Un caro benvenuto a Riccardo Mazzarini (R.M.), Mauro Serpe (M.S.), Alessandro La Corte (A.L.C.), Folco Fedele (F.F.) e Fulvio Bergaglio (F.B.): Panther & C..
R.M.: Grazie.
M.S.: Grazie a te per l’invito!
A.L.C.: Grazie.
F.F.: Ciao e grazie dell’invito!
F.B.: È bello essere qui, grazie!
Iniziamo la nostra chiacchierata con una domanda di rito: come nasce il progetto Panther & C. e cosa c’è prima del Panther & C. nelle vite di Riccardo, Mauro, Alessandro, Folco e Fulvio?
R.M.: Iniziai a suonare seriamente a 16 anni accompagnando un cantautore locale, per un po’ di anni. Primi concerti, esperienze di sala e TV private. Poi approdo nel Punto d’Appoggio, gruppo rock con quattro voci e quattro strumenti, concerti di buon livello, finale di Castrocaro e, dopo solo due anni di attività, il gruppo si prende una pausa, che dura ancora adesso. Ma nel frattempo continuo a studiare, finché Sandro, che all’epoca già conoscevo, mi invita a suonare con lui, e nasce il Panther & C..
M.S.: Il progetto Panther & C. nasce dalla consapevolezza di aver sviluppato un’impronta Rock Progressive da un “musical” in cui già lavorava il nostro Sandro come compositore e tastierista. Quando, in primis Riccardo e dopo io, ci siamo aggiunti al gruppo, l’intesa con Sandro e la passione per lo stesso genere musicale (rock sinfonico) ha fatto scattare la scintilla. Il gruppo fu rivoluzionato con l’ingresso di Roberto Sanna alla batteria e, per il primo periodo, Francesca Malosso, già facente parte del precedente gruppo, divise con me le parti vocali.
F.F.: Prima del Panther & C., nella mia vita, c’era già parecchia musica ma li ho conosciuti per la prima volta il 2 settembre del 2017, in quel preciso momento stavo lavorando a tutt’altri progetti, tra lo swing e le musiche orientali.
F.B.: Sul progetto Panther & C. ho veramente poco da dire, ne faccio parte da troppo poco tempo… Riguardo alle mie esperienze musicali precedenti, sono stato tenore nel coro polifonico “Il Cerchio Armonico”; con altri amici e i miei figli abbiamo portato in teatro una versione live di “Jesus Christ Superstar”; poi è venuta “La Buona Novella” di De Andrè, il tutto in versione amatoriale. Prima, nel mezzo e dopo, tanta musica da ascoltare. Più musica leggera che blues o jazz, devo dire… E.L.P., King Crimson, Yes, Brand X, Genesis e Pink Floyd, li ho apprezzati dopo. Ma i Genesis erano, e sono tuttora, i miei preferiti.
Panther & C.: come avviene la scelta del nome? E, vista la “C.”, mi viene da chiedere: chi è Panther?
R.M.: Il nome nasce così, in fretta e furia per un concerto, non avevamo ancora un nome.
M.S.: Avevamo l’occasione di aprire il concerto del Tempio delle Clessidre per la presentazione del loro secondo album “AlieNatura” e urgeva fornire un nome da riportare su manifesti e locandine. Non ci veniva in mente nulla se non un nome che usammo in età estremamente giovane che era “I Panthers”. Sembrava un po’ troppo anni ’60 e così decidemmo di togliere la “s” e aggiungere “& C.”, dove C. non vuol dire Co. e neppure Company… Segreto!!!
È il 2013 e il concerto che vi vede, appunto, condividere il palco con Il Tempio delle Clessidre segna una svolta nella vostra carriera. Mi raccontate quell’esperienza e perché, appunto, il vostro percorso cambia direzione (positivamente)?
R.M.: Partecipammo ad una 24h musicale, in un locale a Genova-Voltri, dove facemmo colpo a Marina Montobbio la quale, come organizzatrice del concerto del Tempio Delle Clessidre, ci propose l’apertura della serata. Suonammo davanti ad un pubblico attento, curioso, e gli applausi non mancarono alla fine di ogni brano. Molti ci chiesero se esistesse un CD, così decidemmo di registrare. Ci volle molto tempo, ma nacque.
M.S.: Fin dal sound check ci rendemmo conto di una carica fantastica che percorreva i nostri corpi e ci sentivamo fortemente uniti nel voler esprimere tutto noi stessi. La performance andò bene, nonostante la rottura di una corda della chitarra di Riccardo durante l’inizio dell’assolo del “Volo di Mariam”. Fulmineo il cambio chitarra con piena intesa sui giri di recupero da parte di tutti noi. Finita l’esibizione, durante il cambio palco fummo raggiunti da tantissime persone del pubblico che, complimentandosi, ci chiedevano se avessimo già registrato qualche disco e dove eravamo stati fino a quel momento. Da qui la decisione di prendere le cose sul serio.
A.L.C.: L’adrenalina che prese corpo sulle mie dita era irrefrenabile. Mi sembrava di trasmettere un’immagine musicale che prendeva vita trasmettendo un entusiasmo silenzioso e riflessivo con la conclusione di un boato di applausi a fine esecuzione.
Il 2015, invece, è l’anno del vostro esordio discografico “L’epoca di un altro…”. Mi narrate la genesi dell’album?
R.M.: I pezzi furono messi a puntino, non trascurammo nulla, si creò la collaborazione con Gianluca Polizzi, attualmente il nostro editore, per le registrazioni. Avevamo già degli accordi verbali con la Black Widow Records, che era presente al concerto del Tempio, per un’eventuale collaborazione sulle vendite in caso fosse piaciuto loro.
M.S.: Diciamo che fu la concretizzazione su disco dei brani presentati in quel famoso concerto del 2013. Da sottolineare la cura e il pieno coinvolgimento di Gianluca Polizzi titolare e sound engineer dello Studio “La Fabbrica Musicale” di Genova. L’intenzione era quella di fare un CD “DEMO” da far girare per farci conoscere. La disponibilità e promozione da parte della Black Widow ha fatto il resto, con un ritorno di numerose recensioni super favorevoli.
A.L.C.: Non fu facile. Tante idee… troppe! Dovevamo vagliare le proposte di ognuno di noi, peraltro tutte positive, cercando di non creare attriti per la scelta definitiva. Nota dopo nota, come i minuti che non si contano più, si sono creati dei puzzle e ciò che esiste nell’album “L’epoca di un altro…”.
Vi va di spendere qualche parola anche sul titolo dell’album, sui testi e sui loro protagonisti? Ad esempio, chi è Mariam?
R.M.: I brani parlano di personaggi vissuti in varie epoche: “Conto alla rovescia” è un’invenzione
nell’epoca medievale; “Dik” è un cane abbandonato su una strada (ai tempi nostri); “La leggenda di Arenberg” narra di una battaglia invisibile che si svolge una notte ogni anno e che termina all’alba; “…Mariam”, bambina malata mentalmente fastidiata dalle voci dei medici, sogna di volare; “Il Volo di Mariam” è musicale. Quindi, altre persone, altre epoche, non poteva che nascere titolo migliore.
M.S.: Lascio la parola a Sandro.
A.L.C.: Mariam: una figura immaginaria che prende spunto da situazioni analoghe a nostre vicissitudini. “Anna dei Miracoli”. Così arriviamo prima. Nessuno capisce che Lei capisce “nessuno”. Non sente, non vede, non parla; desidera librarsi in volo e… respirare.
Dopo l’uscita di “L’epoca di un altro…”, c’è una piccola “turbolenza” che vede coinvolta la batteria della band. A riportare la quiete ci pensa Folco Fedele. Come si sono incrociati i vostri cammini?
R.M.: Roberto Sanna lascia il gruppo per motivi personali. Stefano Alpa, molto valido, partecipa in alcune esecuzioni dal vivo. Non potendo garantire continuità al Panther & C., lasciò il gruppo. Folco Fedele, attuale nostro batterista, approda nel Panther & C. tramite Luca Scherani tastierista de La Coscienza di Zeno.
F.F.: Come anticipato da Riccardo, i nostri cammini si sono incrociati grazie a Luca Scherani. Quell’estate stavo facendo parecchie date con un cantautore e sia io che Luca eravamo presenti nella formazione. All’ennesimo viaggio, Luca scopre nella mia macchina un CD di Patrizio Fariselli. Da lì nasce una dissertazione sulla musica Prog, sul fatto che io sia un grandissimo appassionato ma che, purtroppo, non abbia mai avuto la fortuna di suonare con nessuno questa musica. Luca mi dice che c’è una band che sta cercando un batterista e, nel caso, potrebbe mettermi in contatto con loro. Accetto. Nel giro di poco vengo contattato da Giorgio Boleto, il quale mi invia dei file da sentire. È stato amore al primo ascolto!!! In quell’agosto pieno di concerti e viaggi mi sono tirato giù la loro musica e circa un mese dopo ero seduto sul sellino davanti a loro!
Trascorrono solo due anni e siete già pronti per pubblicare un nuovo album, “Il giusto equilibrio”, un lavoro notevole, caratterizzato da frammenti genesisiani, passaggi che “tendono un orecchio” (e più) al prog sinfonico, momenti romantici alla Locanda delle Fate, idee attuali che affondano, non completamente, le radici nei ’70, tutto condito da capacità tecniche, passione e liriche interessanti dalla fisionomia poetica. Vi rispecchiate in quanto da me affermato nella recensione dell’album? E quali sono, a vostro modo di vedere, i punti di contatto e le differenze sostanziali tra i due lavori?
R.M.: Diciamo che suoniamo la musica che ci piace. Personalmente non conosco molto i Genesis, e non sono un attivo ascoltatore di musica Prog. Forse sono portato per questo genere, ascolto molto Page per il rock, Benson per il jazz e Barre per il Prog, chiaramente ne ascolto altri, ma non ho influenze esterne particolari. Nel secondo album c’era la voglia di migliorare in qualità tecnica, testi e musiche, anche perché sentivamo una certa crescita, non solo, ma subentrava anche una certa responsabilità. Se il secondo album è migliore del primo hai la critica a favore.
A.L.C.: Il nostro secondo lavoro non nasce certo dagli scarti del primo album, anzi. La continua evoluzione inventiva inizia a radicare sulla vera nascita della musica “Panther & C.”. Ciò non vuole dire aver inventato un nuovo genere ma una linea musicale basata sul nostro modo di generare melodia.
F.F.: Come si fa a non essere d’accordo coi complimenti?
Con il secondo album sentite di aver raggiunto il vostro “giusto equilibrio” artistico?
R.M.: “Il giusto equilibrio” è un album di buon livello ma non mi dispiacerebbe migliorare.
M.S.: Il giusto equilibrio si raggiunge contrapponendo idonei sforzi ai pesi che devi affrontare. Questi ultimi variano in continuazione (eventi, emozioni, idee, maturità, ecc.), per cui il giusto equilibrio è quello di un dato momento della vita… dovrai sempre aggiustare il tiro…
A.L.C.: “Il giusto equilibrio” non è un traguardo. È una composizione di composizioni parallela all’inventiva e, finché il cuore batte agli stessi bpm della musica che hai dentro, si va avanti…
F.F.: Per me, entrato da così poco tempo nella band, non ci sono gli estremi per poter rispondere ad una domanda così complessa e profonda!
Chi di voi mi parla delle due copertine degli album decisamente simboliche? Quanto di vostro c’è dietro i due artworks?
R.M.: Il genio delle copertine è Gigi Boleto, fratello dell’ex bassista Giorgio, da sottolineare che la copertina de “Il giusto equilibrio” ha vinto il primo premio ad un’importante mostra di opere contemporanee.
M.S.: Gigi ci ha sempre seguito e, come noi, è cresciuto con Genesis, Gentle Giant, ecc. L’artwork de “L’epoca di un altro” illustra oggetti che si riferiscono ai vari brani e noi rappresentati da figurine di carta. Un’altra di queste figurine è a terra e, se fai attenzione, la sagoma è quella di Francesco Di Giacomo che era mancato da poco; un apprezzato richiamo e omaggio di Gigi a chi ha caratterizzato in maniera indelebile il Prog Italiano.
A.L.C.: Di mia iniziativa e inventiva ci misi ben poco. Penso troppo alla musica.
F.F.: Di mio nulla, ero appena entrato e mi preoccupavo solo di far suonare al meglio i brani.
Brani quali caleidoscopi di influenze, suoni, sensazioni, emozioni. Ma come nasce un brano dei Panther & C. e quali sono le vostre fonti d’ispirazione?
R.M.: I pezzi del Panther & C. sono sempre in continua evoluzione, diciamo che ognuno di noi presenta del materiale su cui lavorare, i vari riff vengono uniti facendo attenzione ai suoni, timbri, nulla deve assomigliare a qualcosa di conosciuto. Tutto deve avere una certa orecchiabilità e creare emozioni.
A.L.C.: Materializzare in suono e in note ciò che la voce esprime nel testo è il lavoro più difficile. Lo devi sentire dentro, tirarlo fuori, trasmetterlo allo strumento che ne darà poi poesia.
F.F.: Non ho preso parte al processo compositivo de “Il giusto equilibrio” se non, in parte, come batterista. Ad oggi, principalmente, mi sono state fatte sentire delle idee più o meno estese da parte di Riccardo o Alessandro. Mi piacerebbe molto contribuire alla scrittura ma, spesso, penso che sarebbe meglio di no: rischierei di portare altrove il Panther & C.! Riccardo, Alessandro e Mauro hanno veramente un sacco di loro composizioni, o brandelli di esse, che hanno già dei caratteri definiti. Credo sia più importante per me ascoltare quel che già c’è!
So che siete alle prese con la realizzazione del nuovo album. Vi va di anticipare qualcosa?
R.M.: Abbiamo diversi lavori iniziati, un paio quasi conclusi. Il problema è il riuscire ad incontrarci in questi periodi di pandemia. Problema condiviso da tutti i gruppi.
A.L.C.: Realizzare il “terzo album” vuol dire, e deve essere, concretizzare la propria linea musicale. Sarà l’album più difficile da realizzare poiché chi ascolterà si aspetta ancora di più per essere trasportato nella sua giusta dimensione. Non sarà un “giusto equilibrio” perché l’abbiamo già scritto.
C’è qualche legame, una sorta di continuità nei suoni o nelle tematiche affrontate nelle liriche, con i lavori precedenti? O è un lavoro, in qualche modo, “nuovo”?
R.M.: Forse in un paio di brani esploriamo qualcosa di nuovo, giusto qualche “speciale” inserito a metà brano che dà un po’ di pepe, un po’ di movimento al nuovo lavoro.
M.S.: Suoni, tematiche e liriche fanno parte e scaturiscono da ognuno di noi e siamo sempre Panther & C.. Da qui lo spazio per concretizzare la crescita musicale che singolarmente abbiamo acquisito nella bellissima esperienza di questi anni. Quest’album dovrà per forza evidenziare questo ma sarà molto spontaneo.
A.L.C.: Ogni brano a sé!
Una novità è senza dubbio l’ingresso di Fulvio Bergaglio al basso. Fulvio, cosa ti porta tra le “fauci della pantera”?
F.B.: L’incontro con Mauro Serpe è stato casuale, a Palazzo Ducale nell’autunno 2019 ci incontrammo con altre persone per un evento celebrativo. Lui cantava e suonava il flauto e io, con altri, suonavo la chitarra e cantavo. Lui non sapeva che io suonassi il basso e io non sapevo nulla dei Panther… Posso solo dire che da molti anni desideravo di suonare Genesis o musica simile, e alla sua proposta di provarmi come nuovo bassman dei Panther & C. non ho potuto che rispondere… Sììììììì, ci provo!!! Ascoltando i due CD, poi, ne sono rimasto entusiasta. La Pantera mi aveva rapito!
Con il nuovo album proseguirà il sodalizio con la Black Widow Records? A tal proposito, come nasce e come si sviluppa il rapporto con l’etichetta genovese?
R.M.: Mi auguro di sì. Con la BWR di Massimo Gasperini e Pino Pintabona, da diversi anni, c’è un’ottima amicizia e collaborazione. Tutto nasce dal concerto di apertura del Tempio.
M.S.: Innanzitutto nasce da un rapporto di stima e amicizia. Black Widow si è resa disponibile per la distribuzione pur trattandosi di un’autoproduzione. I risultati ottenuti hanno parlato chiaro. Indubbiamente è un nome, un’etichetta di prestigio e di tutto rispetto; sarà quindi da vedere se il nostro prossimo lavoro avrà un loro positivo riscontro.
A.L.C.: Che dire di Massimo e Pino? Basta guardare i risultati ottenuti. Nella nostra piccola Genova sono i “grandi” dell’Italia Prog.
F.B.: Io non li conosco, ma mi fido delle scelte del resto del gruppo. A volte, andare a rimorchio mi fa comodo, ma non lo dico a nessuno…
Sul vostro sito si legge: le musiche di Panther & C. non vogliono necessariamente trasmettere messaggi particolari o di tendenza ma hanno lo scopo di essere un giusto e spensierato equilibrio tra testo e musica dove il loro impegno è quello di far sì che la musica esprima da sola ciò che il testo vuole descrivere. Pensate di aver raggiunto tale scopo? E come sono stati, dunque, accolti i vostri lavori da pubblico e critica?
R.M.: In effetti Mauro Serpe augura sempre un sereno ascolto a chi acquista il cd. Noi cerchiamo nel modo migliore di trasmettere al pubblico un testo con una musica appropriata, ed è la cosa più difficile da fare. Le critiche sono un po’ la cartina di tornasole, abbiamo ricevuto recensioni da moltissime riviste del settore, da tutto il mondo, direi tutte positive, addirittura una rivista, se non erro francese, ha pubblicato la copertina del nostro secondo CD in prima pagina. Non ci possiamo lamentare.
M.S.: Ormai siamo circondati da persone che fanno di ogni cosa un motivo di sermone e predica con proposte di modelli e insegnamenti di vita. La nostra musica ci auguriamo possa solo essere piacevole e fornire la colonna sonora a un momento di buona compagnia con se stessi.
A.L.C.: Il nostro pubblico è più fuori di testa di noi!
F.F.: È preferibile pensare sempre di non aver raggiunto totalmente uno scopo, in modo da non far intromettere l’ego e da potersi permettere anche altre soluzioni.
F.B.: Da ascoltatore: i brani sono veramente un “giusto equilibrio” tra musica e parole, e testi e note si fondono perfettamente. E devo dire che Giorgio Boleto è stato un grande arrangiatore ed esecutore, per me un esempio da seguire. Grazie, Giorgio!
Nel vostro “palmarès concertistico” compaiono diverse partecipazioni a festival di un certo spessore (vedi FIM – Fiera Internazionale della Musica 2014 a Genova, Prog’Sud 2017 a Marsiglia (Francia), Porto Antico Progfest 2017 a Genova, 2Days Prog+1 2018 a Veruno) e concerti in locali genovesi e milanesi ambiti da molti. Ma tra festival ed esibizioni in proprio, dove vi trovate più a vostro agio? E come sono, dunque, i Panther & C. sul palco e cosa c’è da aspettarsi da un vostro concerto?
R.M.: Anni abbastanza importanti carichi di energia. Chi ascolta il Panther & C. in concerto, ascolta ciò che è registrato sul CD, non abbiamo l’abitudine di abbellire i nostri lavori con sovraincisioni, anche perché sarebbe impossibile riprodurle. Quello ci cui posso sicuramente essere certo è che quando il Panther & C. sale sul palco è carico. Personalmente, soffro molto prima di salire, ho una fifa terribile, che sparisce nel momento in cui ho il pubblico davanti, allora do tutto me stesso.
M.S.: A mio parere, un nostro concerto, per considerarsi ok, deve riuscire a generare un insieme musicale tale da non aver bisogno di ricorrere ad esecuzioni tecnico/virtuosistiche per catturare l’attenzione del l’ascoltatore. Dire che fino ad oggi ci siamo riusciti non è esagerato ed è stato proprio nei vari “festival” che abbiamo avuto il piacere di riscontrare tutto questo; quindi non davanti ad un pubblico di parte, bensì con varie aspettative differenti. Ecco che l’aver catturato l’attenzione di questi ultimi è per noi un grande successo.
A.L.C.: Sono più che consapevole che il pubblico è lì per noi e le mie tastiere hanno il compito di esprimere la carica che ho dentro.
F.F.: Il palco, per me, è il posto più bello dove stare! L’importante è che si crei un buon gioco di squadra fra musicisti e tecnici, solo così si può raggiungere una performance di alto livello.
F.B.: Come Riccardo, il palco un po’ mi spaventa. Ma credo che tra noi musicisti si sia creato un bel feeling, questo certamente mi renderà le cose più facili nel confronto “live” con chi verrà a sentirci.
Cambiando discorso, il mondo del web e dei social è ormai parte integrante, forse preponderante, delle nostre vite, in generale, e della musica, in particolare. Quali sono i pro e i contro di questa “civiltà 2.0” secondo il vostro punto di vista per chi fa musica?
R.M.: I social ormai fanno parte della nostra esistenza, ne usufruiamo giornalmente, ci pubblicizzano gli eventi, ci fanno compagnia. Noi veterani della vita sappiamo comunque dare un freno quando è necessario, la vedo dura per i giovani.
M.S.: I social indubbiamente ci forniscono dieci marce in più, in particolar modo per quanto concerne la divulgazione del proprio lavoro e il riscontro da parte del pubblico. L’interagire con chi ci segue ci aiuta a vedere l’evoluzione della nostra formazione musicale con estrema concretezza.
A.L.C.: Non sono un frequentatore di social.
F.F.: I pro si riassumono tutti in un’unica parola: “visibilità” ed è una cosa grandiosa! Pensare che la mia musica possa essere sentita e vista in tutto il mondo nel giro di pochi minuti è una gran fortuna! D’altro canto, però, ci sono anche i contro, che però, a parer mio, sono maggiori per chi è molto giovane e si ritrova con tutte queste fortune in mano: il rischio reale è di diventare dei tossicodipendenti da visualizzazioni, likes e via dicendo. Non solo, un’altra cosa gravissima che vedo accadere è questa: il giovane musicista X si fa un video per far vedere quanto è bravo, ed effettivamente lo sembra, peccato che, per poterlo sembrare, ha dovuto fare trenta takes su una base e questo è quanto ci sia di più lontano dalla realtà, che è fatta, soprattutto, da altri individui con cui devi suonare in tempo reale (musicisti), lavorare e produrre in tempo reale (fonici, produttori, artisti, direttori di produzione), e con cui devi passare anche svariate ore assieme, le quali sono maggiori rispetto alle ore passate sul palco!!
F.B.: Personalmente non sono molto social e non vado oltre Facebook. Ma ritengo che la visibilità, nel bene e nel male, che possono dare questi nuovi strumenti costituisca un’opportunità unica. In altri tempi, artisti e gruppi anche molto bravi e meritevoli non sono mai emersi perché è mancata loro l’occasione di farsi ascoltare. In questo senso, ben vengano i social purché (e purtroppo accade sempre più spesso) non mostrino spazzatura!
E quali sono le difficoltà oggettive che rendono faticosa, al giorno d’oggi, la promozione della propria musica tali da ritrovarsi, ad esempio, quasi “obbligati” a ricorrere all’autoproduzione o ad una campagna di raccolta fondi online? E, nel vostro caso specifico, quali ostacoli avete incontrato lungo il cammino?
R.M.: Io penso che chi vuole iniziare a fare musica debba comunque avere alle spalle un’etichetta, da soli non si riesce a creare qualcosa. Nel nostro caso, forse avvantaggiati dall’età e dall’esperienza, pur partendo da zero, solo con la voglia di suonare, è stato comunque necessario anticipare i soldi della sala di incisione e della stampa dei CD… Magari un giovane può avere difficoltà.
M.S.: Gli occhi di chi, per lavoro, deve investire su un cantante o un gruppo necessariamente sono mirati spesso ad aspetti che poco hanno a che vedere con l’arte musicale. Ma ciò fa parte delle sfere alte del business. Nel nostro genere direi che chi ha la vera passione ci mette l’anima per organizzare qualcosa, ma il tutto si scontra con importanti impegni economici, quasi mai con previsione di idonea copertura.
A.L.C.: Non essendo un lavoro primario, suono per passione.
F.F.: Per quanto riguarda il caso specifico del Panther & C., non saprei rispondere, sono subentrato in tempi posteriori al loro contratto. In senso generale, invece, credo che il discorso sia molto, molto complesso, ma potremmo notare che autoprodursi e sfruttare il web sia una reale possibilità, non c’è nulla di sbagliato nel farlo, soprattutto se i grossi canali distributivi sono in mano a pochi che non puntano sulle novità.
F.B.: Certo, proprio perché la promozione via social è ormai alla portata di tutti, credo che una buona etichetta costituisca per chi ascolta (e, auspicabilmente, acquisterà) la musica, una sorta di garanzia di bontà del prodotto. Quindi, potendoselo permettere, chi suona ne trae sicuramente un vantaggio. Riguardo alla domanda specifica per il Panther & C., mi ripeto: sono nel gruppo da troppo poco tempo e non ho avuto esperienze in tal senso, e nemmeno in passato.
Qual è la vostra opinione sulla scena progressiva italiana attuale? C’è modo di confrontarsi, collaborare e crescere con altre giovani e interessanti realtà? E ci sono abbastanza spazi per proporre la propria musica dal vivo?
R.M.: Negli anni ’70/’80 l’esplosione Prog ha avuto il suo maggior successo e non tornerà più come prima. C’è da augurarsi una ripresa, spero costante anche se lenta. Gli interessi musicali per i giovani sono altri, gli investimenti sono dirottati sul commerciale, i locali non riescono a stare in piedi, molti chiudono.
M.S.: Per il nostro genere musicale e per i gruppi come noi direi che la mancanza di occasioni per poter promuovere se stessi è alla base di tutto. Locali che possano offrire musica dal vivo ormai si contano sulla punta delle dita; o per mancanza di volontà o per problemi a sostenere i costi. Di contro dobbiamo dire che, anche quando si riesce ad organizzare qualche evento live, l’affluenza pratica di persone è di gran lunga inferiore rispetto al numero di quanti si lamentano per la scarsità di eventi…
A.L.C.: Ciò che si vede… è…!
F.F.: Ci sono “dentro” da troppo poco tempo per poter rispondere a questa domanda con la dovuta competenza.
F.B.: Il nostro paese, secondo me, rispetto ad altri del Nord Europa (per non parlare degli U.S.A.), sconta la poca attenzione verso certi generi musicali. Oltre al festival di Sanremo, che comunque io apprezzo perché la musica, tutta la musica, è comunque interessante se ne cogli i lati migliori, o qualche rassegna jazz che ormai si ripete ogni anno, perché non pensare e organizzare festival dello stesso peso internazionale anche per la musica Prog?
Esulando per un attimo dal mondo Panther & C. e “addentrandoci” nelle vostre vite, ci sono altre attività artistiche che svolgete nella vita quotidiana?
R.M.: Nella vita quotidiana è fortunato colui che ama il proprio lavoro, per fortuna il mio non mi dispiace. Sono un dipendente, faccio l’idraulico, non c’è molto di artistico in quello che svolgo… anzi, ma almeno la sera torno a casa stanco ma non stressato.
M.S.: Da neopensionato i progetti sono molti, vista la disponibilità di tempo, ma in primis mi dedicherò ad un approfondito studio del flauto e delle tecniche di registrazione.
A.L.C.: Amo la terra e i prodotti che mi dona.
F.F.: Io faccio il musicista a tempo pieno. Oltre a questo, ultimamente, ho ripreso in mano la scrittura (di parole), ma è più una cosa che faccio per me stesso, non ho nessun desiderio di essere letto.
F.B.: Io, per vivere, faccio un altro mestiere ma vorrei aver più tempo per suonare, anche altri strumenti: il mio sogno ideale sarebbe suonare tutto e tutti gli strumenti. A parte la musica, non desidero cimentarmi in altre arti. Oltretutto, credo che non sarei in grado di disegnare, o dipingere, per esempio.
E parlando, invece, di gusti musicali, di background individuale (in fatto di ascolti), vi va di confessare il vostro “podio” di preferenze personali?
R.M.: Led Zeppelin!!! Number one!
M.S.: Metto da parte i Genesis era Gabriel, che ancora oggi rappresentano per me parte integrante delle mie molecole. Ho avuto la fortuna di vedere dal vivo e seguire con passione gruppi quali E.L.P., Jethro Tull, Gentle Giant, PFM (con Premoli), Banco, che hanno forgiato la mia crescita musicale.
A.L.C.: Battisti… Banco… Genesis. Tra i puntini sarebbero necessarie tre pagine…
F.F.: Non ho podi: mi piace tutta la musica! E, per tutta, intendo proprio tutta: che siano i preludi di Debussy, i Van Halen, Ghali, Wayne Shorter, Renato Zero, gli ELP o il Canzoniere Popolare del Tavoliere delle Puglie poco importa: ogni musica ha delle emozioni in sé, alcune più intime e profonde, altre più “artigianali”, legate cioè direttamente al fatto di conoscere la musica. Non vedo perché dovrei privarmene e non usare questo fantastico metodo di autoconoscenza!
F.B.: Già detto: Genesis forever! Ma fatemi sentire qualcos’altro, magari cambio idea!
Restando ancora un po’ con i fari puntati su di voi, c’è un libro, uno scrittore o un artista (in qualsiasi campo) che amate e che consigliereste di approfondirne la conoscenza a chi sta ora leggendo questa intervista?
R.M.: Leggo un libro ogni tanto, mai dello stesso scrittore.
M.S.: È difficile proporre qualcuno, per lo più contemporaneo, o forse non ho adeguata cultura in tal senso… rischierei di ripescare ancora nel “jurassico”.
A.L.C.: Jean-Paul Sartre.
F.F.: Mi sento di consigliare questo libro: “Omero nel Baltico” di Felice Vinci.
F.B.: “L’Alchimista” di Paulo Coelho: ha cambiato il mio modo di vedere la vita. Quando pensi di sapere cosa aspettarti, accade ciò che non immagineresti mai… è un po’ come i brani del Panther & C., non sai mai cosa viene dopo… Cambiando genere “Le mille e una notte”: le fiabe classiche hanno sempre il loro fascino.
Tornando al giorno d’oggi, alla luce dell’emergenza che abbiamo vissuto (e che stiamo ancora vivendo), come immaginate il futuro della musica nel nostro paese?
R.M.: Mi auguro che il paese risolva il tutto con una veloce vaccinazione di massa e che quindi possa riprendere tutto in normalità. Il 2020 lo voglio dimenticare, e alla svelta. Anche io, come tanti, ho perso un genitore a causa del Covid.
M.S.: La tecnologia informatica sta a mio parere illudendo troppo giovani che si reputano “musicisti” solo perché riescono a registrare qualche traccia e giocare con effetti voce. Sto, però, notando quanti giovani, invece, stanno riscoprendo la bellezza e il valore di approfondire la loro conoscenza sul proprio strumento, senza varie interfacce. Ho conosciuto giovani chitarristi che “amano” nel vero senso della parola sentire il suono della propria Fender collegata ad un buon Marshall e basta…
A.L.C.: Sarà un bel miscuglio. Sopravviverà il sound… quello magico!
F.F.: A mio modesto avviso, per poter immaginare un futuro, o dei futuri, bisogna prima di tutto avere il coraggio di analizzare con minuzia i nostri passati e poter vivere liberamente il nostro presente.
F.B.: Per i bei concerti pieni di gente, credo che dovremo aspettare parecchi mesi, e forse non sarà mai più come prima. Ma il vaccino, entro certi limiti naturalmente, ci riporterà in strada più sereni e torneremo presto ad “osare”. E così la musica “liquida” lascerà nuovamente il posto a quella vera.
Prima di salutarci, c’è qualche aneddoto che vi va di condividere sui vostri anni di attività?
R.M.: Aneddoto? In mente al momento non ho nulla…
M.S.: Indubbiamente vedere due ragazze del pubblico, durante il nostro concerto al Prog’Sud di Marsiglia del 2017, che cantavano insieme a noi “La leggenda di Arenberg”. D’altro canto, ricordo di aver involontariamente sperimentato la motivazione per cui Peter Gabriel con i Genesis improvvisava storielle strane per presentare i brani: a Milano, proprio durante la presentazione de “La leggenda di Arenberg”, un vuoto di memoria mi cancellò il titolo e così iniziai a vagare con spiegazioni e metafore assurde fino a che mi si ripresentò in memoria. Alla fine del concerto ricordo che Folco mi chiese dove volessi arrivare con quella assurda spiegazione…
A.L.C.: Quando sto per salire sul palco spero funzioni tutto.
F.F.: Angelino (nostro collaboratore) che parla in italiano a un cameriere francese e per farsi capire alza sempre di più il tono della voce!!! E poi, come potersi dimenticare del febbrone più raffreddore apocalittico che mi è salito il 2 ottobre del 2016, primo concerto con il Panther & C., al teatro Govi (GE), in apertura agli Analogy!
F.B.: Un giorno, in un concerto su Paganini al Ducale, persi il segno sullo spartito e per 30 secondi fecero a meno della mia chitarra… Che figura di m… (si può dire?). Da allora, tutto a memoria!
E per chiudere: c’è qualche altra novità sul prossimo futuro dei Panther & C. che vi è possibile anticipare?
R.M.: Sicuramente un terzo CD. Purtroppo, vista l’emergenza in corso, ogni attività concertistica è ferma. Prima dell’arrivo del Covid si vociferava in giro di qualche concerto all’estero.
M.S.: Sicuramente la ripresa della costruzione del terzo album ma non ci dispiacerebbe avere l’opportunità per un concerto con i brani attuali da poter presentare insieme al nostro Fulvio Bergaglio, visto che insieme dal vivo non abbiamo ancora suonato.
A.L.C.: Ascoltare e farci ascoltare.
F.B.: Brani attuali? Son pronto. E per il terzo CD, la lontananza dalla sala prove non aiuta, ma le idee non mancano proprio.
Grazie mille ragazzi!
R.M.: Grazie a te.
M.S.: Grazieissimi.
A.L.C.: Grazie.
F.F.: Grazie mille a te!
F.B.: È stato un piacere, alla prossima.
(Dicembre, 2020 – Intervista tratta dal volume “Dialoghi Prog. Il Rock Progressivo Italiano del nuovo millennio raccontato dai protagonisti)
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