Supercanifradiciadespiaredosi – Geni Compresi

SUPERCANIFRADICIADESPIAREDOSI

Geni Compresi (2017)

Lizard Records

 

Supercanifradiciadespiaredosi. Di fronte ad un nome così “esoterico”, il 99,9% degli ascoltatori avrebbe un sussulto e, in preda al terrore di non riuscire a leggerlo correttamente ed interpretarlo, fuggirebbe via scandalizzato. Eppure, se con Geni Compresi il trio festeggia il suo quindicesimo anno di attività, vuol dire che qualcuno, fortunatamente, questo nome l’ha compreso, assimilato e diffuso negli anni.

Ma chi sono questi Supercani (chiamiamoli così per comodità)? Brodolfo Sgangan (basso, voce), Findut Poteidone (voce, basso, poteidofono) e Randy Molesto (batteria), tre “animali da palco” che si nascondono dietro un occhio nero (l’artwork di MarPLo ne restituisce una versione “extraterrestre” e, a suo modo, tenera).

“Imprevedibili” è forse la parola che più si adatta alla loro musica. Non c’è un genere di riferimento, anche perché, ci si potrebbe chiedere, con due bassi, una batteria e un poteidofono (cos’è un poteidofono? È un aggeggio smanetto-musicale formato da computer Mac, programmi, cavetti, microfoni e tastierina midi che solo il cervello del Grande Findut Poteidone riesce a domare) cosa si può fare? Di tutto! E se aggiungiamo, qui e là, gli interventi di Nestor Fasteedio, Luca Fronza, Nicola Conci, Felix Lalù, Luca Vianini, Enrico De Bertolini, Granfranco Baffato, Fabrizio Mattuzzi e Ana Maria Torres, il gioco è fatto. E poi troviamo le voci e i testi che sono, forse, la vera chicca dell’album: parole surreali con ampi passaggi nel nonsense, una lunghissima supercazzola ottimamente congegnata e resa in modo eccentrico dai due vocalists.

Si parte a razzo con Dèi lapponi grazie a bassi e batteria lanciati in una vorticosa corsa. Poi subentra il canto delirante del duo Sgangan/Poteidone con tanto di vocalizzi inquietanti alla Ozzy (I can change to fuckin’ myself / Cosa fai uccidi dèi lapponi? / Fuckin’ myself […]). C’è spazio anche per l’elettronica poteidofonica in questa prima, forte, scarica di adrenalina.

Stramberie vocali ci accolgono anche in Nevenevenisse, poi le ritmiche impongono una nuova andatura tirata. Le voci tornano sempre più inquiete e inquietanti (Neve ne venisse / Neve ne venisse / Ciari uleccudài […]), mentre, tra i contributi di Nestor Fasteedio, trova spazio anche una tastiera luminosa prima del tesissimo finale.

Tra elettronica e scratchate (quest’ultime affidate all’ospite Luca Fronza) prende il via Bicbasfol. Il canto aggressivo in italiano che ne segue, con picchi demoniaci, restituisce, a suo modo, un’immagine nostalgica: Eletta la cassetta da 46 / Leggera s’infila nel buco dentato la Bic / Fall’arroteare fino a che fa click / È giunto finalmente il momento d’immettere scotch / Tape magnetik / Infila la cassetta da 46 / Sposta le due dita sul cerchio e la freccia che è lì / Godi nell’attesa di sentire il tic / È giunto il momento di premere rec / BicBasfol / Bigmerrilòv. I suoni si confermano tosti ma compaiono anche una linea di basso e una chitarra stranamente melodiche. Finale corale alla Red Hot Chili Peppers.

Molto scanzonata Big dopo che, con la sua andatura frivola, sembra provenire dalla penna di Renzo Arbore. Il canto e il testo (Sciuccundavidirì / Punda chiccècchen gavinerio / Big dopo lugavinerio big dopo […]) sono l’emblema del divertimento del trio.

Ceunintoppo. Scheggia impazzita e tumultuosa dall’anima punk. A dar man forte al trio nella costruzione del “macigno sonoro” troviamo anche le possenti chitarre di Nicola Conci. E il testo, con tanto di canto da rocker, si mantiene su alti livelli: Poco prima di partire guardati l’orario / Poco prima di tornare è meglio un calendario / Dopotutto tutto parte dal primo binario / Poi decolli ti alzi in volo come sull’aereo […].

Protagonisti di L’isola di Otok sono le voci di Sgangan e Poteidone, un mix tra i nonsense dei Picchio dal Pozzo, le stratificazioni dei Garybaldi di “Storie di un’altra città” e la follia di Elio e le Storie Tese (Mostri stercorari come insetti militari / Questi mostri stercorari come insetti militari / Che mi tagliano la strada / Sopra l’Isola di Otok / Barzillo Bay / S’infila a fornicare camminare e camminare / Tutti in fila a formicare strane cose verso il mare […] / Regni di Ramarri ragnatele e ragni enormi / Questi regni di ramarri tra le piante multiformi / Che nascondo la baia dell’Isola di Otok […]. Come sempre gran lavoro delle ritmiche e del poteidofono. Misteriosa l’apparizione dell’ospite Felix Lalù in qualità di Mr. Hyde.

Partenza un po’ sabbathiana per la strumentale Poltron, poi l’elemento giocoso prende il sopravvento, anche se è interrotto per lunghi tratti da segmenti più cupi, con l’ospite Luca Vianini che porta un po’ del suo mondo sperimentale di Outopsya, e qualche vaga sensazione kraftwerkiana.

Notevoli panze. Lungo botta e risposta tra synth e voce (Nou nou tevoli panze […] / Coleste rolato nduiume / Pastizza sugata malgosa […] Tavoli / Te vomitevoli tevoli / Tivoli / Tovoli […]), con il solito “sottobosco” ritmico che non si risparmia. Finale elettronico ipnotico.

Protopanza. Un tappeto di violini creati dall’ospite Enrico De Bertolini (un po’ sembra omaggiare il brano “Nessun dolore” di Lucio Battisti) e ritmiche stranamente non invadenti creano la base sonora per l’infinito triplo loop vocale surreale (partecipa anche la seconda guest Granfranco Baffato) che s’aggroviglia su sé stesso in modo incredibile, facendo tornare nuovamente alla mente gli Elii. Il pianto finale è liberatorio!

Una forte componente elettronica sgorga dalle mani di Findut Poteidone e, con la giusta tensione, va ad aprire Ship down (L’illusionave). Poi prendono il via il solito turbinio ritmico e le schizofrenie vocali ([…] Mallegallabotte dall’illusionave snavo saltimbuto fino in fondo / Esco dal risucchio e tutto il resto cade / Prendo le distanze dall’illusionave vitabriglioinmanoforte / Corpo sulla sabbia biancoinvecchio bene / Shis daun ship daun). Finale speditissimo con la chitarra di Nicola Conci che partecipa alla festa.

Il secondo ed ultimo episodio strumentale è QCC. Solito schiacciasassi Randy Molesto, trascinatore indiscusso anche di questo capitolo. Con lui i due bassi “parlanti” e mai domi di Sgangan e Poteidone.

Uoddiu. In chiusura il brano che non t’aspetti. È il piano nocenziano di Fabrizio Mattuzzi degli Universal Totem Orchestra a reggere le fila musicali con il poetico intreccio vocale tra l’angelica Ana Maria Torres (anche lei dagli U.T.O.) e la coppia di casa. Poi la triade prosegue il proprio canto mentre nelle retrovie prende corpo, per pochi attimi, una drum machine. E anche la Torres si lascia ammaliare dalla “penna” dei Supercani[…] Alchen belivin ciocoleit / She teichinsaid derisofieit / Apsedentuist andapsaidaun / Deboristendinoloraund.

A testa alta e sempre sopra le righe da oltre quindici anni. Nulla da aggiungere.

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