Supernova (1972)
Spiegelei/Aamok
Supernova è l’unico album degli Ibliss, band tedesca poco conosciuta che vede, però, tra le proprie fila Basil Hammoudi (percussioni, flauto, voce), già membro degli Organisation (embrione dei Kraftwerk), e Andreas Hohmann (batteria, percussioni) che con i Kraftwerk ha registrato il primo album. Con loro ci sono anche Rainer Büchel (sax, flauto), Wolfgang Buellmeyer (chitarra, percussioni) e Norbert Buellmeyer (basso, percussioni).
La provenienza di Hammoudi dagli Organisation ha influito molto sul sound degli Ibliss e, non a caso, musicalmente i richiami tra le due band sono netti, soprattutto nell’uso delle percussioni e in alcune atmosfere da jam session (vedi Drops e High life).
I quattro brani dell’album sembrano guidarci lungo un cammino che ci porta dal caos (ben restituito dalle percussioni di Margah), attraverso stati “confusi” ma sempre meno conflittuali, sino a raggiungere la calma di Athin.
Quando si hanno quattro percussionisti nel gruppo il minimo che si possa fare è utilizzarli. Non a caso Margah è occupato, per i primi tre minuti, da un ritmo tribale martellante (molto più incisivo, per esempio, di quello che apre “Revenge” degli Embryo), “sporcato” a tratti da alcuni vocalizzi, anch’essi di stampo etnico. Poi la batteria mette le basi per la svolta del brano: è la chitarra di Wolfgang Buellmeyer, con i suoi riff stratificati e i seguenti assoli, a cambiare quasi totalmente il brano portandolo su strade rock-psichedeliche. Da sottolineare che nel “magma” musicale della seconda parte del brano le percussioni tribali non mancano di dare il loro supporto.
Il primo minuto di Drops, con i suoi suoni sintetici, sembra preso in prestito da “Beta” di Franco Battiato. Ci pensano in seguito batteria, basso, percussioni e chitarra, col trascorrere del tempo, a dare sempre più volume al brano e a creare una nuova struttura. Il basso instancabile di Norbert Buellmeyer, col suo giro ipnotico, in compagnia degli altri “colleghi”, fa da tappeto jazzato alle evoluzioni piuttosto delicate e mai troppo invasive del sax di Büchel. Solo dopo i nove minuti quest’ultimo “perde le staffe” e spinge al massimo il suo strumento. Gli ultimi tre giri di lancette sono occupati, in parte, dal lato folle della band, con urla, rumori, elementi cosmici e quello che sembra il campanello di una bici. È l’unico punto in cui gli Ibliss si avvicinano alle atmosfere di “Osmose” degli Annexus Quam.
In High life Büchel passa al flauto. È il suo strumento il protagonista del brano, mentre in sottofondo le solite percussioni e il basso rendono il clima piuttosto rilassato, almeno nei primi minuti. In seguito, come già accaduto, il brano diventa, a sprazzi, più corposo grazie all’ingresso degli altri strumenti o dei vocalizzi, mentre resta incessante il lavoro del flauto. Il tutto è un po’ funky.
Athir si discosta dai precedenti brani. È un’atmosfera meditativa quella che si respira grazie al flauto molto ispirato, alla chitarra leggera e alle percussioni evocative. Anche il sax intraprende, col passare dei minuti, il cammino percorso dal flauto. Creazione davvero molto suggestiva e magnetica.
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