The Circle (2017)
Autoproduzione
Un esordio particolare quello di Dante Roberto. Si, perché Roberto è docente presso il Conservatorio Paisiello di Taranto, concertista classico, autore di testi didattici e compositore: una figura poliedrica che “irrompe” nel mondo del prog con la sua opera prima The Circle.
…gli appunti che nel tempo si sedimentano, le idee che si modellano e si trasformano, cellule musicali che si ritrovano e dopo anni e anni si assemblano in composizioni solo immaginate e mai scritte… Il tempo che fermava spunti musicali sembra non essere trascorso e si mostra come un unico attimo eterno e ciclico, l’eterno ritorno dell’analogo! Tutto vive come in un solo unico momento infinito e circolare… Questo è The Circle: il passato che vive nel presente e nel futuro già trascorso si racconta.
The Circle, appunto, concept album strumentale che esplora il concetto di tempo circolare contrapposto a quello lineare, così come ci ricorda la clessidra in movimento presente sulla cover dell’album realizzata da 7StarsDesign (Fabry Tarantino). Sarebbe riduttivo etichettare le idee musicali di Dante Roberto (piano, tastiere), concretizzate in collaborazione con Salvatore Amati (basso), Alessandro Napolitano (batteria, percussioni) e i tre chitarristi Luca Nappo (in Speedy, Tra fuoco e fiamme, Open your heart, Lisea e Toccata), Salvatore Russo (in Preludio e Processionale) e Alex Milella (in All change e Funky disco) semplicemente come prog metal, anche se lo “spettro” dei Dream Theater aleggia sovente lungo il percorso di The Circle. Quasi naturalmente emerge, però, anche l’anima classica di Roberto ben miscelata a brevi (e non) “soste” negli anni ’70 e ’80, oltre ad un pizzico di ironia che erompe nei brani finali.
E nel cerchio senza inizio e senza fine del leggendario Ouroboros, simbolo che rappresenta la natura ciclica di tutte le cose (e quindi anche del tempo), raffigurato sul retro del libretto, Nietzsche ci ricorda che “Tutto quel che è rettilineo mente, tutte le verità sono ricurve, il tempo stesso e un circolo”.
La tripartita Dante suite si apre con Preludio. È il piano lirico e romantico di Roberto a dare il via a The Circle. Ben presto l’atmosfera si “spacca” con l’ingresso della petrucciana chitarra di Russo. Il suo lungo e descrittivo assolo è ben sorretto dai tappeti dello stesso Roberto e dalle ritmiche del duo Amati/Napolitano.
Il secondo movimento della suite è l’intrigante Processionale, un percorso ascensionale che, poste le basi sulla “marcetta” di Napolitano, cresce e s’ispessisce grazie agli innesti di tastiere dal tocco sinfonico (e non solo) e alle sovrapposizioni di chitarre acustiche e basso. E quando ormai si è certi che tale sviluppo ci accompagnerà sino alla fine dell’episodio, Russo e Napolitano impongono una svolta e un nuovo sviluppo piuttosto malinconico.
Si chiude il trittico con Speedy. Il nome parla chiaro: velocità. Ed è proprio quest’elemento il fulcro del brano con fughe imprendibili in cui è Nappo a far la voce grossa, ottimamente supportato dalla coppia ritmica e dai colori di Roberto. Il quadro offerto fa pensare subito, quasi automaticamente, ai Dream Theater.
La breve partenza emersoniana di All change è di quelle che lascia il segno. Poi Roberto cede la scena al pulsante basso di Amato e alla piroettante chitarra di Milella che, insieme al padrone di casa e a Napolitano, mettono in piedi un interessante segmento jazzato sfociando, in seguito, quasi in una jam, prima che le dita di Dante Roberto riportino ordine. Quello che segue è una fuga dello stesso che va ad aprire lo spazio ai nuovi volteggi di Milella e alle “danzanti” ritmiche. È un brano mutevole che non sembra aver fine e, infatti, c’è ancora spazio per altri interventi fantasiosi del quartetto sino alla conclusione.
La lunga Tra fuoco e fiamme si presenta anch’essa con una fisionomia composita in cui l’essenza prog metal occupa di certo la parte preponderante. I minuti trascorrono tra passaggi spinti e trame melodiche e romantiche, con Roberto che ci mostra il suo ampio parco strumenti (e le sue sconfinate abilità), ben sostenuto dai compagni di viaggio. Le sue tastiere viaggiano nel tempo, tra arabeschi settantiani e fraseggi sintetici dei decenni seguenti. Come detto, ottimo il lavoro dei sempre presenti e attivi Napolitano, Amati e Nappo.
Molto dolce e delicata Open your heart, con le stratificazioni tastieristiche che ben si amalgamano tra loro rendendo soffice l’avviluppante atmosfera. Sono momenti come questi che ti fanno pensare “Si, la voce è superflua”. I labili interventi di Nappo ben s’adattano al quadro, prima del finale in cui lo stesso s’inserisce con un breve assolo (sempre in tema).
Lisea, brano dedicato alla vestale tarantina che nel 209 a.C., quando Taranto fu espugnata dai romani, per sottrarsi alle violenze dei conquistatori, decise di gettarsi dall’alto del Tempio di Minerva, seguita poi dalle sue compagne. Nel lungo e intenso lavoro di Nappo, nelle corpose e cangianti tastiere di Roberto e nelle precise ritmiche di Napolitano e Amati rivive tutta la fierezza della donna: un quadro ricco di tensione e pathos.
Decisamente diverso dal brano precedente è Funky disco, una sorta di divertissement dai suoni eighties e spensierati. Ottimo il lavoro del mai domo Amati. In alcuni punti Roberto si concede delle “libertà” che escono fuori dal tracciato.
Con Toccata si torna inizialmente (e poi in coda) indietro di qualche secolo. È quella che sembra a tutti gli effetti una spinetta a creare un clima “retrò” e frizzante cui s’accodano la chitarra di Nappo e le ritmiche. E, rifacendosi ad una sorta di “gioco degli opposti”, ecco che a metà brano l’atmosfera cambia repentinamente e si fa ballabile avvicinandosi quasi ad una sigla televisiva anni ’80 (!).
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