«Anf… Anf…Sempre più faticoso raggiungere le foglie succulente di questo gelso» disse ansimante la lumaca arrancando lungo il tronco nodoso del vecchio albero.
Mancavano ancora diversi metri, e parecchio tempo, per giungere al “banchetto”.
“Dovrei cambiare albero” rifletté durante una nuova pausa, ma era un pensiero giornaliero che veniva quotidianamente disatteso. Il gelso era il suo albero preferito.
«Ma cosa succede?».
All’improvviso, il rumore di piccoli passi in movimento, migliaia di zampette che battevano all’unisono sul tronco, la raggiunse alle spalle. Pochi attimi dopo, una schiera infinita di formiche rosse sopraggiunse rapidamente.
«Ehi! Attente!» esclamò la lumaca dopo esser stata quasi investita dal fiume rosso.
Quest’ultimo, incurante, avanzò senza freno e, in pochi secondi, scomparve tra le fronde del gelso.
«Quanta fretta!».
La lumaca, tornata la quiete, riprese il cammino.
Era ormai giunta al primo ramo disponibile, quando udì nuovamente quel rumore: le formiche stavano tornando indietro.
Per non lasciarsi travolgere da quella lunga schiera di “soldati”, decise di spostarsi su di un lato del ramo e attendere la conclusione della sfilata.
Quando le formiche apparvero, in fila per uno, rapide e disciplinate, la lumaca faticò un attimo per distinguere cosa trasportassero tra le zampe anteriori. Solo quando le passarono accanto vide trattarsi di frammenti di foglie.
«Ehi! Scusa! Ti è caduto quello!» urlò in direzione di una formica che aveva perso il suo carico.
Quest’ultima non l’ascoltò e proseguì il suo cammino evitando di rompere la fila.
Terminata, nuovamente, la “tempesta”, la lumaca s’avvicinò al frammento di foglia caduto alla formica e lo mangiò.
Poi alzò lo sguardo e notò altri pezzetti smarriti lungo il cammino da quei piccoli insetti e, adagio, intraprese la loro via del ritorno mangiando quanto rinvenuto.
“Che spreco, però! La fretta non sempre aiuta».
E, sazia, tornò a casa.
Il giorno dopo tornò allo stesso albero per intraprendere una nuova scalata.
Era nel bel mezzo della salita quando sentì nuovamente quel rumore: erano le formiche.
“Quasi quasi aspettò qui che ritornino” pensò.
E così fece. Al loro nuovo passaggio, ancora una volta ne risultò una scia di piccoli frammenti di foglie di gelso che la lumaca non sprecò.
Per una settimana la lumaca proseguì in questo modo, evitando progressivamente di arrampicarsi sul tronco e attendendo le formiche alla base.
“Questo guscio è diventato stranamente più stretto” constatò un giorno, era trascorsa quasi un mese dall’avvio del pranzo “semplificato”, non riuscendo a muoversi correttamente verso l’uscita di casa.
Solo quando fu capace di raggiungere l’esterno, specchiatasi in una piccola pozza d’acqua creata dalla pioggia battente caduta la notte precedente, s’accorse di essere ingrassata vistosamente.
L’aver interrotto la quotidiana attività fisica in cerca del cibo aveva influito negativamente sul suo fisico e ora ne pagava le conseguenze.
“E ora? Che faccio? È così semplice cibarsi dei regali delle formiche!” pensò.
E continuò ancora per alcuni giorni, incurante del suo aspetto fisico e del suo stato di salute che andavano peggiorando di giorno in giorno. Finché, una mattina, non riuscì ad oltrepassare la porta di casa.
«Che succede?!».
In pochi attimi il suo guscio iniziò a scricchiolare, finendo in frantumi poco dopo.
«Aaah!» urlò impaurita, ritrovandosi nuda.
Restò diverso tempo immobile, tremante.
“Forse ho davvero esagerato” rifletté dopo aver ritrovato un po’ di lucidità.
«Mangiare è importante, ma lo è anche l’attività fisica. Non sempre la soluzione più semplice è la migliore» constatò, infine, saggiamente.
E dal giorno successivo riprese ad arrampicarsi sugli alberi in cerca di foglie e ogni volta che, per caso, incrociava i “regali” delle formiche volgeva gli occhi dall’altra parte.
(pubblicato nell’antologia “Ninna nanna… ti racconto una favola! 2020” – Apollo Edizioni, 2021)
Lascia un commento