OAK
Lucid Dreaming and the Spectre of Nikola Tesla (2022)
Aereostella / Immaginifica
Come ogni bella abitudine che si rispetti, Jerry Cutillo ci ha abituati bene e attendere due anni tra una sua perla artistica e la successiva è davvero una piacevole attesa. E così, dopo “Nine witches under a walnut tree” (2020), ecco giungere Lucid Dreaming and the Spectre of Nikola Tesla.
Il primo elemento che salta immediatamente all’occhio è il protagonista del nuovo lavoro: il geniale inventore, fisico e ingegnere elettrico Nikola Tesla. Mr. OAK, dunque, dopo Giordano Bruno e le streghe, torna a porre sotto la lente d’ingrandimento un personaggio “controverso”. E se, appunto, nei lavori precedenti, il compositore trasferiva le sue indagini musicali ai condannati a morire tra le fiamme, in questo ultimo album, dà voce a coloro che sono finiti sul rogo dell’indifferenza, due facce della stessa malvagità generata dal Potere contro ogni pensiero trasversale.
Nikola Tesla, appunto. Cutillo (voce, tastiere, flauto, chitarra), quasi calandosi nei suoi panni, ne traccia una doppia traiettoria che descrive sia il lato “terreno” (quello documentato) sia quello più “esoterico” (il tutto ben ritratto nell’artwork di Daniele Manzini, Mario Tagliaferri e Isabel Cutillo), e questa “doppia via” trova sfogo innanzitutto nelle liriche, inappuntabili e rese grandiose dallo stesso padrone di casa e dalla presenza delle voci femminili ospiti (Dorie Jackson, Olja Karpova e Laura Piazzai), e poi in un apparato sonoro che è letteralmente da brividi. Melodie oniriche che si alternano ad aperture sinfoniche, pennellate policrome che lottano contro atmosfere cupe, e poi ancora drammaticità e dinamismo, cura dei dettagli e potenza cinematografica, eleganza e ricercatezza: è un Cutillo sempre più consapevole dei propri mezzi quello di Lucid Dreaming and the Spectre of Nikola Tesla e la qualità della “squadra” messa su per l’occasione, accanto alle tre vocalists, ne certifica il tutto (David Jackson al sax, Jonathan Noyce al basso e Alex Elena alla batteria).
E come il raggio di sole accarezza il fiore, l’energia della Luce influenza il motore di tutte le cose. L’apertura di Everything is Light (“Tutto è luce”, uno dei principali motti di Tesla), è eterea ed accogliente, grazie all’onirico canto di Dorie Jackson, ben presto rafforzato da Jerry. La deflagrazione che segue, inaspettata, è sorprendente nella sua ricchezza di dettagli sonori, da cui emergono soprattutto il sax di David Jackson, le tastiere dello stesso Cutillo e la batteria di Alex Elena. E dopo aver ribadito il “duplice concetto”, dal magma rovente emerge luminoso il flauto di Mr. OAK. Stato di sospensione, poi tutto si fa sfarzoso, una cavalcata sinfonica da applausi. E il saliscendi emotivo, marchio di fabbrica del brano d’apertura, prosegue con nuovi delicati botta e risposta vocali e sferzate sonore da brividi. Un brano avviluppante, un autentico viaggio che sembra, per fortuna, non finire mai. Accoglienza da standing ovation. […] I’m living on your beauty and the light you give / you are my breath, my goblet filled with supreme energy […].
È tempo di suite in casa OAK: Oscillation Alkemy Kreativity. Una nenia soffice, carezzevole, ma allo stesso tempo ambigua, quella che avvia Hypnotic Spiral. Poi, d’un tratto, la svolta, tutto cambia con l’arabesco di flauto del padrone di casa, ottimamente sostenuto dalla sessione ritmica di Noyce ed Elena, e con altri ricchi tasselli che fanno virare il brano verso sonorità dei ’70, con un gran bel tocco alla Goblin e giochi vocali posti su “altra dimensione”: è Oscillation Alkemy Kreativity. Again, this scary white shimmer, the eyes fail to see / and my fever keeps on rising. / I feel, the cold breath of death that leads to my collapse. / Could it be a new rebirth? […]. Le tastiere di Jerry fanno la voce grossa poco dopo, mutando continuamente, così come l’umore di fondo che, di punto in bianco, sfocia su lidi beatlesiani: è New York City. Ma siamo di fronte ad una suite, lunga, complessa, grandiosa, ed allora c’è ampio spazio anche per l’organo dal tocco lordiano, prima di un’apertura sontuosa: il momento di AC Vs DC. Nobody is gonna bury all my dreams and push me / under the wheel of shameful moral remedies. / My solitude opens my ears / I will be free, and I won’t give up if no one believes in me […]. A seguire una capatina tra i corrieri cosmici (Black Night Satellite), tutta orchestrata dalle tastiere di Cutillo. E ancora, tutto si fa evocativo, con il canto di Jerry ispiratissimo che attraversa un percorso perfettamente “illuminato”: Dancing a slow Kolo with the Electric Shadows. L’ultima parte, Oscillation Alkemy Kreativity (Reprise), è semplicemente sorprendente. Troppo facile etichettare questo brano quale punto più alto dell’album. In esso c’è così tanto materiale di elevata qualità da poter riempire, da solo, un intero disco. E l’intera composizione ci narra parte della vita del geniale scienziato. Nato in un villaggio della Serbia, Nikola Tesla cresce mostrando una lucida immaginazione, momenti di estasi e disturbi sensoriali. Dopo aver rischiato di morire a causa del colera, promette a se stesso e al mondo di dedicarsi alla sperimentazioni per accrescere la conoscenza umana e migliorare la qualità della vita sulla Terra. Nel 1884 arriva a New York e si scontra con la dura realtà dei ghetti e dei clan malavitosi, ma riesce a reagire e a cogliere le infinite opportunità che una città del genere elargiva. Cominciò a lavorare per Thomas Edison. Presso i suoi laboratori scoprì la corrente alternata, entrando in collisione con lo stesso Edison, promulgatore della corrente continua. In seguito, riceve dei finanziamenti per rivolgere le proprie ricerche verso lo spazio e, nel suo laboratorio, riesce a captare segnali dal cosmo. Tutte le sue rivelazioni, le sue idee, i suoi progetti iniziarono ad essere etichettate come fantasie di un pazzo esaltato. Frustrato, Tesla vagabondò per la città per giorni, sino a raggiungere Central Park. Lì, sotto la pioggia, danzò con le ombre elettriche. E un carosello di voci turbina nella mente di Tesla. Questa volta le voci sembravano incrociarsi in seducenti geometrie sinfoniche che preannunciavano la nascita di un nuovo mondo.
Elettronica alienante nelle prime battute di Learn to Run in Your Dreams. Tocca a Jerry Cutillo entrare in scena e diradare queste nubi proiettando un’essenza romantica e spirituale sul brano, ben raccolta dal piano suonato dallo stesso Jerry e, in seguito, dagli archi. E tutto cresce, si amplia, si fa enfatico, prima di tornare tra le dolci “note” vocali di Cutillo e il calzante intervento dei fiati di Jackson. Grandioso anche il prosieguo, con quella miscela tra dolcezza e potenza sonora che ci conduce danzando sino alla fine. E il brano, facendo un parallelo tra gli ultimi anni di vita di Tesla, in cui assistette allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, e l’attuale conflitto in Ucraina, è dedicato a tutti i bambini vittime della guerra e prova a comprendere gli effetti sulla loro immaginazione.
Eterea e avvolgente si presenta The Comet and the Dreamer. C’è qualcosa di fatato, di magico, nei centellinati tocchi di piano e la sensazione si fa completamente “materia” quando appare in scena l’angelica voce di Olja Karpova. Allo stesso tempo, tutto è spirituale, un brano “elevato” di Juri Camisasca affidato a Donella Del Monaco. Anche quando compare altra consistenza sonora (ritmiche e piano), la Karpova continua a trascinare il brano, prima di introdurre il solito canto passionale di Jerry. Il tocco soprannaturale dell’episodio non viene mai meno e, anche quando torna in gioco il canto di Olja, tutto resta così, ipnoticamente grandioso. Ottimo, come sempre, anche l’intervento di flauto del padrone di casa. Nei momenti finali, delle distorsioni tentano di dare una scossa al tutto, ma i nuovi interventi vocali della coppia smorzano il tutto, delicatamente. La conoscenza viene dallo spazio.
White Wings. Superato un “canto di sirena” tormentato e distorto, il brano si illumina gradualmente, con la voce di Cutillo a guidare educatamente il tutto, prima di lasciare spazio al passo sostenuto di batteria e l’atmosfera cinematografica sognante che ne consegue. E poi il clima si fa rovente, le chitarre, le ritmiche e la voce diventano aggressive, taglienti. Ma c’è sempre quell’elemento “incantato” di fondo che aggiunge un qualcosa al quadro e quando il flauto si palesa in tutto il suo splendore, si vola. Molto eighties e spiazzante quanto segue, ma il fiato di Jerry torna ad indirizzare, almeno in parte, il cammino sino alla conclusione. E nelle parole rivive la scena, ripetuta, dell’incontro tra Tesla e un piccione bianco alla finestra della stanza 3328 del New Yorker Hotel, la mente creativa dello scienziato incontra l’eleganza e lo spirito di libertà del volatile.
Le particelle di luce sono come note scritte che suonano l’eterno ciclo dei cieli stellari. Il battito del cuore degli esseri viventi è anch’esso parte della sinfonia terrena. La suprema legge dell’armonia è presente nell’Universo e nell’uomo e, una volta creata, risuonerà eternamente anche in assenza dell’essere umano. Il piano che ci accoglie nel brano di coda di Lucid Dreaming and the Spectre of Nikola Tesla, The Silver Cord, ha precisamente il tono del commiato (qui Tesla capisce che il giorno della sua morte non è lontano) ed è intersecato, inizialmente, alle parole di Pat Rowbottom. Poi tocca a Laura Piazzai, con i suoi vocalizzi roventi, aggiungere ancor più intensità all’addio. Un finale che, si sperava, non giungesse mai ma che, giocoforza, siamo consci sarebbe arrivato. E nell’ultimo minuto il vortice di emozioni diventa enorme, commovente.
Niente altro da aggiungere. Jerry Cutillo e gli OAK hanno nuovamente fatto centro. Chapeau!
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