Un caro benvenuto a Francesco Bux (F.B.), Domenico De Zio (D.D.Z.), Gianluca De Bene (G.D.B.), Roberto Gomes (R.G.) e Valeria Tritto (V.T.): Hora Prima.
F.B.: Grazie per l’opportunità.
D.D.Z.: Presente!
G.D.B.: Piacere di conoscerti e grazie.
R.G.: Grazie a te
V.T.: Grazie, bentrovato!
Iniziamo la nostra chiacchierata con una domanda di rito: come nasce il progetto Hora Prima e cosa c’è prima degli Hora Prima nelle vite di Francesco e Domenico?
F.B.: Tutto parte da me e Domenico, dalla voglia di ritrovarsi, data la nostra “pro-cuginanza”, e di suonare assieme. Prima, e poi durante Hora Prima, per me ci sono studio universitario come farmacista e una marching band funk-jazz itinerante.
D.D.Z.: Il progetto nasce in maniera del tutto naturale nel corso del tempo. A causa del rapporto di parentela con Francesco, da tempo stavamo provando a metter su qualcosa di musicale insieme e, dopo diverse prove e formazioni con altri musicisti, siamo finalmente riusciti a mettere insieme la formazione attuale. Prima del progetto Hora Prima, per me diversi i progetti in diversi generi, tra tutti i Midnight Circus, con i quali ci divertivamo un sacco a suon di hard rock inedito.
E come cade la scelta sul nome?
F.B.: Attraverso voli pindarici e ricerche “a matrioska”, consultando testi e il web, su argomenti più disparati. Questa ricerca mi porta sul tema della scansione liturgica della giornata. Quindi la prima ora della preghiera, hora prima, ovvero le 6:00. Una infatuazione per questo nome che in noi ha significato sin da subito l’alba per la composizione, per le nuove idee e per la rinascita musicale. Hora prima, il momento in cui le strade della creatività si aprono a nuovi e inesplorati orizzonti.
D.D.Z.: Una sera d’estate, un gruppo d’amici e qualche sogno nella testa.
Negli anni successivi alla nascita degli Hora Prima arrivano in formazione anche Gianluca De Bene, Roberto Gomes e Valeria Tritto. Come avviene l’incontro con Francesco e Domenico e quali sono le vostre esperienze che precedono l’ingresso nella band?
G.D.B.: Alla nascita degli Hora Prima, in realtà, facevo già parte della band. Con Francesco ho una solida e forte amicizia da più di vent’anni. Domenico l’ho conosciuto durante una jam session, grazie alla proposta di Francesco di rientrare nel mondo della musica dopo una piccola pausa. In quell’occasione ricordo che suonammo un blues per rompere il ghiaccio. Dopo gli anni di studi musicali, abbiamo creato i primi gruppetti con i quali ci esibiamo molto sporadicamente proponendo i grandi classici del Rock.
R.G.: Come spesso avviene oggi, i social si rivelano utili quando sei in cerca di qualcosa; io ero in cerca di un gruppo e loro erano in cerca di una voce e un tastierista, e alla fine ci siamo trovati. Non avevo ancora idea di quello che sarebbe stato il progetto Hora Prima ma mi sono subito trovato a mio agio durante la prima prova. Un’esperienza totalmente nuova in cui tutti abbiamo avuto la possibilità di metterci del nostro, anche venendo da situazioni ed esperienze completamente differenti. Nel mio caso esperienze con gruppi meno riflessivi, con un sound grezzo tipico dell’hard rock.
V.T.: Come tutte le esperienze più interessanti della vita, per puro caso. Negli ultimi dieci anni ho suonato un po’ di tutto (dal blues, al metal, passando per il rock anni ‘70, per il crossover e persino per alcuni sottogeneri del pop) e fatto parte di svariate formazioni, alcune sicuramente più stabili e affiatate, altre più “fugaci”, ma tutte, in un modo o nell’altro, mi hanno permesso di imparare qualcosa di nuovo sul mondo della musica.
Un paio d’anni fa ho maturato l’idea di affiancare al mio progetto di inediti (gli Eagon, band symphonic-folk metal), un gruppo Prog in cui propormi come bassista e un bel giorno, attraverso un fortuito contatto tramite social, mi sono imbattuta in Domenico che, guarda caso, era proprio in cerca di un bassista per il suo progetto Hora Prima. Ho colto l’occasione al volo!
Il 2020 è l’anno del vostro esordio discografico, “L’uomo delle Genti”, un concept dal tema piuttosto “atipico”: San Nicola, santo patrono della Città di Bari. Mi narrate la genesi dell’album?
F.B.: Tutto parte da un progetto più ampio, che comprendeva la storia della città di Bari (progetto che seguirà a quello nicolaiano). Ci siamo poi concentrati solo su San Nicola perché meritava un capitolo dedicato. Un Sant-UOMO per noi baresi e non solo, direi per tutto il mondo, del quale non si può che restare affascinati.
D.D.Z.: L’idea è quella di raccontare la storia della nostra città toccandone vari aspetti e tematiche. Decidemmo di partire proprio dalle avventure di San Nicola per cercare di far rivivere le atmosfere della festa e della nostra tradizione attraverso il linguaggio della musica Progressiva.
G.D.B.: Come le altre opere, anche il concept “L’uomo delle Genti” è stato organizzato con la fusione di idee. Ricordo la sera durante la quale ognuno di noi si presentò provvisto di appunti e birra intenti alla realizzazione delle linee guida.
R.G.: Essendo giustamente un tema “atipico”, inizialmente mi risultava difficile immaginare la musica che parlasse di un santo, tra l’altro in chiave rock. Ma con grande impegno siamo riusciti a ideare una chiave di lettura molto originale che rispetta sia l’ambito sacro che il laico.
V.T.: Questo album è nato dalla volontà di raccontare in parole e musica qualcosa che ci accomunava in quanto baresi e non solo, o non tanto, da un punto di vista meramente religioso, quanto culturale. Per i baresi San Nicola è un emblema, è storia e tradizione. L’intento era quello di trattare un tema ben noto attraverso un canale insolito e inaspettato: quello appunto musicale.
Attraverso una miscela di atmosfere eleganti e “prove di forza” notevoli, e con i testi di Giovanni Boccuzzi, descrivete appunto la relazione viscerale che c’è tra la popolazione barese e il proprio santo, la tradizione religiosa e culturale, la devozione. Vi va di approfondire il legame esistente tra il capoluogo pugliese (e, dunque, anche voi stessi) e San Nicola?
F.B.: La relazione tra me e il santo nasce proprio vivendo, sin da piccolo, la festa di maggio, durate i famosi tre giorni 7, 8 e 9, attraverso cui si ricorda l’atto della traslazione delle ossa da Myra a Bari, ad opera dei 62 marinai. Il clima che si vive durante quelle giornate è unico. La città brilla, è in festa, aria di primavera, di rinascita, tantissimi pellegrini, suoni e colori per le strade e il forte legame con il mare.
D.D.Z.: A Bari San Nicola è una cosa seria. Un santo in grado di ”parlare” anche a chi è distante dal mondo della chiesa unendo genti da tutto il mondo. Proprio come il nostro disco che non vuole essere un omaggio religioso o di devozione ma un messaggio portatore di positività e del calore della nostra terra.
G.D.B.: Il legame tra San Nicola e i noi baresi è talmente forte che il detto più esclamato “Sand Nicole fang na grazia”. In lui affidiamo qualsiasi nostro problema sperando nel Miracolo. Per noi è un rito doveroso durante i giorni di festa passare dalla statua in piazza del Ferrarese e pregare dinnanzi al vescovo di Myra.
R.G.: Se ad un barese parli di San Nicola non si può non citarne la festa vera e propria. Un momento in cui tutti vengono rimandati alla propria infanzia in quanto ricordano la festa sin da bambino. Trascorrono gli anni ma quei giorni di maggio sono sempre gli stessi, festosi, giocosi, pieni di colori e di suoni. E un’importanza non da meno ha la tradizione culinaria.
V.T.: Pur essendo nata e vissuta in provincia e, dunque, pur non avendo vissuto questa tradizione in prima persona, con il “pathos” e con la devozione con cui ogni anno i baresi festeggiano il Santo, soprattutto da quando ho conosciuto i ragazzi e il loro progetto, ho avuto modo di rendermi conto non solo dell’importanza che questa figura riveste per Bari (e anche per il resto del mondo) ma anche del profondo rispetto e del culto legati alle gesta del Santo di Myra.
Come anticipato nella precedente domanda, per “L’uomo delle Genti” si siete avvalsi della collaborazione del paroliere barese Giovanni Boccuzzi, autore dei testi dei brani. Ma chi è nato prima, “l’uovo (le musiche) o la gallina (i testi)”?
F.B.: Ho voluto coinvolgere Giovanni, mio caro amico (che reputo un valente spadaccino con la penna e con l’immaginazione), perché ritenevo che avrebbe scritto immergendosi realmente nelle profondità dell’animo barese e nelle vicende nicolaiane. Ho lasciato a Giovanni totale libertà, senza metriche o melodie. Si può dire che testi e musica nascevano quasi parallelamente. Delle volte lui veniva ad intrattenersi in studio mentre provavamo e, seduto lì sul divano, annotava le suggestioni provenienti dalla nostra musica che poi inseriva in qualche modo nei testi. Ci tengo a precisare che l’ultimo brano dell’album, “U Sand Nestè” è l’unico scritto da me, e mi piace sottolinearlo per il modo che ho utilizzato per scriverlo: immergendomi tra la folla durante la processione per il santo. Una folla fatta di baresi, pellegrini provenienti da tutto il sud, e non solo, e riportando su un pezzo di carta tutto quello che sentivo attorno a me, esclamazioni di gioia, preghiere e tanta felicità.
D.D.Z.: In gran parte prima la “gallina”. Se è pur vero che i testi sono stati i nuclei intorno ai quali abbiamo cucito i brani, qualche nota era già lì che orbitava tra le nostre corde.
R.G.: Giovanni non è stato solo il paroliere, ma ha dato forma ad un’idea che tra noi musicisti si celava sotto forma di impressioni e suggestioni. Ciò che ha fatto lui è straordinario riuscendo come uno scultore a togliere via il superfluo per ricavarne la forma ideale. E quando hai dei temi ben precisi, creare le atmosfere musicali diventa più semplice.
V.T.: In questo caso è stato un continuo mescolarsi di idee, suggestioni, spunti, nonché un costante connubio tra la forma poetica e quella musica. Sebbene i testi, come ha ben spiegato Francesco, siano nati dalla penna di Giovanni Boccuzzi in totale libertà e successivamente musicati, si è sempre cercato uno scambio reciproco che desse vita alle giuste atmosfere, al giusto ritmo e che rendesse giustizia sia al contenuto che alla forma di entrambe le arti (impresa non sempre facile!).
Una novità importante che riguarda “L’uomo delle Genti” è arrivata agli inizi del 2021: la firma del contratto di produzione e distribuzione con l’etichetta discografica Ma.Ra.Cash Records. Com’è avvenuto l’incontro tra le due parti? In vista della pubblicazione fisica dell’album, andrete a modificare qualcosa di quanto già realizzato?
F.B.: L’incontro è avvenuto grazie alle mail di presentazione inviate in giro. L’etichetta ci ha manifestato le sue serie intenzioni per la produzione e il tutto è partito. Non abbiamo modificato assolutamente nulla.
D.D.Z.: Come da prassi, una volta terminato il lavoro, il nostro obbiettivo era quello di farlo ascoltare alle persone per far arrivare loro il nostro pensiero e la nostra musica. Interpellata la Ma.Ra.Cash Records ha subito apprezzato il nostro lavoro ed eccoci qui!
G.D.B.: Firmare il nostro primo contratto con un’etichetta discografica è stato il raggiungimento di un primo step dell’obiettivo finale e conferma che il nostro lavoro stava andando per il verso giusto. La Ma.Ra.Cash Records ci ha proposto la produzione e la distribuzione del nostro album “L’uomo delle Genti”. La proposta è avvenuta proprio nel periodo in cui eravamo intenti a finalizzare il lavoro con la produzione fisica dell’album.
R.G.: Come al solito, quando si produce un lavoro artistico si cerca di sottoporlo all’attenzione di tutti cercando da avere ogni tipo di riscontro ed è così che probabilmente l’etichetta in questione si sia interessata al nostro lavoro. Non credo sia necessario modificare il nostro lavoro definitivo dal momento che, per arrivare alla forma definitiva, è stato ritoccato già numerose volte per motivi puramente artistici.
Facendo un piccolo passo indietro, prima de “L’uomo delle Genti” avete pubblicato il singolo “Uomo Ancestrale (Primordio)”, un viaggio estemporaneo nelle profondità dell’animo umano. Mi parlate del suo contenuto? È (era) il preludio a qualcosa di nuovo (poi “scavalcato” dall’album)?
F.B.: Brano al quale mi sento legatissimo perché scritto in gran parte da me e dove ho espresso delle sensazioni credo comuni a molte persone. La voglia irrefrenabile di tornare alle cose essenziali, di soddisfare i bisogni dell’anima, di nutrirsi di natura e semplicità, di abbandonare il superfluo che molto spesso ci intristisce e ci rende vuoti, ricongiungendosi alla fine con la “terra”, capendo finalmente il vero concetto di libertà. Quest’ultimo pensiero si evidenzia musicalmente nella parte finale del brano, attraverso un motivo soave e ampio, suonato dagli archi. Questo brano farà parte di un prossimo concept legato al tema dell’animo umano e della natura.
D.D.Z.: Uno tra i primi nostri inediti. Una bella palestra in vista delle registrazioni de “L’uomo delle Genti”.
G.D.B.: La speranza di sopravvivere e la consapevolezza di ciò che si ha all’interno di se stessi spogli da qualsiasi influenza. Il ritorno alle origini della Civiltà.
R.G.: “Uomo ancestrale”, brano scritto da Francesco, credo sia stato il punto di presa di coscienza delle nostre potenzialità e di ciò che volevamo suonare. Si tratta di uno dei primi lavori originali e, infatti, nel tempo ci sono stati vari arrangiamenti. Negli ultimi tempi abbiamo deciso di collocarlo all’interno di un contesto ben definito che spero presto ascolterete.
V.T.: È un inno alla natura umana, nel suo aspetto più originario e incontaminato. Un rousseauiano ritorno alla semplicità, alla pre-civilizzazione. È l’animo innocuo e non corrotto dell’uomo che riscopre il proprio valore all’infuori della moderna società e dei valori che ci impone.
Sul vostro canale Youtube è possibile ascoltare la vostra interpretazione live di alcune cover di brani Prog (“Le Roi Soleil” dei New Trolls è qualcosa di fenomenale). Ma come sono gli Hora Prima sul palco? Cosa c’è da aspettarsi da un vostro concerto?
F.B.: Sicuramente tanta energia e voglia di suonare che equivale a liberarsi da ogni zavorra per prendere il volo. Così come tanta voglia di esprimersi e regalare punti di riflessione attraverso le nostre sonorità.
D.D.Z.: Venite a sentirci e lo scoprirete!
G.D.B.: Proporre “Le Roi Soleil” live rappresenta una vera soddisfazione, sul palco ci divertiamo, ci sfoghiamo e la speranza è quella di far arrivare un messaggio preciso alla gente che ascolta. I nostri concerti sono fatti di musica allo stato puro. Quindi tanta buona musica.
R.G.: La particolarità dei nostri live è che sono sempre diversi l’uno dall’altro. Non siamo abituati a seguire schemi serrati e ogni volta ci piace dare impronte diverse e spettacoli differenti, e non è impossibile che si decida di creare momenti di improvvisazione per dare un’idea di disorientamento.
V.T.: C’è da aspettarsi… di tutto! Il bello degli Hora Prima è che nulla è programmato a tavolino, spesso neanche le scalette. Come diceva Roberto, ogni live è diverso dal precedente e talvolta ci divertiamo a inserire variazioni sui pezzi, improvvisazioni, incursioni strumentali od ospitate di vario tipo e ci piace l’idea di stupire portando sul palco spettacoli non solo musicali, in cui emerga la creatività e l’originalità in ogni sua forma!
Vi va di parlarmi dell’esperienza Sanremo Rock?
F.B.: Esperienza divertente e di confronto.
D.D.Z.: Una gran bella esperienza di confronto conclusa con la rinnovata consapevolezza che anche un genere a volte un po’ più di nicchia come il Prog può trovare consensi in un pubblico non avvezzo al genere.
G.D.B.: Una bella avventura. Siamo grati per i complimenti ricevuti da giudici di importante spessore.
R.G.: Sanremo Rock è stata un’esperienza bella e faticosa. Passare un’intera giornata davanti ad un bellissimo palco ad aspettare il proprio turno di dieci minuti può risultare pesante, ma alla fine il bello del gioco è proprio questo. Saliti finalmente sul palco, però, siamo riusciti a dare una prova davvero entusiasmante, a detta dei presenti.
V.T.: Ci è servita per crescere e confrontarci, è stato bello concludere le fasi regionali quasi in pole position! Ci ha molto gratificati ed è il segnale evidente che la nostra musica in qualche modo arriva ed emoziona!
Cambiando discorso, il mondo del web e dei social è ormai parte integrante, forse preponderante, delle nostre vite, in generale, e della musica, in particolare. Quali sono i pro e i contro di questa “civiltà 2.0” secondo il vostro punto di vista per chi fa musica?
F.B.: Sicuramente la possibilità di avere una diffusione rapida, immediata, raggiungendo davvero qualsiasi territorio. Anche se si va sempre più perdendo il contatto con la fisicità del supporto e il rapporto con un pubblico fatto di carne e ossa, venendo risucchiati in un vortice bulimico dove tutto è disponibile ma quello che resta è davvero irrisorio.
D.D.Z.: Essendo cresciuto musicalmente a cavallo tra questi due scenari non posso che rimpiangere i cari vecchi tempi. Quelli delle locandine stampate e delle notti passate ad attaccarle in giro per la città, della scena musicale di allora ormai scomparsa e delle innumerevoli band inedite presenti in città, del legame che si creava tra le band e le persone. Internet è di per certo una gran bella invenzione ma ha tolto un po’ di magia al tutto. Del resto, chi li legge ormai più le centinaia di inviti ad eventi che arrivano giornalmente su Facebook?
G.D.B.: La cosa interessante è la facilità di divulgazione della propria opera quasi istantanea in ogni parte del globo, allo stesso tempo l’aspetto negativo è l’abbandono dei palchi e delle piazze. Ormai quasi la maggior parte dei musicisti predilige un’esibizione dinnanzi ad uno schermo piuttosto che difronte ad un pubblico fatto di carne e ossa.
R.G.: Oggi siamo davvero fortunati a poterci servire di questi mezzi di diffusione online, che sono un modo per avere un feedback immediato e variegato. Chiaramente questa libertà di pubblicazione crea una sorta di saturazione di materiale che rende difficoltoso farsi notare. Ma facciamo del nostro meglio.
V.T.: Io penso che il mondo del web abbia cambiato il paradigma di diffusione della musica, sicuramente venendo incontro ai gruppi emergenti: si tratta di un metodo rapido, economico ed efficace di comunicazione, sponsorizzazione e marketing che permette di arrivare in tutto il mondo e di crearsi un primo pubblico, di farsi conoscere e apprezzare, anche senza la necessità di produzioni stratosferiche o di etichette discografiche, manager, stampe o copie fisiche da vendere nei singoli store.
C’è tuttavia un risvolto della medaglia, come in tutte le cose. Ed è proprio il rischio che in rete si riesca a trovare di tutto, ma davvero di tutto, con estrema facilità, spesso gratis e con poco sforzo… ma alla fine la “gloria” per questi artisti dura poco o, di fatto, non porta a niente di più di qualche like, visualizzazione e follower. Ecco diciamo che sui social è tutto un po’ più “effimero”.
E quali sono le difficoltà oggettive che rendono faticosa, al giorno d’oggi, la promozione della propria musica tali da ritrovarsi, ad esempio, quasi “obbligati” a ricorrere all’autoproduzione o ad una campagna di raccolta fondi online? E, nel vostro caso specifico, quali ostacoli avete incontrato lungo il cammino?
F.B.: Effettivamente il carico di lavoro e l’impegno necessari per fare autoproduzione sono notevoli. Quasi si finisce per concentrarsi solo sugli aspetti tecnici, perdendo di vista la leggerezza di spirito necessaria per il processo creativo. Ma se l’autoproduzione rappresenta l’unico modo per farsi conoscere ed emergere allora la consiglio assolutamente. Prima o poi, qualcosa arriva se il lavoro è fatto con passione e dedizione.
D.D.Z.: L’attuale situazione storica e culturale ha sicuramente i suoi pro e i suoi contro in uno scenario di promozione musicale. Se da un lato è potenzialmente possibile arrivare con un click in qualsiasi angolo del pianeta è anche vero che questo ha creato un aumento esponenziale dell’offerta andando forse a far calare la soglia d’attenzione dell’ascoltatore che si vede costantemente bombardato da decine e decine di proposte.
G.D.B.: Le difficoltà incontrate ci hanno permesso di registrare in maniera completamente autonoma i nostri brani, quindi che ben vengano le difficoltà!
R.G.: Fortunatamente siamo un gruppo di persone capace di muoversi indipendentemente per quanto riguarda la produzione di un progetto. Certamente usufruire delle risorse di un’etichetta ottimizzerebbe di molto il nostro lavoro.
V.T.: Ad un’etichetta discografica ci abbiamo pensato, ma ogni volta abbiamo rimandato a tempi migliori e ad occasioni che meglio si adattassero alle nostre esigenze. Io credo che i primi album, per ogni gruppo, nascano sempre da un lavoro di autoproduzione, almeno in parte. Fa parte del percorso. Pian piano, man mano che ci si afferma nel mondo musicale iniziano ad aprirsi nuove strade. Tutto sta nel capire quale imboccare… e farlo al momento giusto!
Dopo mesi di ricerche, finalmente, come detto prima, agli inizi del 2021, siamo riusciti a trovare un’etichetta che ben si adattava alle nostre esigenze e che fosse allo stesso tempo abbastanza addentrata nell’ambito Prog Italiano. La Ma.Ra.Cash Records soddisfaceva appieno le nostre richieste e non abbiamo esitato a firmare un contratto con loro!
Tornando per un attimo sull’autoproduzione, come accennavo prima, fa parte del percorso di ogni band. Bisogna investire tempo, energie e denaro in qualunque progetto si voglia portare avanti e sappiamo bene che una band emergente non può permettersi spese di produzione o autofinanziamenti colossali. Si mette in campo ciò che si ha, si comincia con la propria abilità nella composizione e scrittura, si prosegue facendo fruttare i propri anni di studio sullo strumento e, perché no, ce la si mette tutta per registrare, missare e masterizzare i propri brani nel miglior modo possibile.
L’autoproduzione è un banco di prova: chiunque abbia realmente voglia di veder realizzato qualcosa, pur non avendone i mezzi, in qualche modo ci riesce.
Se poi si ha la fortuna, come nel nostro caso, di trovare un’etichetta in grado di supportare, promuovere e venire incontro alle esigenze di una band emergente, la strada si appiana, molti degli ostacoli da affrontare da soli vengono condivisi e superati con l’aiuto di chi è nel settore da anni e sa come muoversi, consigliandoci e seguendoci al meglio nel nostro percorso.
E qual è la vostra opinione sulla scena Progressiva Italiana attuale? C’è modo di confrontarsi, collaborare e crescere con altre giovani e interessanti realtà? E ci sono abbastanza spazi per proporre la propria musica dal vivo?
F.B.: Spazi per proporre la propria musica dal vivo purtroppo molto pochi. Nessun gestore vuole “rischiare” l’incasso della serata con un gruppo che suona brani propri. Servirebbero più spazi per ricreare l’atmosfera e la scena fervente di un po’ di anni fa, da cui sono venuti fuori la maggior parte dei grandi gruppi che oggi conosciamo.
D.D.Z.: L’Italia è piena di tantissime fantastiche realtà musicali che purtroppo trovano sempre meno spazio per esibirsi e crescere. Tranne qualche ormai sempre più rara mosca bianca, ai gestori dei locali interessa più far incasso sicuro con questa o quella cover band piuttosto che puntare su un gruppo inedito.
G.D.B.: L’influenza inglese del Prog Rock in Italia si affermò sin da subito grazie a gruppi musicali come Pfm, New Trolls, Le Orme, gli Osanna. Per la sua difficoltà di comprensione forse, negli ultimi anni, la scena del Prog ne ha risentito, ma noi di Hora Prima con il nostro progetto siamo grandi sostenitori e fautori. C’è poco spazio per proporre il Prog Rock live purtroppo, ne siamo consapevoli, ma seguiamo il nostro istinto.
R.G.: Il mondo è cambiato e la musica live emergente suonata nei locali della città sta diventando sempre di più cosa rara. Credo che una collaborazione diretta tra gli artisti possa essere un punto di partenza per ricreare il movimento che c’era un tempo.
V.T.: Purtroppo per la musica, come per altri settori, quello che stiamo vivendo è un capitolo triste. Il Prog, in fondo, non è mai stato un genere mainstream neanche negli anni ‘70, quando fece il boom ed era osannato da una buona fetta dei musicisti e degli ascoltatori amanti della sperimentazione e dell’innovazione. Adesso, a giudicare dalle nuove tendenze commerciali e radiofoniche, trovare giovani band che propongono musica inedita Prog è davvero difficile… così come è difficile trovare chi lo ascolta.
Esulando per un attimo dal mondo Hora Prima e “addentrandoci” nelle vostre vite, ci sono altre attività artistiche che svolgete nella vita quotidiana?
F.B.: Io amo l’arte a 360°, la pittura e le arti figurative sono una mia profonda passione assieme alla musica. Dipingere, così come ascoltare o comporre musica, ti conduce in territori mai esplorati e ignoti che, però, ti sembra di conoscere…
D.D.Z.: Dopo la musica, un’altra mia passione legata al mondo dell’arte è sicuramente la fotografia.
G.D.B.: Credo che ognuno di noi abbia la dote dell’arte in qualsiasi cosa faccia. Io la intendo come la parte creativa di ogni singola persona di riuscire a immaginare un percorso di un viaggio da spiegare in un libro o un dipinto, piuttosto che un brano musicale.
R.G.: Sicuramente la lettura legata alla scrittura, in particolare di opere fantasy, dalle quali traggo molto per ricreare le atmosfere musicali.
V.T.: Ho sempre amato il mondo dei videogiochi in quanto realtà virtuale e metodo di evasione dal reale, e sono appassionata allo studio delle lingue. Mi piace scrivere e comporre testi in lingua e spesso me ne servo per l’ideazione delle lyrics dei miei brani. Il mio canale preferenziale di espressione artistica rimarrà tuttavia sempre la musica.
E parlando, invece, di gusti musicali, di background individuale (in fatto di ascolti), vi va di confessare il vostro “podio” di preferenze personali?
F.B.: Condensare le preferenze musicali in soli tre nomi sarebbe impossibile. Ascolto con curiosità tutto quello che mi capita. Il mio orecchio, sin da piccolo, si è formato ascoltando i Beatles, New Trolls, Queen, PFM, Mahavishnu Orchestra, Earth, Wind and Fire. Poi ho esplorato il mondo del jazz e del funk per arrivare al Prog più impegnativo come quello dei Genesis, Gentle Giant, Yes, ecc. e tutto il Prog Italiano, anche quello più di nicchia. Anche la musica classica fa parte delle mie scelte di ascolto. Un po’ troppo? È proprio non mettendo barriere o paletti che si può spaziare con la creatività.
D.D.Z.: Led Zeppelin, Niccolò Paganini, Dream Theater.
G.D.B.: Mi appassiono alla musica ascoltando band e artisti come Queen, New Trolls, Led Zeppelin, AC/DC, Jimi Hendrix, The Beatles, e con il passare degli anni mi avvicino sempre più ad uno stile Prog Rock come Toto e King Crimson, rock classico come Eric Clapton e musica d’autore come John Mayer. Non ho un podio e non riuscirei a classificare le mie preferenze semplicemente perché non ho vincoli musicali.
R.G.: Sin da piccolo ho sempre amato il soul e il pop dei grandi Michael Jackson, Stevie Wonder, James Brown ecc. Fino ad arrivare a confrontarmi con il rock anni ‘80 che poi è stato il mio trampolino di lancio con gruppi come Guns N’ Roses, AC/DC, Bon Jovi, Aerosmith e altri. E insieme agli Hora Prima ho finalmente aperto le orecchie al mondo del Prog che mi ha rapito totalmente.
V.T.: È difficile stilare una top ten di generi musicali che preferisco ma, dovendo proprio creare una gerarchia, più che di generi preferirei parlare di sottogeneri, laddove i tre generi principali di riferimento sarebbero senz’altro il metal, il rock e la musica classica. Tra i sottogeneri che più hanno segnato la mia vita e che sempre mi emozionano inserirei sicuramente: symphonic metal, neoclassical metal, epic metal, folk metal, Prog Metal/Rock, colonne sonore e musica classica/orchestra, space rock/metal, rock elettronico, hard-heavy.
Restando ancora un po’ con i fari puntati su di voi, c’è un libro, uno scrittore o un artista (in qualsiasi campo) che amate e di cui consigliereste di approfondirne la conoscenza a chi sta ora leggendo questa intervista?
F.B.: Miller – “Tropico del Cancro”, cit.: “Non ho soldi, né risorse, né speranze. Sono l’uomo più felice del mondo”. Un po’ dura ma racchiude il concetto di libertà e ottimismo anche tra le difficoltà estremizzando sulle vere necessità dell’uomo.
D.D.Z.: Amedeo Modigliani.
G.D.B.: Francesco Musante (pittore, scultore).
R.G.: Essendo un cultore del fantasy, consiglierei “Il silmarillion”, dalla penna di J.R.R. Tolkien. Un’odissea fantastica avvincente e impegnativa.
V.T.: Da amante e studiosa della letteratura inglese non posso che consigliare la lettura delle opere di G. Orwell, in particolare “1984” e “Animal Farm”.
Tornando al giorno d’oggi, alla luce dell’emergenza che abbiamo vissuto (e che stiamo ancora vivendo), come immaginate il futuro della musica nel nostro paese?
F.B.: Sono fiducioso e credo che torneremo presto a godere della musica fatta dalle persone, rivolta alle persone, nelle piazze, nei teatri e nei locali.
D.D.Z.: Spero che questo tragico periodo si trasformi in un trampolino per la musica inedita italiana, quella suonata con passione e tanta energia.
G.D.B.: Immagino in una risurrezione della vera musica, la possibilità di esibirsi in piazze gremite di gente stufa sottratta della propria libertà.
R.G.: Spero che questo periodo possa smuovere un po’ le acque e ricreare un mondo musicale più aperto e variegato.
V.T.: Spero che tutto questo finisca presto e che, anzi, ci sia una nuova esplosione di musica dal vivo, di concerti, di arte, di teatri. Spero che l’arresto forzato di tanta vita artistica spinga la gente a sentirne la mancanza e la necessità ancor più fortemente di quanto non accadesse prima del Covid.
Prima di salutarci, c’è qualche aneddoto che vi va di condividere sui vostri primi anni di attività?
F.B.: Sicuramente la prima esibizione live. Beh, una scarica di adrenalina, paura e gioia incredibile. Ti guardi e non capisci cosa sta succedendo e cosa stai facendo ma come per magia tutto va al suo posto. Tante risate e qualche birra! O era qualche risata e tante birre?? …mmh… non ricordo…
D.D.Z.: Di quella volta che dopo aver suonato in piazza fuori città andammo a farci un giro per visitarne il centro e ci trovammo all’improvviso nel bel mezzo di una rissa che coinvolgeva un centinaio di persone, con tavoli e sedie che volano e i gestori dei locali che in pochi secondi abbassarono le serrande in tutta la piazza. Il mattino dopo in albergo pensavo si trattasse di un sogno ma mi fu confermato dal cantante. Una esperienza irreale.
G.D.B.: Ricordo che poco prima di salire sul palco, durante uno dei nostri primi live, Francesco propose di stravolgere completamente il corpo musicale di un brano, fu insidioso ma riuscimmo in un’impresa unica.
R.G.: La nostra prima esibizione sicuramente. Personalmente non mi esibivo da tempo e tornare sul palco quel giorno è stato come rinascere e aver trovato una famiglia.
V.T.: Ho suonato “Starman” di David Bowie con una corda totalmente scordata poiché, per la fretta, avevo dimenticato di controllare l’accordatura (che evidentemente si era sfasata durante le operazioni di carico e scarico dalla macchina o nel corso del viaggio). Che figura! Il brano, suonato così era inascoltabile!
E per chiudere: c’è qualche altra novità sul prossimo futuro degli Hora Prima che vi è possibile anticipare?
F.B.: Tanti progetti bollono in pentola! Ma non sveliamo nulla per il momento.
D.D.Z.: Il Dropbox del gruppo esplode di tantissimo materiale inedito che attende solo di essere messo insieme e pubblicato. Restate sintonizzati e lo scoprirete!
G.D.B.: Non vorrei spoilerare. Stay tuned!
R.G.: Le idee viaggiano veloci e già ce ne sono tante ma ci piace dare delle sorprese, quindi per adesso acqua in bocca.
V.T.: Mi permetto solo di anticipare che ci sarà un nuovo album su un tema per certi aspetti affine, ma carico di novità creative e di soluzioni musicali tutte da scoprire!
Grazie mille ragazzi!
F.B.: Grazie a te per questo spazio.
D.D.Z.: Grazie mille a te!
G.D.B.: Grazie tante a te!
R.G.: Grazie tante a te e alla prossima!
V.T.: Grazie a te, per il tempo e lo spazio concessoci.
(Giugno, 2021 – Intervista tratta dal volume “Dialoghi Prog – Volume 2. Il Rock Progressivo Italiano del nuovo millennio raccontato dai protagonisti“)
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