Viaggio Magico (2014)
Runaway Totem Records & Lizard Records
Chi, la sera del 4 maggio 2013, era presente al Teatro Gustavo Modena di Mori (TN), non ha assistito ad un semplice concerto ma ad un viaggio nella musica e oltre la musica: un Viaggio Magico. Ad offrire questa esperienza unica sono stati Cahål De Bêtêl – Roberto Gottardi (chitarre, liuteria elettronica, synt glass, voce in TAT l’albero cosmico), Re-Tuz – Raffaello Regoli (voce, diplofonie, marranzano), Soti San – Antonella Bertini (voce, diplofonie), Dauno – Giuseppe Buttiglione (basso, basso fretless) e Tipheret – Germano Morghen (batteria, tastiere in TAT l’albero cosmico), ossia i Runaway Totem.
Chi, quella sera, invece, era assente può rivivere le emozioni ascoltando il doppio album Viaggio Magico, un percorso ricco di atmosfere elettro-spirituali-sperimentali, fatto di dilatazioni sonore e vocali che rapiscono l’ascoltatore facendo perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Ti accorgi di aver ascoltato un brano di 12-14 minuti solo al momento degli applausi.
È un viaggio che nasce innanzitutto dalla realtà: Cahål De Bêtêl – Roberto Gottardi ha visitato fisicamente i luoghi descritti musicalmente, li ha “assorbiti” e poi li ha tradotti in musica creando, con la collaborazione della band, un’esperienza musicale e di viaggio interiore, da condividere tra i musicisti e gli ascoltatori (dall’intervista rilasciata da Roberto Gottardi ad Athos Enrile).
Viaggio Magico è il secondo frammento del nuovo percorso di ricerca musicale dei Runaway Totem, Spiragli dall’infinito, avviato nel 2012 con l’album “Affreschi e Meditazione”. Una nuova “strada sonora” nata dall’incontro di Gottardi con Paolo Tofani degli Area che ha fatto sì che io mi aprissi alle esperienze etniche ed elettroniche ancora più in profondità. La chitarra ora la vedo come una “Liuteria Elettronica” e la suono sia come chitarra, sia come fosse altri strumenti musicali (Synt, Fiati, Tastiere, Percussioni ecc…), tutto coadiuvato da due computer per la gestione dei suoni (dall’intervista di Roberto Gottardi ad Athos Enrile).
L’opener di Viaggio Magico è il primo dei due brani inediti (anche se, in realtà, siamo di fronte alla fusione di due brani): Mongolian Voyage/Cucamonga Valley. Bastano il marranzano di Re-Tuz, i giochi elettronici e space di Cahål De Bêtêl e i primi vocalizzi eterei di Soti San, presenti nei minuti iniziali, a rapire l’ascoltatore e proiettarlo sui cieli della Mongolia. Lo stesso Re-Tuz, in seguito, inizia a “scherzare” con la propria voce (Demetrio Stratos, ovviamente, è il primo riferimento che la nostra mente richiama), incrociandosi con quella di Soti San, mentre sullo sfondo chitarra e ritmiche hanno campo libero (quest’ultimi, a tratti, ricordano i primi Ash Ra Tempel). La seconda parte del brano, a tutti gli effetti l’”accesso” alla valle Cucamonga di zappiana memoria (il riferimento a Frank Zappa è confermato in apertura del prossimo brano da Re-Tuz), vive sulla frizzante chitarra di Cahål De Bêtêl e le rapide ritmiche di Dauno e Tipheret, mentre le due voci, inizialmente, continuano il loro intreccio multiforme (e sempre più stratosiano nel caso maschile).
Mozambico, il secondo dei brani inediti, ci porta direttamente in Africa. Sono le percussioni tribali di Tipheret ad aprire il brano. Seguono alcuni minuti “poco africani” fatti di atmosfere “prog al 100%” in cui la liuteria elettronica e le chitarre di Cahål De Bêtêl, in ottima compagnia del basso di Dauno e della batteria dello stesso Tipheret, ricamano trame complesse e rapide. Intorno ai sei minuti si riprende il cammino iniziale e ci si ritrova nel pieno di una danza tribale, fatta di canti e ritmi veloci. Gli inserti elettronici che seguono rendono la situazione ancor più suggestiva, con i vocalizzi di Soti San davvero ammalianti. Il finale è un crescendo “sofisticato”: suoni ipnotici arrivano da ogni direzione disorientando chi ascolta.
Jaipur la città rosa, come gli ultimi brani Ganesha Puja e TAT l’albero cosmico, proviene dal precedente album “Affreschi e Meditazione”. Ci si ritrova immediatamente immersi tra le strade e le atmosfere delle città indiana, avviluppati da un sound raga in cui gli strumenti a corda di Cahål De Bêtêl giungono a “forgiare” anche il suono del sitar, mentre basso, percussioni e vocalizzi di Soti San contribuiscono nel ricreare un clima fortemente meditativo. Poco oltre Tipheret impone una breve svolta rapida al brano ben accolta dal gruppo. Su tutti da segnalare le prove di Cahål De Bêtêl e Re-Tuz che trascinano il segmento verso lidi molto cari agli Area (li ritroveremo anche nel finale). Si torna nell’India più “profonda” con i minuti che seguono fatti di suoni diluiti e magnetici, percussioni, vocalizzi e “galoppate di sitar”.
Il secondo disco si apre con Segreto tra le mura, brano tratto dal primo album “Trimegisto” del 1993. Dopo i primi secondi che sembrano provenire da “Propiedad Prohibida” di Franco Battiato, il brano si fa fin da subito sostanzioso grazie alle vigorose ritmiche di Tipheret e Dauno e ai tortuosi giochi di Cahål De Bêtêl. La struttura corposa si arricchisce poco dopo anche dell’affascinante canto di Re-Tuz e Soti San. È un vortice che diventa sempre più frenetico e “acido” con trascorrere dei minuti.
Si torna in India con Ganesha Puja, brano decisamente più onirico dei precedenti. Le soffici vibrazioni di Cahål De Bêtêl e i vocalizzi incorporei di Soti San ci proiettano verso un’altra dimensione. Nel frattempo, altri suoni dello stesso Cahål De Bêtêl, nettamente più “aspri”, ci tengono in contatto con la Terra. È un viaggio in cui il Lino Capra Vaccina di “Antico Adagio” incontra i Tangerine Dream, mentre sul finire fa la sua comparsa Alan Sorrenti di “Aria” o “Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto”.
TAT l’albero cosmico. Un’introduzione dai tratti space crea il solco da cui germogliano un’atmosfera solenne e il canto imponente di Re-Tuz (il richiamo agli “universi sonori” di “Come un cammello in una grondaia” di Battiato è considerevole). A seguire, una struttura elettro-sperimentale (in cui si potrebbe leggere ancora un’assonanza con il Franco Battiato dei ‘70) funge da sfondo su cui lo stesso Re-Tuz recita un frammento del quindicesimo capitolo della Bagavad Gita. Più avanti le distorsioni di Cahål De Bêtêl e le ritmiche rapide di Tipheret e Dauno creano un po’ di “scompiglio”. E, come in ogni live che si rispetti, sul finire (prima della ripresa della narrazione e della celestiale chiusura) ecco la presentazione della band.
Un concerto (e un album) che è davvero un viaggio magico, un cammino “fisico” (dalla Mongolia all’India, passando per il Mozambico) e spirituale che eleva l’ascoltatore verso vette non accessibili a tutti.
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