A piedi nudi sull’Arcobaleno (2020)
Lizard Records
A cinque anni di distanza da “Frammenti d’Incanto”, e a venticinque anni dall’avvio della loro avventura, ecco il nuovo lavoro dei Sintonia Distorta: A piedi nudi sull’Arcobaleno. Sempre guidati dai “padri fondatori” Simone Pesatori (voce) e Fabio Tavazzi (basso, cori), la band lodigiana, affiancata ancora una volta dalla “garanzia” Lizard Records, si ripresenta con una nuova formazione a sei che vede tra le proprie fila anche Giampiero Manenti (tastiere, seconde voci, cori), Claudio Marchiori (chitarra solista, acustica, ritmica), Giovanni Zeffiro (batteria, seconde voci, cori) e Marco Miceli (flauto, sax).
Dopo aver trovato la propria dimensione sonora con “Frammenti d’Incanto”, i Sintonia Distorta proseguono sul tracciato ben segnato dal precedente disco riuscendo, allo stesso tempo, ad ampliarlo grazie a nuove idee e all’innesto di Miceli che, con i suoi fiati, ha portato ancor più “ingredienti progressivi” da utilizzare nelle “ricette” della band.
Il nuovo lavoro si muove tra del sano prog di stampo contemporaneo ed esplosivi momenti settantiani, tra hard rock, melodia e romanticismo, con quella scelta “controcorrente” in ambito progressivo (ma apprezzabile nel caso specifico) di confezionare ritornelli cantabili, collocandoli sapientemente nelle lunghe cavalcate che compongono A piedi nudi sull’Arcobaleno (idea che aveva già trovato spazio in “Frammenti d’Incanto”).
E, come già accaduto con il precedente lavoro, fondamentali nell’economia dell’album sono i testi e l’artwork. Questa sorta di fil rouge che lega i due album si manifesta nuovamente attraverso le parole di Pesatori che, con lo zampino anche di Manenti, Tavazzi e L. Furlan, continua a mostrare tutta la sua immagine di “cantastorie” narrandoci il dolore per la scomparsa di persone care, la felicità insita nei sogni e il mito di Orfeo ed Euridice (solo alcuni dei temi sviscerati nell’album e, ancora una volta, impreziositi da un testo “non cantato”), e la loro rappresentazione grafica, talvolta immediata, talvolta metaforica, realizzata dagli After Spell Studios.
Last but not the least, altro elemento di spicco dell’album è la presenza di ospiti del calibro di Roberto Tiranti, Luca Colombo, Paolo Viani e I Musici Cantori di Milano, e il “tocco magico”, in qualità di produttore artistico, di Fabio Zuffanti (tutti raccolti sotto il “tetto” dello studio lodigiano Treehouse Lab, cui va fatto un plauso per la resa finale dell’opera).
Si sprecano anni, intere vite a volte, all’inseguimento di qualcosa che crediamo renderci felici: i beni materiali, il denaro… e si finisce per tralasciare i desideri del cuore… i sogni, la cui rincorsa, a prescindere dal traguardo, è forse il vero tramite per la felicità. Basterebbe poi guardarsi intorno, verso gli affetti più cari, per scoprire quanto valore essi abbiano e quanto siano linfa per i nostri più profondi desideri!… Spesso l’errore più grave è proprio quello di dare tutto ciò per scontato! Tu invece, dimmi che ti basta un sogno… ed io ti seguirò!
L’andatura blanda che apre Solo un Sogno (…dimmi che ti basta) è fuorviante: quell’arpeggio rockeggiante e il passo compassato sembrano “limitare” il soffio di Miceli e il tocco melodioso dei tasti ma qualcosa “progressiva” siamo certi avverrà, è nell’aria. Anche Pesatori, col suo timbro colorato, si adagia sul velo steso dai compagni di viaggio, mentre il piano nocenziano di Manenti inizia a far comprendere che qualcosa sta per cambiare. E dopo brevi deflagrazioni e uno stacco poetico piano/voce alla Banco, si vola. Scudisciate distorte s’aggrovigliano a spire turbinanti di flauto mentre basso e batteria portano i propri strumenti a pieni giri. Voce e tastiere seguono a ruota. E poi è un susseguirsi di fuochi pirotecnici, con Pesatori che divide i compiti con l’ospite Roberto Tiranti e il flauto che si staglia di sovente su tutti con un lavoro eccelso (ma una grande opera è svolta dall’intera formazione e, inoltre, i Sintonia Distorta piazzano anche degli incisi che entrano in mente sin dal primo ascolto: […] Dimmi che ti basta / Tutto il resto passa / Forse quanto basta / è avere un sogno per la testa […]). Ottima opener.
Chissà quanto dolore celato in certi sorrisi. Chissà quanta sofferenza dietro l’essere così solari. Poi una notte la tragedia. La fine. E con essa quella luce, lei, lui. Non è però il tempo per giudicare, né per invadere uno spazio così privato e personale. Solo ci piace immaginarli ora camminare mano nella mano, lungo un sentiero pieno di colori, di toni accesi. E a piedi nudi… per muoversi liberi e toccare un momento di amore vero, sincero, autentico.
A piedi nudi sull’Arcobaleno. Prime battute che lasciano trasparire una certa malinconia di fondo, confermata, assimilata e ampliata dal canto caldo di Pesatori e dal piano “triste” di Manenti. L’avvicendamento di quest’ultimo con le distorsioni dell’ospite Luca Colombo va ad accentuare la sensazione. E poi lo stacco pienamente seventies, con le maestose cascate di note, spezza il flusso che riprende con un nuovo “accompagnatore” per Pesatori: il flauto. Anche se taciuto sinora, da encomiare il gran lavoro “direttivo” delle ritmiche. E quel tocco di melodia piacevole, un pizzico sanremese (nel senso migliore del termine) e un po’ Pooh, non guasta affatto. […] Se l’uomo rabbia avrà / su rabbia che c’è già / chi vincerà? / Se stendi nero su / su nera tavola, / tu nero avrai / Ma se bianca mano dai / grigio ripartirai… / Sapessimo dipingerlo!.
Esistono diversi aspetti della nostra personalità e ognuno di noi, in fondo, custodisce il proprio Dr. Jekyll ed il proprio Mr. Hyde… Anzi, è proprio da come gli altri interagiscono con noi che, più o meno inconsciamente, l’uno può avere la meglio sull’altro! E proprio quando si offre la peggior parte di sé, assumendo comportamenti che non sono propriamente nostri, quindi più dettati dalle circostanze che dalla nostra natura, il senso di colpa rischia di prendere il sopravvento… È allora in quel caso che il nostro inconscio ci fornisce un’attenuante, un Alibi, ricordandoci che spesso noi siamo, per difesa, la reazione verso ciò che ci circonda! Se saremo onesti con noi stessi, voleremo sempre liberi come farfalle, poiché le nostre azioni avranno, sempre, un Alibi di ferro!
L’avvio con il denso e poetico intreccio di piano e flauto di Alibi è di quelli da pelle d’oca ed emana vibrazioni di PFM con De André. Tutto s’arricchisce poco oltre con gli interventi chitarristici di Marchiori e vocali di Pesatori, mentre la virata prog che segue è da applausi. Poi si procede ad alta velocità con colori che virano verso tonalità scure, con riprese e variazioni sempre ad alto coefficiente di complessità e d’immaginazione, sfiorando anche territori british.
Sabri, bellissima, non lo era, lo è! Sabri, dolcissima, non lo era, lo è! Perché nonostante quell’infame destino, il suo garbo, la sua gentilezza, la sua grande dignità sono ancora forti e vive, poiché parti indissolubili di noi. Di noi che abbiamo pianto la sua ingiusta scomparsa ma ai quali quello splendido, ineguagliabile, sorriso ha lasciato un grande dono… il suo esempio! E seguirlo ci farà essere persone migliori. Per sempre… come per sempre, Sabri, sarà con noi!…
Tempo di ballad dolce e commovente con Sabri, un fluire drammatico a due (voce/chitarra acustica) che emoziona. Il testo toccante, reso quasi “palpabile” da Pesatori, va ascoltato attentamente per far proprio anche solo un pizzico dell’amore e del dolore provato verso una persona che ha lasciato questa terra troppo presto: […] Chiudo gli occhi e c’è la sua voce / Esterocezione del cuore / Come quando perdi una parte di te / ma un impulso della mente tua / la sente ancora […]. E i tappeti avvolgenti realizzati da Manenti marcano ancor più lo stato d’animo.
Orfeo era un poeta, un musicista. Il suono melodioso della sua lira trascinava ed incantava l’intero suo mondo! Orfeo era gioioso, innamorato della sua vita: di Euridice. Ma dietro le candide sottane della sua amata, si celava, infido, il suo fantasma: Aristeo. Costui, con l’inganno, uccise la sua amata e trascinò Orfeo con sé, fino al buio degli inferi. Ma fu rimorso, poiché Orfeo non ebbe il coraggio di scoprire il volto del suo aguzzino ed Euridice cadde nel baratro… Per sempre! A volte, però, il destino offre una seconda possibilità… Fu allora che Orfeo, si vendicò. Si fece a sua volta Aristeo e trasse in inganno il suo demone, riportandolo giù, nel più profondo buio del suo animo… Giunti al giaciglio di Euridice, Orfeo, ormai conscio di sé, riuscì a non ripetere quell’errore… Ebbe il coraggio di voltarsi e di guardare nel volto il suo fantasma!! Fu così, che affrontandolo per la prima volta, lo vinse, riportando alla luce la sua Euridice… La sua vita!
Tenebrosa e gobliniana ci accoglie La rivincita di Orfeo, anche se flauto e voce intervengono presto a rasserenare il clima, percorrendo un morbido sentiero a braccetto (con i “fili” di Marchiori posti a riempire gli spazi). Sullo sfondo Tavazzi e Zeffiro iniziano a scalpitare ben presto e il brano decolla (ma i “leader”, al momento, restano ancora Pesatori e Miceli). E dopo un frammento chitarra/flauto dalle sensazioni malibraniane, i Sintonia Distorta spingono ancor più sull’acceleratore rock (grazie anche all’ospite Paolo Viani). E poi sempre più a fondo, a capofitto verso tumultuosi gorghi settantiani, intervallati dal solito eccelso lavoro al fiato di Miceli alla Elio D’Anna, da malinconiche andature dei tasti di Manenti e galoppate hard di chitarra.
Un’assenza quasi improvvisa, lacerante. Sono corso a perdifiato a cercarti e ti ho vista svanire al primo albeggiare, nel crepuscolo della luna. Allora il silenzio si è fatto assordante, nel frastuono del dolore. Ma poi, piano piano, giorno per giorno, ho socchiuso gli occhi al canto della rugiada: una lieve, infinita melodia…. E ti ho rivista, tra i petali di un fiore. Senza perderti mai…
Madre luna. Struggente e romantico appare il piano di Manenti, rinforzato col trascorrere dei secondi da eteree stratificazioni create dalle sue stesse mani e poi dagli armoniosi interventi di sax e dai guizzi minuti di chitarra. E tutto il pathos del brano si condensa nel canto di Pesatori (Ora è il silenzio / che grida dentro me / Solo dolore senza un perché / Madre, accendi ancora / la tua luce sulla via / Di morte e vita la tua poesia […]), avviluppato dal soffice manto tessuto dai “colleghi”, poi rafforzato, nel finale, anche dall’intervento del coro de I Musici Cantori di Milano. Un intermezzo, dai toni inizialmente estranianti, ben sostenuto da sax e chitarra, aggiunge “pepe” al tutto e muta attraverso le dita di Manenti e le corde vocali di Pesatori. Il brano è una rivisitazione molto personale di “Mother Moon” dei Black Jester, ripulito (quasi completamente) della “possanza” metal e impreziosito da un testo in italiano.
Cos’altro aggiungere: bentornati!
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