefico “occhio” sulla figura di Mirco, concedendogli il privilegio d’incastrare la sua autovettura nell’unico spazio ancora disponibile a pochi metri dal portone di casa, evitandogli il solito infinito vagare tra i vari isolati che si estendevano nel raggio di oltre cinquecento metri dalla sua abitazione e, quindi, di guadagnare tempo prezioso da spendere tra le mura domestiche.
Ed ora, dopo una doccia rinvigorente, l’uomo era pronto per l’azione.
«Dove eravamo rimasti?».
«Dove?! All’apertura della scatola!» esclamò divertita Alice.
«Ah, vero! Stiamo per iniziarne uno nuovo» rispose sorridente Mirco passandosi una mano tra i folti capelli chiari.
«Comunque, mentre tu ti rilassavi in bagno, io ho già diviso i pezzi per colore e sfumature» disse lei, evidenziando il meticoloso lavoro svolto con un ampio gesto della mano.
Sul tavolo, infatti, trovavano spazio diverse piccole scatole colme di tasselli policromi.
«E la cornice?».
«È lì» e indicò un piccolo monticello di pezzetti di cartone colorato posto al centro del piano di lavoro.
«L’ho sempre detto di avere un ottimo braccio destro!».
«Braccio destro io? Ma se sono il capo qui!» e lo colpì con un buffetto sulla spalla.
«Passami la scatola, così familiarizzo un po’ con la nuova opera».
E Mirco si ritrovò ad osservare il dipinto “Hirondelle Amour” di Joan Miró. Quelle forme amorfe, umane?, che fluttuavano in uno spazio indefinito l’avevano attratto immediatamente il giorno dell’acquisto. Un nuovo quadro surrealista che avrebbe arricchito la loro collezione di puzzles, facendo bella mostra in salotto.
Spesi un paio di minuti ad analizzare l’immagine stampata sulla scatola, Mirco concentrò poi la sua attenzione verso i tasselli disposti con ordine sul tavolo.
Quei mille pezzi, dai profili, a prima vista, tutti identici, o quasi, celavano una propria unicità che la coppia aveva imparato negli anni a riconoscere. “Ogni puzzle ha una propria anima frantumata. A noi il compito di individuarla e ricomporla” amava ripetere spesso Mirco. E adesso, come ogni volta, l’azione “ricostruttrice” aveva inizio con la sistemazione dei bordi.
«Ma non senti anche tu una certa fame?».
«Ancora cinque minuti».
Erano trascorse quasi tre ore dall’avvio dell’operazione e Mirco, oltre a risentire dei primi effetti della stanchezza, percepiva nitidamente anche le “rimostranze” del suo stomaco.
Intanto, la cornice del puzzle aveva già trovato la sua forma, così come le due stravaganti figure nell’angolo alto a destra.
Mirco si fermò a mirare la nuova opera che, quasi dal nulla, stava prendendo vita sotto i propri occhi. Poi, sollevato il capo dal tavolo, si guardò intorno. Lungo le pareti dell’ampio salotto trovava spazio la propria galleria d’arte, in quei numerosi puzzles realizzati negli anni con Alice. Un lavoro di squadra di cui era orgoglioso. E vide anche lo spazio vuoto che avrebbe ospitato il Mirò, tra gli “orologi fusi” di Dalì e “Gelb-Rot-Blau” di Kandinsky. E sorrise soddisfatto.

«Ehm, sono le dieci!» esclamò infine, esausto, dopo una lunga serie di “cinque minuti”.
«Ah, sì sì!» e Alice alzò di scatto la testa verso il suo uomo, cercando in quel viso la conferma della fine delle danze.
«Per oggi, forse, può bastare».

(pubblicato nell’antologia “Mille… e una Storia”, 2020)

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