Peculiar Three – Leap of Faith

PECULIAR THREE

Leap of Faith (2020)

Autoproduzione

 

A sei anni di distanza dall’EP “p3culiar”, torna il trio hard ‘n’ heavy/prog metal greco Peculiar Three con un nuovo lavoro, il primo sulla “lunga distanza”: Leap of Faith.

Valantis Dafkos (voce, basso), Panos Karkanas (chitarra, tastiere) e Paris Gatsios (batteria), coadiuvati dagli ospiti Panos Makoulis (orchestrazione e arrangiamento in Caliban’s End) e Mantis Savvidis (saz in Innermost), con Leap of Faith danno vita ad un album granitico, una scarica di energia che non “concede sconti”, un aspro sentiero sonoro in cui chitarra, basso e batteria picchiano duro senza guardare in faccia a nessuno e con una voce notevole che va ad incastrarsi perfettamente nel quadro.

E l’anima aggressiva del trio va oltre l’etichetta “prog metal”, svariando tra il grunge “duro” alla Alice in Chains e il doom metal alla Black Sabbath, con sortite nell’hard rock (decisamente hard) e nell’heavy metal, momenti che si muovono tra Soen e Tool e una sorpresa nel finale.

E la potenza dell’opera viene sprigionata anche dal fantastico artwork post-atomico e futuristico di Sotiris Kotsonis.

L’album si apre con Perpetual e, come una scheggia infuocata, arriva in pieno viso la chitarra di Karkanas. Tutto passa poi nelle mani delle tumultuose ritmiche, con le distorsioni sempre presenti e l’ingresso del canto corposo di Dafkos, che danno vita a momenti che si muovono tra Black Sabbath e Soen. Tanta energia che sublima nel finale carico guidato dal solo di Karkanas. Born with a seal / from the God of Knowledge / Live on a deal / ‘till your breath is taken away / Face all the fear / the pain, the anger / Then try to heal / ‘till your wounds are open again […].

Show me your fire. Altra sassata dalle movenze “corpulente” è Innermost. Le distorsioni massicce avanzano indisturbate, mentre batteria e basso accelerano solo quando necessario. Notevole e accattivante la stratificazione vocale della prima parte. Poi il saz dell’ospite Mantis Savvidis, caparbiamente, si fa spazio tra le spire nere del gruppo, riuscendone vincitore, prima di cedere nuovamente il passo.

Inkblot. Dopo alcune note alla Red Hot Chili Peppers, ritmiche e chitarra si lanciano in corsa con un’impetuosità dirompente e richiami agli Iron Maiden e ai Mötley Crüe. Interessante il lavoro delle chitarre, sempre sostanziose, e della voce, pienamente “sul pezzo”. E prima di chiudere, grande sfuriata di Gatsios.

Molto cupa Marginal, condita da qualche lampo alla Alice in Chains. Il passo costante e deciso delle ritmiche ben si sposa con il canto ruvido e le chitarre aggressive che avanzano senza sosta, calibrando i propri “giri” poco oltre, quando tutto si fa più estraniante.

Altra “botta” massiccia Leap of Faith, macigno solidissimo costruito intorno alle ritmiche granitiche del duo Dafkos/Gatsios e alle distorsioni possenti di Karkanas, i Black Sabbath (riscontrabili anche nel canto osbourniano di Dafkos) che incontrano i Metallica. E il “cambio d’abito” che avviene nella seconda parte, con l’acustica che prende le redini, in un’atmosfera più pacata e sognante, sembra quasi uscire dalle note di Hetfield e soci. In coda soliloquio malmsteeniano di Karkanas. […] Spells and rituals carved on stones / holy lands and mystic gods / I have seen too many worlds / now I will reclaim my crown / Mysteries, secrets, divine constellations on spree / a child from the stars that will show you the path is now free […].

Più compassata, ma sempre densa, prende il via The Sentient. E le distorsioni prendono presto il sopravvento affondando colpi duri e precisi, sorretti ottimamente da basso e batteria. E dopo una “caduta” acustica, il brano riprende a correre, con la voce di Dafkos ben inserita nel contesto. Tanto spazio per “azioni in proprio” sul finire.

Tanta potenza e tanta grinta nei primi minuti di Knaves o’ Knives, il “classico” cammino alla Peculiar Three, fatto di distorsioni pungenti e colpi ritmici ben assestati, con la voce di Dafkos ben incastrata nel quadro dalle tinte hard. Poi tutto si fa vacuo, onirico, prima che Gatsios riprenda a correre, faticando, inizialmente, a trascinare tutti dietro sé. E, infine, l’episodio si trasforma in un fiume in piena, travolgente.

I Peculiar Three che non ti aspetti piazzano in coda l’evocativa e struggente bonus track Caliban’s End. Stratificazioni di tastiere ed archi, canto passionale, atmosfera alla ifsounds di un brano quale “Laura” (dall’album “Reset”), un pizzico di solennità alla Latte e Miele e una spruzzata medievaleggiante: l’altra faccia della medaglia della band greca. Un’anima che, si spera, venga approfondita in futuro.

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