«Una birra scura per me e una per il mio amico. Ghiacciate».
«Come scusi?».
«Ho chiesto due birre scure».
«Birre? Ma ha visto in che posto siete entrati?».
«Si, un bar».
«No, un’enoteca. “Vino rosso sangue”».
«Embè? Due birre non le avete?».
«No, un’enoteca, è lo stesso nome che lo dice, serve esclusivamente vino».
«Mmm».
Il tipo si rivolse all’amico.
«Che facciamo? Io fuori non esco. Ci saranno cinquanta gradi oggi. Ci buttiamo sul vino? Io ho sete. Tu?».
«Ma si, dai. Proviamo sto vino».
«Si, ci dia del vino».
«Qui serviamo solo vino rosso».
«E ce lo dia rosso. E che sia bello fresco però».
«Vi dico anche che la nostra enoteca è unica nel suo genere, produciamo vino al momento, in base alla materia prima in nostro possesso».
I due si guardarono stupiti.
«In che senso? Avete dell’uva e la spremete al momento? Tipo spremuta d’arancia?».
«Tipo» rispose vagamente l’uomo dietro al bancone.
«Come dicevo» aggiunse «basterà solamente scegliere tra le disponibilità di oggi».
«Abbiamo capito. Ci dica cos’ha allora».
«Oggi la scelta è più limitata del solito, purtroppo. È un periodo in cui i fornitori hanno difficoltà a reperire materie prime. Potrete scegliere tra un toscano, un sardo, un greco e un freschissimo pugliese. È arrivato proprio stamattina».
«Che dici? Pugliese?».
«Ma si, vada per il pugliese».
«Qualche minuto e sarete serviti. Accomodatevi intanto».
I due presero posto nel piccolo locale vuoto, cinque tavolini e una quindicina di sedie. Alle pareti alcune targhe americane un po’ datate e poco altro. Fuori, intanto, il mese di agosto si lasciava odiare con tutte le sue forze.
«Ma è mai possibile che ad agosto solo noi due dobbiamo restare in questa città infernale?».
La domanda del tipo più alto non ebbe risposta.
L’uomo dietro al bancone, nel frattempo, dopo aver lasciato la coppia di clienti si era recato nel retro.
«Ighli, i signori vogliono il pugliese. Due bei calici, grazie».
«Si, signore».
Ighli allora aprì la botola posta proprio al centro della stanza piuttosto spoglia, scese le grigie scale in pietra e raggiunse in pochi secondi il piano della cantina.
«I signori hanno scelto te, pugliese» disse fissando quel viso che si intravedeva tra le sbarre della finestrella.
«No! No! Ti prego! Non farmi del male!».
«Mi spiace, ma il cliente va accontentato». E così dicendo aprì la porticina della piccola camera che custodiva il pugliese. Poi lo spinse verso una modesta scala in legno poggiata sul lato di un torchio vinario dalla struttura in ferro e gabbia in legno di rovere.
«Sali».
«No! Ti prego! No!».
Allora Ighli, fisico imponente, afferrò con forza il pugliese, salì tre gradini della scala e lo lanciò nel torchio. Poi prese due semicerchi in legno, anch’essi di rovere, e li pose come copertura nel torchio, addosso all’uomo. Posizionò anche una serie di coppie di parallelepipedi in legno sui due semicerchi, alternandone di volta in volta il senso. Regolò a mano la chiocciola portandola in contatto con i parallelepipedi superiori.
Intanto il pugliese continuava ad urlare in preda al panico.
Ighli si diresse verso il tavolo sistemato sul lato nord della cantina e prese una lunga asta in ferro. Tornò verso il torchio e la inserì nella madrevite.
Il pugliese osservò tutte le operazioni dagli spazi di luce presenti tra le doghe e al primo scatto della leva mossa dall’uomo perse i sensi. Rinvenne molto presto, quando i semicerchi in legno iniziarono a produrre la prima vera pressione sul suo corpo.
Le urla disumane non servirono. Meno di un minuto dopo il silenzio irreale di quella cavità era rovinato solamente dal “tlac tlac” della macchina idraulica e dal rumore di ossa che si sgretolavano. Poco dopo un sottile rigagnolo rosso si tuffava in una bacinella posta ai pedi del torchio.
«Due calici di pugliese in arrivo».
(pubblicato nell’antologia “Orrore al Sole 2017” – Letteratura Horror, 2017)
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