Regna – Meridian

REGNA

Meridian (2015)

Autoproduzione

Una delle ultime novità provenienti dalla Spagna si chiama Regna, un sestetto formato da Alejandro Domínguez (chitarra), Arturo García (basso), Miguel González (tastiere), Marc Illa (voce), Eric Lavado (batteria) e Xavier Martínez (chitarra), che ha esordito nel 2015 con l’EP Meridian.

L’opera è una suite divisa in quattro capitoli che descrive una sorta di viaggio interiore che si muove tra la rassegnazione di chi accetta una perdita, la rabbia e l’incertezza, guidandoci verso uno stato di alienazione e di abbandono.

E i suoni creati dai Regna dipingono paesaggi compositi fatti di morbidi ricami acustici e galoppate in cui tastiere e ritmiche la fanno da padrone, non disdegnando frammenti in cui emerge quell’amore per il metal coltivato nel precedente progetto Full of Anger. Ecco allora emergere una tavolozza di richiami più o meno netti, “confessati” anche dalla band, che vanno dal prog degli anni ’70 sino ai Riverside e agli Spock’s Beard.

È un soffice e malinconico arpeggio di chitarra a dare il via a Part One: Black Crows, brano che si sviluppa sottoforma di quieta ballad. Sono le due chitarre, in seguito, ad imprimere un po’ di vitalità, mentre la voce di Illa segue il morbido flusso ritmico e tastieristico.

Anche se aperta ancora una volta da un arpeggio, Part Two: Collapse (in Technicolor) si discosta nettamente dal brano d’apertura. Terminato l’intro, il clima si fa scuro, con le distorsioni che strizzano più di un occhio al metal, le tastiere inquiete e le ritmiche dinamiche. Ecco poi fuoriuscire pienamente l’anima prog dei Regna con serpentine guizzanti di chitarra/tastiera/basso e una batteria “saltellante”. E poi frammenti più cupi, slanci irregolari, voli di tastiere e tanto altro ancora, con qualche moderato richiamo, ad esempio, ai Riverside. Gran brano.

Part Three: Awake Again. Marchio di fabbrica dei Regna è l’apertura acustica che, anche in questo episodio, influenzata un po’ dai Beardfish, non manca. La corrente s’ingrossa col trascorrere dei secondi grazie a tutto il collettivo che dipinge una corposa melodia, a tratti alla Spock’s Beard, e dai cui emerge gradualmente il basso di García. A seguire netto cambio di rotta, con le possenti distorsioni che s’intrecciano a tastiere decisamente seventies in un’andatura davvero notevole. Ecco riemergere pienamente l’anima progressiva ed eclettica dei Regna che si spingerà ancora per altri minuti sino al sontuoso finale in cui troviamo “citati”, tra gli altri, i nostri The Trip, Metamorfosi e Spettri.

Si chiude con la tenera e breve Part Four: Coda. È il piano cullante di González a reggere la struttura, mentre le chitarre “volano” lievemente intorno a lui. Ad adagiarsi sul soffice cuscino sonoro subentra anche Illa che mette la parola fine all’EP.

Buone basi su cui edificare il proprio futuro.

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