Diamo il benvenuto a Claudio Cassio (C.C.), Daniele Sopranzi (D.S.), Daniele Fuligni (D.F.), Marco Piloni (M.P.) e Michele Ricciardi (M.R.): La Fabbrica dell’Assoluto.
C.C.: Grazie per averci invitato a partecipare a questa bellissima rubrica musicale.
D.S.: Grazie per questa opportunità!
D.F.: Grazie mille!
M.P.: Grazie a voi!
M.R.: Grazie!
Una prima, classica, domanda per entrare nel vostro mondo: come nasce La Fabbrica dell’Assoluto? E che nesso c’è tra il vostro nome e il titolo dell’omonima opera fantascientifica di Karel Čapek?
C.C.: Il nome LFDA è stato scelto dopo esserci confrontati per diverso tempo. Non riuscivamo a trovare qualcosa che potesse accomunare tutti e 5, così abbiamo scelto la “Fabbrica”, un luogo dei nostri giorni dove tutti noi siamo i “fabbricanti”, fabbricanti nel tentativo di realizzare qualcosa che sia Assoluto come è poi la Musica e l’Arte in generale.
D.S.: In realtà non c’è nessun nesso, anche se conosciamo il romanzo di Čapek, il significato che esprime il nostro nome riguarda il nostro lavoro, una “catena di montaggio” che immerge ciascuno di noi per ottenere un risultato che una volta compiuto ha una vita propria non riconducibile al contributo del singolo musicista,in questo senso intendiamo l’Assoluto.
D.F.: La Fabbrica nasce dall’incontro di amicizia, passione e condivisione per un certo tipo di visione musicale. La scelta del nome deriva, piuttosto che dal nome del celebre romanzo, dalla descrizione del processo compositivo della band: ossia la Musica, viene creata da tutti i componenti assieme, tramite lunghe sessioni di jam sperimentali.
M.P.: La Fabbrica nasce anche dalla voglia di esprimere la musica liberamente, fuori dagli schemi convenzionali.
M.R.: La Fabbrica dell’Assoluto non si riferisce al romanzo di Čapek, è un nome che sintetizza il nostro modo di affrontare la musica e le composizioni. E’ un modo per indicare che il nostro approccio è guidato dall’unione di più individualità che si uniscono e si confrontano per alimentarsi a vicenda e per alimentare una creazione comune ed allo stesso tempo autonoma da ciascuno.
Cosa c’era nelle “vite musicali” di Claudio, Daniele S., Daniele F., Marco e Michele prima de La Fabbrica dell’Assoluto (ad esempio gli Effetto Progressivo)? Qual è il background, sia di studi sia di ascolti, di ognuno di voi?
C.C.: Ho iniziato studiando canto lirico presso le scuole di musica popolare di Donna Olimpia e Torrevecchia con l’insegnate Rosa Rodriguez e solo successivamente mi sono affacciato al canto moderno frequentando lezioni individuali sul metodo Voicecraft con l’insegnante di canto Sara Berni. Particolarmente importanti per la mia formazione sono state la partecipazione nel ruolo di Vivandiere nel remake di “Orfeo9” di Tito Schipa Jr. nel 2006 e l’aver fatto parte della band Yessongs Italy tra il 2008 e il 2012. La mia formazione attraverso gli ascolti invece è molto variegata perché ho sempre reputato che ogni genere musicale abbia in se qualcosa di specifico e straordinario che non può essere tralasciato, ma tra i miei gruppi o artisti preferiti menzionerei sicuramente Led Zeppelin, Sting&Police, Lucio Dalla, Banco del Mutuo Soccorso, King Crimson, Jeff Buckley, Lucio Battisti, Yes .
D.S.: Relativamente agli ascolti il primo amore è stato per il Rock anni 70, gruppi come Deep Purple, Black Sabbath, Led Zeppelin, Pink Floyd per citare i più conosciuti. Nel frattempo la scoperta del rock progressivo ha rappresentato una rivelazione per me, la varietà e le sfumature di questo genere non potevano far altro che spingermi, accrescere la mia curiosità, rendendomi particolarmente orgoglioso dei rappresentanti Italiani del genere. Gli Effetto Progressivo hanno rappresentato per me un importante esperienza di formazione per approfondire questo affascinante e sterminato mondo e per mettermi alla prova.
D.F.: Nella mia vita c’è sempre stata la Musica Classica (Chopin, Schumann, Beethoven, Scriabin) in quanto nasco come pianista classico. Solo successivamente ho scoperto l’amore per il rock progressivo e per tutti gli strumenti vintage di cui sono diventato appassionato, tanto che oggi mi diletto anche alla riparazione e customizzazione di quest’ultimi. Tra gli ascolti che più hanno influenzato la mia formazione ci sono tutti i classici del rock progressivo italiano: Le Orme, Il Banco, il Biglietto per l’Inferno, Alphataurus, Rovescio della Medaglia, Locanda delle Fate, Museo Rosenbach, Semiramis, Balletto di Bronzo, Festa Mobile, ed uno sconosciuto gruppo di Grosseto, i Blob.
M.P.: la mia passione per la musica nasce intorno alla prima media dall’ascolto dei classici italiani, ma la band che ha veramente dato il LA al mio viaggio nel mondo della musica suonata sono stati i Beatles che ho amato e che ancora apprezzo da buon beatlemaniaco. L’avvicinamento al basso elettrico è stato in sostanza come la storia di molti miei colleghi di strumento: “visto che di chitarristi ce ne sono, tu passa al basso che manca il bassista” da lì nacque un amore immenso per questo strumento che possedeva in se sia una parte melodica che ritmica. Da autodidatta ho imparato a suonare i primi brani rock (Police, Led Zeppelin, etc.) poco dopo ho preso qualche lezione dal maestro Lorenzo Feliciati dove ho imparato i primi rudimenti. A 24 anni ho conosciuto il maestro-contrabbassista Mario Saccucci con il quale ho studiato armonia jazz ed ho partecipato ai suoi laboratori di musica d’insieme per quattro anni al Jazz Lab Alessandrino. Nel frattempo è nata una passione per il progressive italiano ed inglese che di lì a poco diede vita agli Effetto Progressivo una band tributo al prog italiano. Tra gli ascolti che mi hanno influenzato ci sono: Beatles, Charlie Parker, John Coltrane, Jamiroquai, Pat Metheni, Pino Daniele, PFM, Banco e Area.
M.R.: Nella mia vita è entrato molto presto l’ascolto e l’amore per il progressive ed in particolare per il progressive italiano. Gruppi come Cervello, Semiramis, PFM mi hanno colpito molto sin dai primi ascolti portandomi a riproporre i grandi classici del prog Italiano con gli Effetto Progressivo. Devo dire che un’altra passione mi ha sempre accompagnato, quella per la musica fusion. Ho ascoltato molto le band ricche di commistioni con il jazz rock, penso agli Area, ai Napoli Centrale, agli Arti e Mestieri o Brand X, che mi hanno aiutato ad allargare gli orizzonti al di là della mia anima rock.
Nonostante la giovane età del progetto, avete già all’attivo un album “1984: L’ultimo uomo d’Europa”, pubblicato nel 2015. Vi va di raccontare la genesi dell’opera? Come mai la scelta di un concept basato sullo straordinario romanzo distopico di George Orwell?
C.C.: Fare musica non è solo eseguire delle note ma è, piuttosto, la realizzazione di un’idea e di un messaggio che attraverso le note riesci a trasmettere. Il fatto che il romanzo di George Orwell ci abbia ispirato tutti e cinque è molto emblematico del tempo che stiamo vivendo. Così attraverso questo nostro album abbiamo scelto di lanciare un messaggio e di manifestare un “diasagio “ che vive la società contemporanea.
D.S.: La scelta della tematica si può descrivere in maniera molto efficace: “Totale sintonia”. In un istante, all’unisono, è emersa la volontà di mettere in musica le sensazioni e il clima che questo romanzo, che amavamo ed amiamo, suscitava in noi. Ovviamente era tutto in fase embrionale, ma la passione condivisa per questa storia è stata un ottimo collante per ciascuno e ci ha stimolato a gettarci a capofitto in questa avventura. Spero che gli ascoltatori possano cogliere questo entusiasmo.
D.F.: Fu un momento straordinario e magico. Eravamo tutti assieme alla ricerca di una tematica che potesse caratterizzare la musica che andavamo man mano creando. In quell’istante venne alla mente di tutti quanti una sola idea: 1984. E così fu! Il cammino per completare il concept è stato lungo e piuttosto faticoso, poiché una volta scelto un percorso era fondamentale rispettare tutte le ambientazioni del libro per dare giusto risalto e credibilità al lavoro stesso.
M.P.: Fu una scelta che ci trovò immediatamente tutti in sintonia, avevamo tutti già letto e amato il romanzo e così iniziammo subito a pensare come renderlo un’opera musicale. Vedendo i risultati ad oggi credo che la scelta sia stata giusta anche se il cammino è stato impervio!!!
M.R.: Ricordo molto bene il momento in cui, senza nemmeno un attimo di esitazione, abbiamo espresso tutti la stessa idea, è stata una coincidenza veramente memorabile e dopo un avvenimento simile come evitare di pensare che fosse un segno del destino da assecondare? Anche se era ancora tutto all’inizio questa sintonia ci ha fatto sentire in armonia l’uno con l’altro ed è stato veramente un bel periodo che ci ha fatto vivere con serenità l’inizio di questo percorso.
Grazie anche ad una “artiglieria” di tutto rispetto, puntate molto sui suoni che, già dal primo ascolto dell’album, portano alla mente il grande prog settantiano. Ma quali sono, se ci sono, gli artisti che più vi hanno ispirato nella stesura dei brani e nella definizione del vostro sound?
C.C.: Per quanto mi riguarda ho sempre cercato di mantenere una “purezza” nel senso della timbrica vocale e così anche nella creazione ma sono quasi certo che inconsciamente sarò stato accarezzato dalle sonorità vocali di Robert Plant o Anderson degli Yes o ancora dai parlati cantati di Lucio Dalla.
D.S.: Domanda da un milione di dollari… Credo che più che di artisti, l’ispirazione venga dalle atmosfere che mi hanno accompagnato come ascoltatore di musica. In maniera molto più inconscia che cosciente credo di aver assorbito diverse suggestioni, da quelle psichedeliche dei Pink Floyd e dei Gong a quelle fatte di intrecci sonori; penso al Balletto di Bronzo, al Banco, alle Orme, ai King Crimson; per arrivare alle sonorità più “dure” e “nervose” dell’Hard Rock. Ma credo che sia un compito più semplice per chi ascolta dall’esterno rilevare similitudini e influenze in maniera cosciente.
D.F.: I miei suoni sono frutto di una ricerca minuziosa durata anni. Il recuperare i giusti strumenti, modificarli in maniera che suonassero proprio nel modo in cui volevo io. Fondamentale, più che degli ascolti, è stato nel 2007 l’incontro con Riccardo Sartini, valente tecnico riparatore ed organista che mi ha iniziato nel mondo fantastico dell’organo Hammond, svelandomene tutti i segreti.
M.P.: Oltre ai suoni c’è un attitudine settantiana in ognuno di noi: i nostri brani nascono, come facevano gli Area e vari gruppi del panorama degli anni ‘70, da lunghe jam in sala.
M.R.: Non ci sono degli artisti in particolare che mi hanno ispirato per questo album, ma direi di aver attinto a tutto il panorama del prog italiano ed internazionale in generale.
A rendere ancor più intrigante la vostra opera interviene la copertina dell’album, un quadro dell’artista Cesare Modesto, “La libertà di Scelta” (1982), che sembra realizzata appositamente per il vostro lavoro. Come nasce la collaborazione con l’artista e come avviene la scelta del dipinto?
C.C.: Ciò che mi ha colpito più di tutto in Cesare Modesto è stata la sua semplicità nell’esprimere arte e la sua generosità nel donarci la possibilità di utilizzare la sua opera come copertina del nostro album, grande amico per noi ma grandissimo amico per l’arte.
D.S.: Bisogna dire che Modesto, prima che l’autore de “La Libertà di Scelta” è un grande amico. Con lui ho personalmente condiviso i “primi passi” nel mondo della chitarra e da subito mi ha colpito per la sua personalità brillante e per il suo irresistibile senso dell’humour. La collaborazione è quindi frutto di questa sintonia, che ci ha portato a collaborare con lui per dare un volto a questo album, e ci ha lasciato esterrefatti, quando, sfogliando un album dei suoi lavori, abbiamo visto “La Libertà di Scelta”. Non smetterò mai di ringraziarlo per averci permesso di utilizzare il suo dipinto.
D.F.: Modesto (l’artista che ha dipinto il quadro) è un nostro grandissimo amico. Per noi è stato piuttosto naturale coinvolgere all’interno dell’album tantissimi amici ed artisti di cui apprezziamo il modo di esprimere l’arte che hanno dentro, cercando di valorizzarla.
M.P.: La scelta del dipinto è stata inevitabile! La prima volta che ci ha mostrato i suoi vari lavori passati, abbiamo subito capito che quel quadro era assolutamente perfetto per la nostra opera.
M.R.: “La Libertà di Scelta” è entrata in scena prepotentemente. Conosciamo Modesto da molto tempo ed abbiamo apprezzato da subito la sua sensibilità artistica e personale, per questo, abbiamo deciso di coinvolgerlo per la realizzazione della copertina. Un giorno mentre valutavamo varie possibilità, sfogliando le pagine di un book con i lavori di Modesto abbiamo visto “La Libertà di Scelta”, immediatamente ci è sembrata l’immagine perfetta per esprimere graficamente le suggestioni della storia di “1984”. Tutte le altre idee sono svanite e questa splendida opera ha arricchito il nostro lavoro. Un abbraccio a Modesto e grazie!
“1984: L’ultimo uomo d’Europa” è uscito per Black Widow Records. Come nasce il rapporto con la sempre attenta etichetta discografica genovese?
C.C.: Registrammo una pre-produzione dei primi 16 minuti dell’opera proprio nella speranza che fossero interessati ad ascoltarla e così è stato per nostra fortuna. Davvero una delle migliore etichette in Italia con persone davvero magnifiche pronte ad aiutarti in ogni circostanza…
D.S.: Nasce dalla loro disponibilità, dalla passione, dalla serietà e dal trasporto con cui svolgono il loro lavoro. Basti pensare che, senza nemmeno averci mai visto e senza avere mai ascoltato nemmeno un secondo del nostro lavoro, hanno assecondato il nostro desiderio di rompere il ghiaccio incontrandoci di persona per ascoltare la demo. Nonostante la distanza Roma-Genova, la passione per la musica ed il rispetto per le persone ha reso possibile tutto questo e li ringraziamo per il lavoro che continuano a svolgere.
D.F.: Riuscimmo ad organizzare un incontro per fare ascoltare la demo che avevamo inciso proprio per gli addetti ai lavori. Sin dall’inizio speravamo in una collaborazione con loro e sinceramente non abbiamo mai cercato altre case discografiche poiché sapevamo del valore della Black Widow, considerata da noi come una delle uniche vere etichette italiane.
M.P.: Nasce dall’incontro con il discografico Pino Pintabona che, ascoltando la demo, ha subito creduto nel nostro lavoro e non finiremo mai di ringraziarlo per questo.
M.R.: Il rapporto è nato in occasione dell’ascolto della nostra demo qui a Roma. Da subito abbiamo avuto una bella sinergia con la Black Widow, abbiamo trovato molti punti in comune con loro sia a livello personale che a livello di prospettive e punti di vista sulla musica. Questa fiducia è cresciuta poi quotidianamente, grazie alla cura con la quale ci hanno accompagnato in ogni fase della realizzazione dell’album. Insomma li ringraziamo di tutto il supporto e speriamo che questo sia solo l’inizio di una prolifica collaborazione!
Qual è la vostra opinione sulla scena progressiva italiana attuale? Ci sono abbastanza spazi per poter crescere ed emergere per una giovane ma capace band come la vostra?
C.C.: La musica in generale è un fiume che continua a scorrere, così anche la scena progressiva ha avuto i suoi momenti alti e bassi, ma credo che in questi anni stiamo vivendo un lento crescere di un interesse che forse era andato scemando troppo presto. A noi piace fare musica e raccontarci attraverso di essa, il fiume scorre, noi seguiremo la corrente 🙂
D.S.: Credo che ci sia un rinnovato interesse negli ultimi tempi per la musica progressiva. Nonostante siano cambiate molte cose rispetto all’epoca d’oro del rock progressivo ritengo che sia rimasta intatta l’attrattiva che questo genere suscita negli appassionati per la sua ricchezza e per la libertà espressiva che consente. Mi auguro che gli spazi per proporre questa musica crescano e spero che questo accada, perché sento sempre più forte la voglia di partecipare per il semplice gusto di condividere e di lasciarsi coinvolgere.
D.F.: A mio giudizio è una bellissima scena che sta crescendo molto in questi ultimi anni. Credo che stiamo trovando gli giusti spazi anche grazie al fondamentale lavoro che la casa discografica svolge, unitamente al nostro. Una band al giorno d’oggi deve il più possibile attivarsi per coadiuvare il lavoro della casa discografica.
M.P.: Personalmente ritengo che ci siano molte band valide nel panorama prog attuale, non tutte riescono purtroppo a trovare il giusto spazio. Sfortunatamente l’arte non è giustamente valorizzata in questo paese e in questo momento e molti artisti non riescono ad emergere.
M.R.: Secondo me si sta risvegliando l’interesse per questa scena, sia dal punto di vista di chi la propone sia dal punto di vista di chi la ascolta. Ho ascoltato negli ultimi anni molti gruppi validi e spesso molto giovani e mi capita frequentemente di parlare con miei coetanei o con ragazzi più giovani di me e scoprire di condividere con loro la passione per il Progressive Rock. Tutto questo fa ben sperare me e chi ama questo genere, penso che sarebbe positivo avere una quantità maggiore di locali e spazi che propongono questo genere, ma rimango comunque fiducioso sul futuro della musica Progressive.
E come va sul fronte concerti? Lo scorso settembre avete partecipato al Progressivamente Free Festival. Vi va di raccontare questa esperienza?
C.C.: È stata un’esperienza unica, anche perché è stata la prima volta che la band si è esibita dal vivo dopo tutta la lavorazione del disco. Il fatto di avere uno spazio prestigioso come il Planet dove esibirci dal vivo ci ha dato una fortissima carica emotiva e ci ha donato una nuova determinazione a proseguire oltre le normali incertezze.
D.S.: Il Progressivamente Free è stato il vero battesimo de La Fabbrica dell’Assoluto. Ogni aggettivo per descrivere gli stati d’animo sarebbe riduttivo. Energia, voglia di esibirsi e di vedere la reazione del pubblico, la tensione che lascia spazio all’emozione, la soddisfazione per il calore di chi ci ha supportato e incoraggiato, sentire la coesione con gli altri membri della band crescere minuto dopo minuto… Una grande soddisfazione, ringrazio Guido Bellachioma e Paolo Carnelli per averci creduto ed averlo reso possibile.
D.F.: E’ stato il nostro primo concerto in cui abbiamo potuto presentare per intero il nostro album. Direi che è stata una data perfetta, emozione allo stato puro. Non smetteremo mai di ringraziare Guido Bellachioma e Paolo Carnelli per averci dato questa meravigliosa occasione. Il fatto di aver avuto assieme a noi la competenza e maestria del nostro amico e fonico Luigi Vargiolu (Latte e Miele, New Trolls, PFM, Jethro Tull, Steve Hackett) ci ha donato una sicurezza sul palco oltre ad un grandissimo suono in sala.
M.P.: È stato il debutto live in concomitanza con l’uscita del disco, che dire… un emozione indescrivibile.
M.R.: Il fronte concerti sta finalmente prendendo il volo. Quello al Progressivamente Free Festival è stato un esordio indimenticabile. Vedere le persone appassionarsi e supportare con tanta passione la nostra musica mi ha reso veramente orgoglioso e ha fatto crescere in me la voglia di suonare e di fare del mio meglio per non deludere cosi tanto affetto. Ringrazio chi lo ha reso possibile con il suo lavoro e tutti coloro che partecipando sono stati una parte fondamentale in un momento così importante per me.
Siete già in fase di scrittura del nuovo album? Cosa dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro?
C.C.: Le nostre teste sono già piene di nuove idee, ma in questo momento sentiamo l’esigenza di esprimerci con il frutto di questi anni di lavoro, abbiamo la necessità di esprimerci attraverso “1984: L’ultimo Uomo d’Europa”.
D.S.: Sinceramente, non stiamo pensando a comporre in questo momento, per ora abbiamo tutti una grande voglia di suonare dal vivo, dopo molto tempo trascorso in studio per la composizione e la registrazione, abbiamo il desiderio di metterci in gioco e speriamo di riuscire a rendere un po’ di quell’energia che in molti ci hanno donato con la loro vicinanza ed il loro affetto. Gli stimoli comunque non mancano, anche perché passiamo molto tempo libero a suonare e sperimentare insieme, chissà…
D.F.: In fase di scrittura propriamente non direi. In questa fase siamo totalmente concentrati alla promozione del disco che ci è costato tantissimo impegno di tempo e di energie. Inoltre vogliamo impegnarci moltissimo nel fronte live! In ogni caso non ti nego che abbiamo già delle idee…
M.P.: Attualmente stiamo organizzando live e date per la promozione dell’opera, ma state tranquilli… la Fabbrica continuerà a fabbricare!
M.R.: Continuiamo a suonare e condividere del tempo insieme e penso che questo sia fondamentale per avere degli spunti nuovi da sviluppare; ma per il momento non ci siamo prefissati scadenze o progetti per il futuro. La nostra priorità al momento è suonare live ed andare a proporre questo lavoro laddove possibile, il fascino di suonare a contatto con le persone è irresistibile e noi… non resistiamo!
Grazie davvero per la bella chiacchierata!
C.C.: Grazie per lo spazio concesso alle nuove band emergenti, assolutamente uno spazio da coltivare.
D.S.: Grazie per lo spazio che ci avete concesso!
D.F.: Continuate a dare risalto alle nuove formazioni, perché la scena progressiva ne ha bisogno! Tantissimi complimenti!
M.P.: Continuate così!
M.R.: Mi unisco ai miei compagni nel ringraziare!
(Gennaio 2016)
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