The Second Sun (2020)
Autproduzione
Da Napoli, precisamente dal quartiere di Bagnoli, arrivano gli Alias, quartetto formato da Romilda Bocchetti (voce, piano, tastiere, darbuka), Giovanni Guarrera (chitarra classica, cori), Ezio Felaco (basso) e Fredy Malfi (batteria), con l’ospite Max Fuschetto all’oboe in Red Six. Forti dell’esperienza condivisa nell’OMM – Orchestra Multietnica Mediterranea, i primi tre, e quella nei Napoli Centrale, Fredy, i quattro riescono a mettere su un progetto che fa della contaminazione tra i generi la sua arma migliore.
Ed è questo The Second Sun, l’esordio discografico degli Alias, un concentrato di musica etnica, jazz, rock, blues, classica e tanto altro ancora, un genere definito dalla band “world-prog”, una miscela suggestiva e imprevedibile di suoni ed emozioni. E questa “convivenza” di influenze che è alla base del progetto emerge, appunto, ovunque in The Second Sun, rendendo ogni momento del disco “inaspettato” e lasciando emergere un’abilità nello sparigliare le carte davvero invidiabile.
L’album è dedicato allo scienziato Nikola Tesla, alla sua visionarietà, e trova “forma” soprattutto nella title track che nell’artwork di Raffaele Bocchetti ispirato alla Wardenclyffe Tower, progetto di Tesla destinato alla trasmissione di energia senza fili.
Corde tese, ritmiche guizzanti e irregolari, piano fresco: questa l’accoglienza di Red Six. Poi, quest’andatura “tirata”, un po’ alla Festa Mobile, evocativa e prettamente settantiana, acquisisce spessore diverso con l’ingresso dei vocalizzi di Romilda Bocchetti, rinforzati dall’oboe dell’ospite Max Fuschetto. La stessa Romilda, più avanti, si “fa carico” del brano, spostando il suo baricentro sulle nocenziane note del suo piano. E, lentamente, l’episodio riprende quota, “chiudendo il cerchio”.
Blues oriented l’attacco di Guarrera, poi l’episodio prende una piega cinematografica, con un’andatura “poliziottesca”, prima di dar la sensazione di essere catapultati in un brano di Amanda Lear (?!). Questo è solo il primo minuto di Pitch Black. Si avanza senza punti fermi e, tra i tanti, spicca un segmento molto vivace e “ballabile” con Bocchetti che si lascia andare in una sorta di filastrocca in giapponese. E poi l’elettronica più krauta si affaccia prepotentemente sulla scena, “sfidata” dalla chitarra di Guarrera. Quest’ultima avanza ipnotica mentre, intorno, tutto si fa lentamente più spigoloso, sino all’arrivo del canto caldo di Romilda. E prima della ripresa dei suoni iniziali, c’è anche spazio per un momento orientalizzante. E nel testo rivive l’angoscia delle traversate nei viaggi della speranza. Brano manifesto dell’imprevedibilità degli Alias.
Quasi eterea Mediterraneo Prog, nelle note sognanti di piano che aprono le porte del brano. E anche il prosieguo, con l’ingresso di chitarra e ritmiche, mantiene intatta questa aurea incantata, carezzevole. D’un tratto tutto “prende vita”, con le ritmiche e il piano che s’aggrovigliano stretti concedendo spazio anche ai vocalizzi di Romilda. E poi tutta l’essenza mediterranea racchiusa già nel titolo, viene sprigionata dalle corde “infuocate” di Guarrera, prima di chiudere delicatamente.
E la capacità di stupire degli Alias emerge ancor più nelle prime battute di Around the Universe, in quell’andatura esotica che racchiude i Fratelli La Bionda e il Gruppo Italiano (esatto!), con un pizzico di essenza onirica e un testo, tratto dalla poesia “Tra i Pianeti” di Raffaele Bocchetti, che ci conduce in un viaggio tra i pianeti: […] So, flying around Mars / Venus I want to touch / Then I want to play on Saturn / And down on Uranus / Mercury is my house / Neptune is the horizon and Jupiter gas giant […]. E, improvvisamente, tutto svanisce tra le note del piano “eccitato” della Bocchetti, ben sorretto dagli altri effettivi, prima di sfociare in pieno momento poetico che si muove tra Banco e Il Bacio della Medusa. E c’è ancora spazio per un intenso fraseggio di chitarra che potrebbe “lanciare” qualsiasi cosa e lo fa… riportandoci al punto di partenza.
Guarrera si fa carico di aprire le “danze” di Danza dei due Mondi e lo fa con una forte carica folk, focosa, un’“esca” che Felaco e Malfi non si lasciano sfuggire. E con un flusso denso e “saltellante”, si avanza, senza soste, sino a “sbattere” contro l’elettronica “antitetica” di Romilda. Ed ecco che la magia si compie: le due correnti si fondono e danno vita ad un vivacissimo momento alla PFM.
Malinconicamente prende corpo The Second Sun, un intreccio soave di tastiere e chitarra accarezzate, con il canto di Romilda che appare come un “velo” poggiato sullo strato sonoro (nelle sue parole le visioni geniali di Nikola Tesla). Tutto rilascia una sensazione che ricorda, in parte, l’avvio di “Stairway to heaven” dei Led Zeppelin. Poi Felaco e Malfi portano il loro contributo senza scalfire l’anima del brano, finché la stessa sezione ritmica decide d’imprimere una svolta e i quattro si lasciano andare senza freni, sperimentazione libera. Ritrovato un “punto d’incontro”, il brano riacquista una fisionomia relativamente più regolare, contraddistinta dai superbi giochi di corde e pelli, prima di concludere “ripartendo da capo”.
La “matrice world music” di Bocchetti e Guarrera emerge completamente in Samsara, nei vocalizzi orientalizzanti e nelle corde guizzanti, descrivendo un bel quadro dalle tinte Aktuala. E anche le ritmiche di Malfi e Felaco partecipano alla festa di colori caldi che esplode a metà percorso, senza scalfire minimamente l’anima etnica dell’episodio finale. Una degna chiusura di un esordio discografico, come ribadito più volte, imprevedibile.
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