State Comodi (2015)
Autoproduzione
Dopo anni trascorsi tra palchi e studio di registrazione, e una breve pausa avvenuta tra 2012 e 2013, la band romana dei Lisergia è tornata con un nuova veste. Guida di questo progetto, che ha da poco superato i tre lustri di attività, è il batterista Valerio Michetti: sono la sua forza e la sua passione a segnare il ritmo (in tutti i sensi) nel mondo Lisergia e a far si che il suo cammino prosegua nel tempo. A completare l’attuale formazione troviamo Anna Mastrorilli (voce), Gianluca Paladino (chitarra) e Vukasin Rodic (basso).
Il nuovo capitolo della storia Lisergia si chiama State Comodi, lavoro interamente composto da Michetti, in collaborazione con G. Paladino, F. Sigismondi, E. Urcioli e F. Chiesa. Nei suoni della chitarra volutamente “sporchi” e nelle atmosfere create dalle mutevoli ritmiche rivivono vibrazioni che legano le soluzioni della band ad un passato che si chiama, ad esempio, Fuzzy Duck o The Stooges, riletto in chiave moderna e miscelate a spruzzate di psichedelia e manciate di pop-rock del nuovo millennio (e non solo). A loro va sommata la passionale voce di Anna Mastrorilli che “vive” bene in tutti i periodi storici e i generi “citati” musicalmente. Altro legame col passato lo restituisce la cover cromaticamente psichedelica realizzata da Rosa De Salvo.
E prima di intraprendere l’analisi dei brani è fondamentale conoscere integralmente la storia che lega i sei fotogrammi sonori dell’album:
Sono le 4:36 am, è il momento in cui il buio inizia a cedere un po’ il passo e, dopo esser salito più in alto che può, ricade giù tra le ombre che non ha mai visto…
Elle sorseggia pensierosa (Latte+), poca luce negli occhi e tanto sonno quando inizia l’ascesa; il primo incontro è con le persone disperse che spera di poter riavvicinare un giorno (Liliom).
Poi arriva il nulla (Deserto) ma subito dopo anche la certezza che tutto si ripete nel tempo in un modo o nell’altro (Calendimaggio).
Nelle esperienze il dolore lascia inevitabilmente dei segni (Lividi), si resta storditi e senza il codice d’accesso esatto (LXV) diventa praticamente impossibile riuscire a mettere di nuovo i piedi a terra, sani e salvi.
Sone le 5:06 am, il giorno deve percorrere ancora un po’ di strada e il brusio dei curiosi attorno riporta Elle ad aprire gli occhi adesso meno stanchi e con più luce di quando era partita.
Un sorriso, nessuna paura, ogni cosa è a posto… ora abbiate solo la pazienza di fermarvi ad ascoltare, è la vita: state comodi.
State Comodi si apre con la kubrickiana Latte+ e sin dalle prime note ecco emergere l’anima lisergica del gruppo: è Paladino ad avvolgerci con le sue spire ipnotiche mentre a Michetti è affidato il compito di aggiungere “pepe” nelle retrovie. E quando ormai la mente ha raggiunto un’altra dimensione, dopo essersi fatta “circuire” dal loop magnetico (con quel pizzico di acidità alla Liquid Sound Company che non guasta), ecco che Rodic (coadiuvato egregiamente dai due compagni), con uno “schiaffo” violento, ci riporta con i piedi per terra.
Aumentano i giri con Liliom. Il “furente” Michetti non concede tregua nei primi due minuti mentre Paladino, stimolato dalle stesse pelli, riempie l’aria con il suo sound “grezzo” ma allo stesso tempo fresco e luminoso. Nelle retrovie, intanto, Rodic fa il suo “sporco” lavoro senza concedere centimetri agli altri due. E dopo un arpeggio dal tocco alla Martin Thurn-Mithoff, con il flusso sonoro che nel frattempo s’è praticamente arrestato, entra in scena Anna Mastrorilli: la sua calda voce dona una nuova e piacevole tonalità al quadro che, poco dopo, riprende immediatamente quota lasciando fuoriuscire tutta l’anima rock del quartetto.
L’indole alternativa emerge nitidamente con la più lineare Deserto. Protagonista assoluta è la voce della Mastrorilli: il brano, dall’andatura che a tratti riporta alla mente frammenti di Afterhours, è cucito perfettamente addosso a lei. Indovinato l’esplosivo intermezzo, con l’elettronica che si palesa distintamente.
Ben articolata la lunga Calendimaggio, suddivisa nei capitoli Marcia dei neon infuocati e Muore e rinasce ogni giorno. È Michetti a dare il via alla marcia, seguito a ruota ben presto dalla chitarra di Paladino, che alterna passaggi “dolenti” a riff più spensierati, e dall’indomito basso di Rodic. È Paladino a descrivere, poi, i successivi tre stati d’animo: il fuoco delle stratificazioni chitarristiche, la morte delle stesse, in cui le corde sono quasi “trascinate”, e la rinascita fatta di guizzi vivaci che introducono il canto della Mastrorilli. Si continua con imprevedibili alti e bassi, in cui è sempre la chitarra a far da guida, con le ritmiche e la voce che ben interpretano le “intenzioni” del collega.
Molto rapido l’avvio di Lividi che richiama a tratti le soluzioni “scattanti” dei Franz Ferdinand. Il ritmo resta alto anche in seguito, prendendo ancor più corpo con l’ingresso di tutti gli effettivi (voce inclusa) e con l’intrigante inserto elettronico alla Bluvertigo. Gli ultimi minuti sono una rovinosa caduta verso il basso, un continuo ed interminabile “urtare” contro pareti fisiche ed impalpabili allo stesso tempo che si dilata nel tempo e nello spazio.
Si vola ancora con la conclusiva LXV. Il continuo rincorrersi tra la spigolosa chitarra di Paladino e le indemoniate ritmiche del duo Michetti/Rodic della prima parte del brano, intimamente accostato alla dedica che troviamo all’interno del libretto (In loving memory of Lemmy and Philthy Animal), appare come un omaggio molto personale ai Motörhead. Si procede poi con le continue variazioni cromatiche del trio (la voce non compare nell’episodio) e, tra impennate e rallentamenti, si chiude State Comodi, un album che è un bell’esempio di libertà compositiva e, soprattutto, il giusto riconoscimento alla costanza di Valerio Michetti.
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