Un caro benvenuto ad Alessandro Casagrande (A.C.), Mirco De Marchi (M.D.M.), Luciano Degli Alimari (L.D.A.), Sandro Bellemo (S.B.), Antonio Zullo (A.Z.) e Mauro Martello (M.M.): Sezione Frenante.
A.C.: Grazie a te per averci invitato!
M.D.M.: Ciao!
L.D.A.: Ciao Donato, ciao OrizzontiProg!
S.B.: Un saluto a te e a tutti gli amici che ci seguono.
A.Z.: Salve a tutti!
M.M.: Ciao!
Sezione Frenante, una storia lunga quasi cinquant’anni (nonostante una lunga “pausa” nel mezzo). Iniziamo, dunque, la nostra chiacchierata con una domanda di rito: come nasce la Sezione Frenante e cosa c’è prima della Sezione Frenante nelle vite di Alessandro, Mirco e Luciano (entrato poco dopo nella band)?
A.C.: La Sezione Frenante nasce nel 1974 dall’entusiasmo di tre ragazzini quindicenni, affascinati dalle grandi band e dagli strumenti musicali, oggetto di desiderio. Un’avventura che dura ormai da quasi cinquant’anni. Prima della Sezione Frenante c’era l’amicizia tra il sottoscritto, Mirco e Doriano Mestriner. Eravamo strimpellatori di chitarra, poi, considerato che di chitarrista ne bastava uno, la scelta cadde sul più capace dei tre, Doriano. Mirko si appassionò dell’organo e io, per un breve periodo, del basso elettrico, per poi passare definitivamente alla batteria.
L.D.A.: Era una calda sera d’estate. Sul palco della Festa de l’Unità di Favaro Veneto (VE) gli Ibis (alcuni già New Trolls). Apre la serata la Sezione Frenante. Ritrovo Alessandro e Mirco, nei componenti della Sezione Frenante, perché già avevo condiviso con loro l’esperienza sportiva della Pallacanestro. A fine serata mi aggrego al gruppo per un momento di convivialità a base di “bigoi in salsa” freddi, offerti dall’organizzazione. Fra chiacchiere e complimenti emerge che stanno cercando un cantante. Mi proposi, ed eccomi qua!
Sezione Frenante: come cade la scelta sul nome?
A.C.: La scelta del nome è stata casuale. In quel periodo le band avevano nomi molto strani: Premiata Forneria Marconi, Banco Del Mutuo Soccorso, Raccomandata Con Ricevuta Di Ritorno, e via via così… All’epoca il nostro nome era Nuove Dimensioni ma, visto e considerato che la direzione musicale per noi stava cambiando, infatti cominciavamo a comporre le prime cose dai risvolti progressivi, avevamo bisogno di un nome adatto. Una sera, seduti sui gradini della nostra sala prove, abbiamo cominciato a “sparare” a caso, finché Mirco non propose Sezione Frenante, a noi piacque molto, suonava bene e l’abbiamo mantenuto.
M.D.M.: Esattamente, è andata proprio così!
L.D.A.: Come dice lui, “suona bene”!
I primi anni vi vedono molto attivi sul fronte concerti condividendo il palco, tra gli altri, con artisti quali Biglietto per l’Inferno, Tito Schipa Junior, Perigeo, Antonello Venditti, Ibis. Come ricordate la dimensione live del periodo e quelle esperienze?
A.C.: Erano anni pieni di fermento, un’occasione imperdibile… Ci chiesero di aprire il concerto universitario a Padova al cospetto di questi artisti e, per un gruppo di ragazzini alle prime armi, fu veramente una grandissima occasione. Da quel momento si presentarono diverse opportunità, come aprire il concerto dei Nomadi, o degli Ibis con Nico Di Palo; ma la cosa più interessante è che queste erano le occasioni giuste per presentare la nostra musica, anche perché, il più delle volte, eravamo costretti a suonare un po’ di tutto per far fronte alle spese: strumenti, furgone, impianto. Dunque, si accettava qualsiasi ingaggio dalle feste di piazza, ai matrimoni, tutto per riuscire a pagare le cambiali. Ricordiamo quel periodo come il più felice della nostra vita.
L.D.A.: Purtroppo arrivai dopo!
Durante i concerti, di solito, proponevate anche brani inediti. Purtroppo, però, non siete mai riusciti a pubblicare ufficialmente le vostre composizioni. Come mai questa “assenza” nel vostro curriculum settantiano? Non c’è mai stato modo di entrare nell’orbita di qualche etichetta?
A.C.: Quando giunse il momento di registrare un album, storicamente parlando, alla fine degli anni ‘70, il Prog era al capolinea. La discomusic faceva prepotentemente irruzione nelle discoteche e nelle sale da ballo. Inoltre, in quel periodo era necessario spostarsi a Milano, o a Roma, per trovare qualcuno interessato a pubblicare un album di musica Progressiva, ma non avevamo le possibilità. Successivamente la Sezione Frenante si sciolse.
L.D.A.: In realtà riuscimmo, in qualche maniera, a mettere i nostri brani su nastro. Il nastro di una musicassetta, incisa con un registratore portatile Grundig, nella palestra della parrocchia di Campalto (VE), messa a disposizione, se non ricordo male, dal mitico don Paolo.
C’è qualche aneddoto che vi va di condividere su questo primo periodo? Come ricordate quegli anni?
A.C.: Come dicevo, per noi quegli anni sono stati meravigliosi, facevamo molti concerti, il nostro unico obiettivo era suonare. Come quando, durante la stagione estiva, avevamo circa 16 anni, abbiamo dovuto accamparci nel parco pubblico di una cittadina di montagna per fare alcune serate in una taverna da ballo. Oggi una cosa del genere non sarebbe permessa.
L.D.A.: Anni intensi pieni di sogni, con tanta voglia di fare, con tanta voglia di conoscere e tanta voglia di cambiare. Le prove le facevamo dietro la casa di Doriano Mestriner, il chitarrista, in un magazzino dove ci stavamo appena, gelido d’inverno e torrido d’estate. Tre sere alla settimana e spesso anche la domenica mattina. Indimenticabili i bottiglioni di vino Clintòn che Gioacchino, il papà di Doriano, ci portava durante le prove per ammorbidire la gola, messa a dura prova dalla polvere e dal fumo di sigaretta che invadevano costantemente il magazzino. Un vero elisir fatto in casa dallo stesso Gioacchino che assieme alla moglie ci ospitavano e ci trattavano come loro figli. La voglia di cantare era talmente forte che freddo, pioggia o neve non mi hanno “quasi” mai fermato nell’andare alle prove, anche se, quel tragitto di mezz’ora circa, ero costretto a farlo vestito a cipolla ed esclusivamente in bicicletta.
E nel 1978 la band si scioglie. Quali sono le cause che portano alla drastica decisione? E cos’hanno fatto Alessandro, Mirco e Luciano nel periodo senza Sezione Frenante?
A.C.: La Sezione Frenante si scioglie alla fine del 1978, dopo aver presentato, per la prima volta, la prima versione della Divina Commedia. Avevamo circa 18 anni, il servizio militare obbligò alcuni di noi a partire, altri, spinti dalla voglia di mettere su famiglia, trovarono un lavoro stabile.
Dopo lo scioglimento della Sezione Frenante sono stato contattato dalla band che accompagnava Luciano Minghetti, allora popolare presentatore televisivo, che conduceva un programma sulla Radio Capodistria, chiamato “Lettere a Luciano”. La band lo accompagnava nelle serate in cui lui era invitato, ma dopo un paio d’anni misi a riposo la batteria. Decisi di mettermi a studiare seriamente percussioni classiche con il maestro Antonio Marotta del Conservatorio di Venezia, imparando a leggere la musica. Nello stesso periodo cominciai a suonare con la banda comunale di Treviso, a livello formativo è stata una grandissima esperienza. Dopo tre anni di studi classici ripresi a suonare la batteria con i Calipso Caffè. Fui poi contattato da Leonardo Bosso, nacquero così i Leader Ship, band hard rock, autori di musica e, successivamente, tributo ai Deep Purple. In questo periodo conobbi anche Sandro Bellemo, e con lui, dal 1995 al 97, entrai a far parte della Toni Pagliuca Class. Toni, ex tastierista de Le Orme, dopo alcuni anni decise di ritornare a suonare dal vivo così chiese a me e a Sandro di accompagnarlo in questa avventura. Dopo qualche anno suonammo con Sandro Zane, tastierista storico del Mucchio, assieme a Gianni Orfino, pianista purtroppo scomparso qualche anno dopo. Intorno al 2000 fui contattato da Aldo Tagliapietra, ed insieme a Leo Bosso e Michele Bon formammo i Dream Lover, repertorio rock’n’roll degli anni ’50; poi partecipai ai concerti promozionali dell’album “Il Viaggio” di Aldo Tagliapietra, e successivamente registrai il doppio cd “Unplugged”.
M.D.M.: Nel 2002, dopo un lungo periodo di inattività musicale, ricominciai a suonare con gli Amigos Band, tributo a Carlos Santana, partecipando a numerosi concerti ed esibizioni.
L.D.A.: Più che una drastica decisione fu un obbligo sociale quello che determinò lo scioglimento del “complesso”, ovvero il servizio militare. Dovettero passare quasi dieci anni perché una proposta musicale mi svegliasse dal letargo canoro nel quale ero piombato. Alessandro Casagrande (batterista) e Leo Bosso (chitarrista), mi proposero di formare un gruppo partendo dalla passione comune che avevamo per la musica dei Deep Purple, con l’intento di proporre spettacoli di musica dal vivo fatta di cover e di nostra musica. Nacquero i Leader Ship, il 7 settembre 1987, sull’Hard Rock dei gradini dell’Arena di Verona al concerto dei Deep Purple. Furono anni intensi, molto impegnativi, ma bellissimi, fino a che decisi di intraprendere studi di canto lirico, un sogno nel cassetto che dovevo cercare di rendere realtà, spinto dal ricordo di mio padre che cantava le romanze alle feste di famiglia e al cospetto di avventori e “ombre” di vino nell’osteria vicino a casa. Il periodo lirico fu anche quello impegnativo ma bellissimo, ebbi il privilegio di avere insegnanti di indiscusso valore come Enzo Corò, Lorenzo Gaetani, Francesco Signor e Rosetta Pizzo. Conobbi tanta gente che gravitava nel mondo della lirica partecipando a vari concorsi e rappresentazioni. Successivamente, dopo un periodo di stop, venni contattato dall’amico cantante Francesco Nardo che mi propose un provino per il musical “Il Veneziano – Casanova Night Musical” che stava mettendo in scena. Feci il mio “primo” provino ed entrai nel meraviglioso mondo dei musical come un bimbo in un Luna Park. La compagnia, il camerino, il trucco, il costume, le quinte, il palco, l’esibizione, gli applausi… che figata!
Nel 2006 si riparte con una nuova formazione che vede, accanto agli storici Alessandro Casagrande, Mirco De Marchi, Doriano Mestriner e Federico Berto, i nuovi membri Sandro Bellemo e Francesco Nardo. Assente Luciano Degli Alimari. Quando nasce la volontà di concedere una “seconda possibilità” alla band? E come mai Luciano vi rientrerà a far parte solo in un secondo momento?
A.C.: Nel 2006 ci ritrovammo con l’idea di completare quello che avevamo iniziato negli anni ’70, senza molte pretese, solo soddisfazione personale. Luciano in quel periodo non era disponibile, così chiedemmo a Francesco Nardo di prendere parte al progetto, ma le cose presero una strada diversa. Durante un concerto con Aldo Tagliapietra, conobbi Massimo Orlandini della Ma.Ra.Cash Records, gli dissi che stavo registrando un concept di musica Progressiva con il vecchio gruppo, lui mi chiese di fargli sentire qualcosa, e così feci. La cosa lo entusiasmò, così entrammo a far parte della scuderia Ma.Ra.Cash Records. In quel periodo, poco prima della presentazione del disco, Francesco era carico di impegni artistici, così chiesi a Luciano di tornare con noi.
L.D.A.: Quella musicassetta registrata con il Grundig ebbe un’importanza fondamentale per riprendere in mano il lavoro lasciato in sospeso. Purtroppo in quel periodo ero talmente impegnato che dovetti rinunciare alla rinascita della band. Proposi però a Francesco Nardo di sostituirmi, solo successivamente mi liberai e fui entusiasta di riprendere il mio posto!
Una domanda per Sandro. Come si sono incrociate le strade con la band e cosa c’è prima della Sezione Frenante sul tuo cammino?
S.B.: La mia attività di musicista comincia nel 1969 con gruppi dilettantistici, nel 1971, insieme a Sandro Zane (tastierista del Mucchio) nascono i Placido Anselmo. Per migliorare la mia tecnica frequento la scuola jazz Dizzy Gillespie con Stefano Olivato come maestro. Dopo una lunga pausa di quindici anni, nel novembre 1991 entro anch’io nel gruppo rock Leader Ship. Dal 1995 suono per alcuni anni, in compagnia di Alessandro, con Tony Pagliuca Class. Dopo una parentesi latin jazz, approdo nella nuova Sezione Frenante nel ruolo di bassista e decano.
E il 2014, finalmente, arriva il vostro esordio discografico: “Metafora di un Viaggio”, concept album che “completa” il materiale composto negli anni ’70. Vi va di narrarmi la sua lunga genesi? Quanto sono stati rispettati i brani originali?
A.C.: Tre quarti delle canzoni che compongono “Metafora di un Viaggio” sono state pensate negli anni ’70. Per dare forma al concept abbiamo dovuto concludere il lavoro con due brani composti recentemente.
M.D.M.: La fortuna è stata avere a disposizione le vecchie registrazioni su musicassetta.
S.B.: L’aiuto di Federico Berto nella scrittura dei testi è stata fondamentale per trovare un filo logico che potesse tenere insieme la vecchia produzione musicale con la nuova.
E vi va di spendere anche qualche parola sul tema dell’album, un viaggio introspettivo nell’animo umano, ispirato al poetico viaggio di Dante Alighieri e la sua ispirazione letteraria-storica-artistica-mitologica?
A.C.: Il titolo originale era semplicemente Divina Commedia, volevamo fare a tutti i costi un concept album, così trasformammo il viaggio dantesco in un viaggio introspettivo nell’animo umano.
E tra 2013 e 2015 la famiglia Sezione Frenante subisce qualche cambiamento, con l’uscita di Mestriner e Nardo e l’arrivo di Antonio Zullo (già nel 2013 in veste di chitarrista acustico e dal 2015 in pianta stabile nella band quale chitarrista “totale”) e Luciano Degli Alimari (che rientra in squadra). Antonio, come avviene il tuo ingresso nella Sezione Frenante e cosa c’è prima della Sezione Frenante nella tua vita artistica?
A.Z.: Ricordo con piacere la telefonata di Alessandro Casagrande, ero lieto di accettare la proposta di entrare nella Sezione Frenante, di lì a poco avrei preso parte alle prove. Aveva capito che per portare avanti il progetto era necessario, anzi doveroso, guardare avanti, e un elemento giovane con la passione per il rock dei ’70, era la scelta giusta. Ho conosciuto Alessandro e Luciano Degli Alimari, rispettivamente come batterista e cantante dei Leader Ship, tributo ai Deep Purple. All’epoca ero un rockettaro spinto, avevo i capelli lunghi e ascoltavo prevalentemente hard rock, ma non disdegnavo musica dai risvolti immaginifici e classicheggianti come il Progressive. Stimavo Alessandro e Luciano come musicisti ancor prima di conoscerli: ricordo ancora la prima volta che ho ascoltato i Leader Ship, nel lontano 2003, avevo circa 17 anni. I colpi secchi di Alessandro scandivano “Child in Time”, mentre Luciano intonava l’urlo più famoso della storia. Senza sapere che un giorno avrei avuto l’opportunità di suonare accanto a loro, condividendo la passione per il Prog. Entrare in una band nata nei ’70, anni d’oro per il rock, periodo che non ho vissuto, ma che ho sempre guardato con ammirazione, era la realizzazione di un sogno. La mia prima esperienza prendeva vita nel 2000 con i Green Welwyn, maturata negli anni attraverso numerosi concerti e manifestazioni. Dal 2005 al 2010 ho collaborato, soprattutto in studio di registrazione, con il cantautore Francesco Scarpa. Nel 2011 il ritorno alle origini con i 4Symbols, tributo ai Led Zeppelin.
Ed è solo la casualità dell’uscita di Francesco Nardo e “riportare a casa” Luciano o è l’amore per la band che lo ha spinto a rientrare?
L.D.A.: Entrambe le cose, fu un “ritorno a casa” e ad accogliermi c’erano gli amici di una volta con tutto il loro affetto.
Passano tre anni dal vostro esordio e ripubblicate “Metafora di un Viaggio” con una nuova “veste”. Quando nasce l’idea di “rivisitare” l’album e quanto, dunque, differisce effettivamente dalla prima pubblicazione?
A.C.: Nella prima stampa di “Metafora di un Viaggio” il cantante era Francesco Nardo. Ci sembrava giusto inserire i nuovi arrivati per sottolineare la nuova formazione: la voce di Luciano e le chitarre acustiche di Antonio. Completano l’opera un brano storico degli anni ’70 della vecchia Sezione Frenante, “Fonte”, uno nuovo ispirato al Decamerone, “Dieci Giovani, Dieci Giorni, Cento Storie”, e una cover omaggio a Le Orme, riarrangiamento di un brano non molto conosciuto, “Truck Of Fire”, da loro eseguito solo dal vivo.
L.D.A.: Sapevo che non sarebbe stato facile sostituire un tenore con un baritono. Il lavoro è stato lungo e impegnativo ma alla fine abbiamo rivisitato il tutto in maniera soddisfacente.
Chi di voi vuole andare un po’ più a fondo sui tre brani inediti?
L.D.A.: “Fonte” faceva parte di quella famosa musicassetta registrata con il Grundig. L’abbiamo praticamente lasciata inalterata proprio come anello di congiunzione fra passato e presente. “Dieci Giovani, Dieci Giorni, Cento Storie” è una nuova creatura che doveva far parte di un progetto in omaggio al Boccaccio, al quale ci avevano invitati, ma che non è mai partito. “Carro Di Fuoco” è “Truck Of Fire” de Le Orme con arrangiamenti e testo in italiano, entrambi della Sezione Frenante. Un omaggio al primo gruppo progressivo in Italia, musicisti con i quali abbiamo avuto l’occasione di condividere delle indelebili esperienze musicali ed umane legate anche alla stessa provenienza territoriale veneziana.
E nel 2019, dopo aver “indagato se stesso” in “Metafora di un Viaggio”, l’uomo, protagonista indiretto, volge lo sguardo verso il cielo, sperando di carpirne i segreti. Mi parlate, dunque, del vostro secondo concept album “Nuove Dimensioni”?
A.C.: Con “Nuove Dimensioni” facciamo un viaggio nell’universo, affascinati dall’ignoto. Abbiamo voluto giocare con la fisica quantistica e con i pianeti. Il titolo ci sembrava perfetto perché “Nuove Dimensioni” è lo spazio ignoto e sconosciuto, ma anche il primo nome della Sezione Frenante nel 1974.
L.D.A.: L’uomo di sempre quando volge lo “Sguardo verso il Cielo” si confronta con l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, luoghi tanto distanti quanto vicini che, nel pensiero, la paura unisce.
A.Z.: “Nuove Dimensioni” affronta i grandi temi della fisica contemporanea. Indaga sulle origini dell’universo, sulle profondità dello spazio, sulla natura del tempo, sul fato dei buchi neri. Un insieme di composizioni guidano l’ascoltatore verso atmosfere ignote e misteriose, a volte tese e dissonanti, addolcite da musicalità classiche. Il contenuto dei testi prende spunto dalla fisica quantistica, dall’astronomia, dalla storia antica e mitologica, sono frutto della collaborazione con Federico Berto, amico storico della band, che ha sempre accompagnato la Sezione Frenante fino al 2019, autore anche dei testi di “Metafora di un Viaggio”.
Mi incuriosisce molto il titolo dell’album. È, dunque, come rivelato da Alessandro, anche un omaggio alla prima “fisionomia” della band dei lontani anni ’70…
A.C.: Sì, appunto.
L.D.A.: Penso che Antonio abbia voluto, con il titolo dell’album, omaggiare il primo nome della Sezione Frenante, ovvero Nuove Dimensioni, che puntualmente sbaglio chiamandolo Nuovi Orizzonti.
A.Z.: Ahahah… vero!
Secondo il vostro punto di vista, quali sono (se ci sono) i punti di contatto e le differenze sostanziali tra i due (tre) album? E com’è cambiato il vostro modo di approcciarsi alla musica (sia essa scritta o suonata) negli anni?
A.C.: Il metodo è sempre lo stesso da anni: si parte improvvisando, le idee migliori vengono poi sviluppate. Naturalmente il nostro background influisce inevitabilmente, ma è anche quello che ci caratterizza. Le influenze di gruppi come Le Orme, PFM, Banco, Perigeo, Area, Genesis, King Crimson, ecc., sono inevitabilmente e indirettamente presenti nella nostra musica.
L.D.A.: Il metodo di lavoro, come detto da Alessandro, non è cambiato negli anni. Si parte sempre da un’idea che fa da filo conduttore. Si sviluppano altre idee, correlate alla prima, che si trasformano in canzoni. Il lavoro domestico di ognuno viene portato in sala prove dove viene valutato, discusso ed eventualmente modificato tenendo conto delle idee di tutti fino a trovare una soluzione comune. Semplice, no!? Semplice un corno, tantomeno veloce! Se poi ti trovi a dover mettere in musica quel groviglio di palline, gambette, divisioni matematiche e simboli strani scritti su un foglio di carta, armati di infinita pazienza! Alla fine, ma non si sa quando, dopo l’ennesimo cambiamento, si registra! Ed ecco apparire Gigi, anzi San “Gigi” Campalto da Mira, che incide la tua musica non più premendo il REC+PLAY del vecchio Grundig ma attraverso un’infinità di cursori, bottoni, grafici e spettri virtuali impressi su uno schermo illuminato con l’ausilio del suo amico topo ed armato di quelle virtù proprie dei santi.
Un elemento peculiare dei vostri album è la parte grafica, con delle copertine davvero ben studiate ed evocative. Vi va di spendere qualche parola al riguardo?
A.C.: Abbiamo la fortuna di avere molti amici musicisti, pittori, grafici pubblicitari. La copertina di “Metafora di un Viaggio” è stata realizzata dall’amico e grafico Adriano Bertarello e in origine un quadro, ci sembrava perfetto per il tema trattato nell’album, infatti rappresenta un uomo di spalle immerso nei suoi pensieri. La copertina di “Nuove Dimensioni”, invece, è un quadro del pittore Walter Marin, artista quotato a livello internazionale, amico ed ex tastierista dei Leader Ship. Quando ha saputo che stavamo preparando un nuovo album si è offerto di realizzare l’opera in copertina, poi Antonio ha sviluppato il progetto grafico.
L.D.A.: Gli amici artisti, Adriano Bertarello per “Metafora di un Viaggio” e Walter Marin (già all’organo Hammond con i Leader Ship) per “Nuove Dimensioni”, hanno colto con maestria la sintesi grafica per i nostri album evocando, nel pensiero del pescatore che guarda il mare, il percorso del sommo poeta, e nella sovrapposizione di elementi grafici e figure mitologiche, l’approdo, con storico bagaglio, in un caos neo-dimensionale.
Il 2021, intanto, porta in dote un nuovo membro nella band: Mauro Martello. Mauro, la tua carriera artistica, tra le tante attività svolte, ti ha visto più volte sul “fronte progressivo” (tra le prime esperienze negli anni ’70, sino agli Opus Avantra e alle collaborazioni con Osanna, Aldo Tagliapietra e Jenny Sorrenti, solo per citarne alcuni). Ti va, dunque, di parlare un po’ della tua vita completamente dedicata alla musica? E come entri in contatto con la Sezione Frenante?
M.M.: Ricordo che già dai tempi delle medie ero affascinato dalle sonorità del Progressive. Erano gli anni d’oro di questa corrente ed ero completamente rapito in particolare dai Genesis, dal Banco, dagli Osanna. Poi, nei lunghi anni del Conservatorio, il mio mondo musicale si aprì all’universo dei grandi autori classici, in particolare quelli del 18° secolo. Questo repertorio ha rappresentato gran parte della mia carriera concertistica che mi ha portato a suonare in innumerevoli concerti in giro per il mondo.
Intorno al 2003 ripresi a collaborare con Donella Del Monaco, che stava ricostituendo il progetto Opus Avantra. Da lì è ripartita la mia dimensione “prog” che ho sviluppato in diversi progetti artistici che mi hanno coinvolto anche come compositore per spettacoli teatrali, colonne sonore, ecc.
Il mio primo contatto con Sezione Frenante è avvenuto attraverso Alessandro, il batterista del gruppo. Ci sono state lunghe chiacchierate in occasione di concerti e di alcuni festival che hanno visto sullo stesso palco Opus Avantra e Sezione Frenante. In quel periodo il gruppo lavorava a “Nuove Dimensioni”, così Alessandro mi chiese di registrare alcuni interventi nel disco. È stato per me un grande piacere. Ho poi partecipato anche alla promozione dell’album in alcuni live. Recentemente poi è iniziato un nuovo progetto. Durante i tristissimi mesi del lockdown non era possibile avere alcuna attività concertistica e così, come hanno fatto molti colleghi, ho pensato di comporre le musiche e i testi per un intero album. Alla fine del lavoro è stato per me naturale chiedere ai ragazzi della Sezione Frenante se fossero stati disposti a produrre in un disco i brani che avevo composto. Lavorando poi con loro ho trovato altrettanto naturale propormi di entrare in pianta stabile nella band. Devo dire che all’interno del gruppo si respira una bellissima atmosfera, si lavora con grande dedizione e impegno, ma anche con grande divertimento.
Spostandoci sul fronte live, invece, sempre nel 2021, dopo la sosta forzata della pandemia, siete tornati su uno dei palchi italiani più prestigiosi: il Trieste Summer Rock Festival. Com’è andata? E com’è stato riprendere con i live?
A.C.: È stato molto bello tornare sul palco in occasione del Summer Rock Festival di Trieste, in apertura de Le Orme. Il pubblico attento ha reagito bene all’ascolto della nostra musica, questo per noi è stato molto molto soddisfacente.
L.D.A.: La tensione era tanta, il luogo importante, la responsabilità enorme. Avevamo cercato di fare squadra, per stemperare la tensione, viaggiando tutti assieme in un pulmino preso a noleggio e pranzando con una fritturina di pesce al porto canale di Monfalcone. Arrivati al castello di San Giusto siamo stati accolti alla grande, con disponibilità e gentilezza, da parte di tutto lo staff del festival. Dopo un po’ di relax, immersi in una cornice fiabesca, e dopo aver assistito alle prove de Le Orme, siamo saliti sul palco a posizionare gli strumenti per il sound check. Dopo poco più di mezz’ora, una breve presentazione, l’emozione a mille e si parte! La risposta del pubblico è calorosa, la tensione a poco a poco si scioglie e lascia spazio allo spettacolo! Un crescendo di belle sensazioni sottolineate puntualmente dal pubblico e sfociate in un finale col botto! Sui volti tesi di inizio concerto ci sono dei bellissimi sorrisi!
S.B.: È stata una bella serata, anche se il giorno stesso entrava in vigore l’obbligo del green pass anche per gli eventi all’aperto e, nonostante le rinunce di molti, abbiamo ricevuto un riscontro molto positivo dal pubblico presente.
E, in generale, com’è la Sezione Frenante sul palco? Cosa bisogna aspettarsi da un vostro concerto?
A.C.: Sul palco cerchiamo di trasmettere tutto quello che abbiamo dentro, suonando con passione la musica che ci piace. Solitamente presentiamo le nostre canzoni, ma anche pezzi che hanno fatto la storia del Prog Italiano, fra i quali: “Sguardo Verso il Cielo”, “Impressioni di Settembre”, “Adagio”, “Luglio, Agosto, Settembre (Nero)”, e via discorrendo. Ogni nostro concerto è una specie di viaggio temporale nel Rock Progressivo.
L.D.A.: Si parte sempre molto concentrati e si cerca di mantenere la concentrazione fino alla fine del concerto, il genere musicale lo pretende. Personalmente cerco subito un contatto con il pubblico che possa instaurare un dialogo e che stemperi al più presto quelle umane tensioni che inevitabilmente ci sono fra chi non si conosce.
Cambiando discorso, il mondo del web e dei social è ormai parte integrante, forse preponderante, delle nostre vite, in generale, e della musica, in particolare. Quali sono i pro e i contro di questa “civiltà 2.0” secondo il vostro punto di vista per chi fa musica?
L.D.A.: Per me ci sono solo pro! Abbiamo pochi riscontri ma tutti positivi e da tutto il mondo. Inimmaginabile quando abbiamo iniziato.
S.B.: Ormai tutti usano i social e il web per promuovere la propria attività e mantenere il contatto con i fans, ma niente al mondo può sostituire l’energia che viene a crearsi fra band e pubblico durante un concerto live.
A.Z.: Vorremmo fare molto di più per pubblicizzare la nostra musica, allargare gli orizzonti, entrare nel circuito nazionale, perché siamo convinti che il dialogo, lo scambio di opinioni, le occasioni d’incontro con altri musicisti e band, sia l’unico sistema per dare spazio a questo genere musicale. È necessario ricostruire una rete di relazioni fisiche, non solo virtuali, perché oltre ad essere autori, cerchiamo di essere considerati promotori di un genere musicale tutt’altro che morto.
E quali sono le difficoltà oggettive che rendono faticosa, al giorno d’oggi, la promozione della propria musica tali da ritrovarsi, ad esempio, quasi “obbligati” a ricorrere all’autoproduzione o ad una campagna di raccolta fondi online? E, nel vostro caso specifico, quali ostacoli avete incontrato lungo il cammino?
A.C.: In realtà ci riteniamo fortunati perché siamo sostenuti da un’etichetta importante come la Ma.Ra.Cash Records, i nostri dischi sono distribuiti anche all’estero, la stampa ne parla e siamo molto contenti di questo. È vero che il Progressive oggi è considerata una musica di nicchia, purtroppo non ci sono molte occasioni per fare concerti, ma la passione e la dedizione è tanta, dunque penso che non ci fermeremo!
L.D.A.: Per fortuna la tecnologia e San Gigi Campalto da Mira ci assistono e ci permettono di autoprodurre la nostra musica. Il caso ha poi voluto che incontrassimo Massimo Orlandini della Ma.Ra.Cash Records che ha creduto nella nostra musica e che ci ha permesso di essere distribuiti capillarmente attraverso la SELF.
E qual è la vostra opinione sulla scena Progressiva Italiana attuale? C’è modo di confrontarsi, collaborare e crescere con altre giovani e interessanti realtà? E ci sono abbastanza spazi per proporre la propria musica dal vivo?
A.C.: C’è molto fermento in Italia, negli ultimi anni sono nati molti gruppi Prog formati da giovani musicisti, molti altri si sono riformati, come i sottoscritti. Il confronto sul palcoscenico fra generazioni diverse, e non solo, penso sia fondamentale. Purtroppo, però, gli spazi a disposizione non sono molti e le amministrazioni sono sempre meno disposte ad investire in eventi culturali di un certo tipo.
L.D.A.: A parte qualche locale di nicchia che ospita questo tipo di musica e qualche festival specifico, per il resto c’è il buio per potersi proporre e confrontarci live.
A.Z.: Come dicevo in precedenza, creare sinergia fra band è molto importante per aumentare le occasioni di proporre questa musica dal vivo. Come al solito le cover band hanno la meglio, richiamano un pubblico più ampio, perché, come succede spesso in Italia, l’apertura mentale nei confronti della nuova musica non è molta.
Esulando per un attimo dal mondo Sezione Frenante e “addentrandoci” nelle vostre vite, ci sono altre attività artistiche che svolgete nel quotidiano?
A.C.: Accetto collaborazioni sporadiche con altre band; ho suonato per qualche anno con gli Uragani, complesso beat degli anni ’60; a volte mi viene chiesto di sostituire il batterista di qualche tribute band dei Deep Purple. Infine, da qualche anno insegno presso due associazioni e questo mi dà molta soddisfazione perché riesco a trasmettere la mia passione e il mio background ai miei allievi.
L.D.A.: Personalmente sono molto attirato da quello che mi circonda e tendo ad immortalarlo attraverso foto e filmati. La tecnologia, in questo caso, ha fatto esplodere questa mia passione.
S.B.: Magna e bevi!
A.Z.: In questo momento storico no, ma in passato ho preso parte ad altri progetti musicali.
E parlando, invece, di gusti musicali, di background individuale (in fatto di ascolti), vi va di confessare il vostro “podio” di preferenze personali?
A.C.: Beh, ascolto di tutto, dal Rock Progressivo Italiano, a quello internazionale, dai Deep Purple ai Led Zeppelin, molta musica cantautorale, De André, De Gregori, Guccini; l’importante è che sia musica di qualità, intendo dire suonata da musicisti e non programmata al computer.
M.D.M.: Sicuramente Carlos Santana.
L.D.A.: Hard rock, lirica, musica leggera, folklore musicale.
S.B.: Naturalmente tutti i gruppi Prog degli anni ‘70 e ‘80, Weather Report, Chick Corea, John Patitucci e il grande Jaco Pastorius.
A.Z.: Tutta la musica degli anni ’70, il periodo ha prodotto le opere rock più belle di sempre. Il primo amore, quello adolescenziale, non si dimentica mai, così è stato per me con i Led Zeppelin, poi a ruota tutto il resto: Deep Purple, Genesis, Yes, King Crimson, Gentle Giant, ecc.; il contatto con la musica Progressiva Italiana è avvenuto in un secondo momento.
M.M.: Ho bisogno di una dose quotidiana di Mozart, da cui sono assolutamente dipendente. Ma uscendo dall’ambito classico ascolto spesso i gruppi di symphonic metal scandinavi, ad esempio i Nightwish. Ascolto anche molta musica da film, che per molti versi è più libera e creativa di quel che resta del mercato discografico. Continuo poi a riascoltare all’infinito il Prog dei gruppi classici: Genesis, Banco, Osanna… Sono totalmente allergico a produzioni musicali realizzate senza l’utilizzo di strumenti reali: rap, trap e tecno non mi danno alcuna emozione se non quella di procurarmi l’orticaria.
Restando ancora un po’ con i fari puntati su di voi, c’è un libro, uno scrittore o un artista (in qualsiasi campo) che amate e di cui consigliereste di approfondirne la conoscenza a chi sta ora leggendo questa intervista?
A.C.: Sono un appassionato di libri gialli, fantascienza, amo la saga di Re Artù. Per quanto riguarda la musica, consiglierei, per chi non l’ha mai preso in considerazione per diverse ragioni, la figura di Frank Zappa.
L.D.A.: Il pittore Walter Marin e il libro “I Ragazzi di Varsavia” di Winfried Bruckner.
S.B.: Jaco Pastorius e i libri strani di Mauro Biglino.
A.Z.: Adoro tutta la musica appartenente al periodo degli anni ’70, ma vorrei consigliare un artista contemporaneo che è riuscito a dare forma nuova al Progressive: Steven Wilson. Consiglio in particolare l’ascolto del concept “The Raven that Refused to Sing”. Per meglio comprendere le tematiche trattate in “Nuovi Orizzonti”, consiglio, invece, “Sette Brevi Lezioni di Fisica” di Carlo Rovelli, un libro che, pur parlando di temi molto impegnativi, è alla portata di tutti.
Una curiosità, sul vostro sito si legge: Il progetto si propone inoltre di sensibilizzare i giovani all’ascolto e alla diffusione del rock progressivo, espressione di un periodo storico particolarmente fervido e prolifico, anche promuovendo eventi culturali e lezioni concerto. Com’è la reazione dei giovani alla vostra lodevole iniziativa?
A.C.: La reazione dei giovani a questo genere è buona, a volte è necessario indirizzarli, ma generalmente quelli che ascoltano questo genere, sanno cosa aspettarsi, altri invece ci chiedono informazioni.
L.D.A.: Purtroppo le occasioni di questo genere non sono molte, comunque quando è capitato abbiamo avuto belle soddisfazioni.
A.Z.: Sono un esempio! Alcuni giovani individui, come il sottoscritto, anche se di fatto non più di “primo pelo”, sentono l’esigenza di uscire dagli schemi dell’omologazione, in questo caso “la musica commerciale”; a spingere questa esigenza è la curiosità, la voglia di fare qualcosa di diverso.
Tornando al giorno d’oggi, personalmente e artisticamente, come avete affrontato e reagito al “periodo buio” della pandemia che abbiamo vissuto recentemente (e che, in parte, stiamo ancora vivendo)? Pensate che l’arte e la musica, in Italia e a livello globale, siano state solo “ferite di striscio” o abbiano subito un “colpo mortale”?
A.C.: Io mi auguro che sia stata solo una ferita di striscio e che si possa tornare il prima possibile alla normalità.
L.D.A.: Abbiamo cercato di fare musica comunque. Ognuno da casa propria per poi proporla nel Web. Per fortuna la tecnologia ci assiste e in qualche modo cura le ferite di striscio di questo periodo buio.
S.B.: La pandemia ha prodotto “Limpida Fonte”.
A.Z.: Penso che la pandemia non abbia azzerato la voglia di fare musica, ha però annullato il contatto con il pubblico, purtroppo!
Prima di salutarci, c’è qualche aneddoto che vi va di condividere sugli anni del “nuovo corso” della Sezione Frenante?
L.D.A.: Abbiamo scoperto che al nostro primo concerto nell’aula magna del ITIS Pacinotti di Mestre (VE), nel lontano 1976, c’era anche Mauro Martello che suonava il flauto con un altro gruppo.
E per chiudere: c’è qualche novità sul prossimo futuro della Sezione Frenante che vi è possibile anticipare?
A.C.: Il futuro per noi è ricco di progetti!
L.D.A.: Stiamo lavorando al prossimo album!
A.Z.: Dopo questa lunga pausa forzata, che ha costretto il mondo della musica a chiudere i battenti per più di un anno, siamo ripartiti con più energia di prima. Come affermato da lui stesso, il maestro Mauro Martello ci ha proposto di arrangiare alcune composizioni, scritte di suo pugno, che vedranno la Sezione Frenante impegnata nell’esecuzione di temi e canoni dai risvolti classici. Come se non bastasse, Cristiano Roversi ci ha proposto di prendere parte ad un doppio disco tributo a John Wetton, bassista di numerosi gruppi, fra i quali King Crimson e Asia, a cui parteciperanno altre band. Questo disco sarà prodotto dalla Ma.Ra.Cash Records.
Grazie mille ragazzi!
A.C.: Molte grazie a te per averci concesso questa intervista.
M.D.M.: Grazie!
L.D.A.: Grazie a te Donato e un arrivederci su OrizzontiProg.
S.B.: Grazie a te!
A.Z.: È stato un piacere!
M.M.: Grazie a te. Ciao!
(Febbraio, 2022 – Intervista tratta dal volume “Dialoghi Prog – Volume 3. Il Rock Progressivo Italiano del nuovo millennio raccontato dai protagonisti“)
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